Dipendente Asl, in castigo di fronte al muro

Dipendente Asl, in castigo di fronte al muro

REINTEGRATA AL LAVORO, TROVA LA SCRIVANIA CONTRO UN MURO ALLA FINE DI UN CORRIDOIO BUIO
 
BRESCIA (8 AGOSOTO 2017). Demansionata da ogni incarico, ma giudicata dalla commissione medica abile a svolgere qualunque tipo di lavoro, al rientro in ufficio una donna di Brescia si è ritrovata la scrivania girata verso un muro, alla fine di un lungo corridoio buio. Non può vedere nessuno, non ha una finestra. Alienante. «E’ un vero e proprio caso di mobbing, con il quale l’ente per cui la signora lavora sta cercando di crearle così tanto disagio da obbligarla ad andarsene» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, che tutela la donna. La quale fatica da tempo a stare nell’ufficio pubblico in cui è impiegata: ha delle difficoltà relazionali, ma i rapporti con i colleghi e i dirigenti si sono talmente tanto inaspriti che lei oltre ad essere stata demansionata per quasi tre anni, adesso è obbligata a lavorare rivolta contro un muro.
Da circa tre anni, da mille giorni, questa impiegata vive malissimo all’interno del proprio ambiente di lavoro, un ufficio pubblico. Ha problemi relazionali, è vero, ma dall’ente è stata messa in atto una vera e propria campagna di mobbing per obbligarla ad andarsene. Dapprima la demansionano, impedendole di fare qualunque cosa, asserendo che sia inabile a svolgere taluni incarichi. Ma la visita dal medico legale a marzo la dichiara invece adatta a svolgere le mansioni per cui è stata assunta. Solo che da allora non è cambiato nulla, nonostante la donna abbia chiesto ripetutamente al suo responsabile e all’ufficio del personale di venire reintegrata. Affigge pure un cartello alla propria scrivania in cui chiede, visto che è stata dichiarata idonea, che le diano un incarico. Ma non ottiene però nessuna risposta: anzi, ieri torna in ufficio, scopre che per lavori di ristrutturazione le scrivanie del suo settore sono state spostate in un altro padiglione, ma la sua, incredibilmente, è rivolta contro un muro, posizionata al termine di un corridoio. Quando pensava di essere uscita da un incubo, ci si è ritrovata catapultata nuovamente dentro, sentendosi completamente disumanizzata.
«Un atteggiamento inaccettabile» prosegue l’avvocato Miraglia, «alla faccia della legge Basaglia e della risocializzazione e ricollocazione nella società che la norma prevede, ma che, in questo caso, rimane disattesa e totalmente inapplicata. Chiediamo adesso che il direttore generale intervenga e che, quanto meno, ci incontri. Ma ci piacerebbe anche sapere se e come intendano intervenire le associazioni di categoria e i sindacati».

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