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Brescia: ragazzina contesa, resta definitivamente con la madre

. La Corte d’Appello ha ascoltato le sue parole e accolto le sue richieste. Avvocato Miraglia: «Anni persi a disquisire della fantomatica Sindrome da Alienazione Parentale»

BRESCIA (10 maggio 2023). È stata scritta la parola “fine” alla lunghissima vicenda che ha visto coinvolta una ragazzina di Brescia che ha trascorso l’intera sua vita ad attendere che i tribunali decidessero a quale genitore dovesse essere affidata.

Un lungo iter processuale e anni di sofferenze, che terminano in questi giorni con la sentenza emanata dalla Corte d’Appello di Brescia, che stabilisce come la ragazza debba vivere con la madre, con possibilità di vedere il padre quando preferisce.

«La Corte d’Appello ha veramente tenuto in considerazione le esigenze di questa ragazzina – commenta l’avvocato Miraglia, legale di fiducia della mamma – nel voler essere autonoma nelle scelte che la riguardano e nel non voler essere coinvolta nella diatriba tra i suoi genitori. La Corte ha dimostrato grande attenzione e sensibilità in questa vicenda, ascoltando le ragioni della ragazzina, partendo dal presupposto che la sua sofferenza dovesse essere considerata e non giudicata».

La storia di questa ragazza è stata contrassegnata da un accanimento nei confronti della mamma alla quale la Corte di Appello di Brescia ha messo fine, a dimostrazione ulteriore che la presunta sindrome non esiste.

Per tutta la vita è stato un susseguirsi di processi, sentenze e rimpalli da un tribunale ad un altro, chiamati a decidere se dovesse o meno vivere con la madre, tacciata in prima istanza di aver manipolato la figlia, che sarebbe stata affetta dalla cosiddetta Sindrome da Alienazione Parentale (Pas), secondo la quale uno dei genitori comprometterebbe il rapporto dei figli con l’altro, parlandone male, tracciandone un pessimo ritratto. La giovane ha vissuto costantemente con una spada di Damocle sopra la testa, la paura di venir strappata alla mamma, contro la propria volontà, o peggio parcheggiata in una comunità.

Un anno fa qualcuno aveva strumentalizzato questa storia, facendo credere che la Cassazione l’avesse affidata al padre. Niente di più falso: la giovane è rimasta sempre con la mamma, ma a farne le spese è stato il suo stato psicologico, in quanto si è trovata sbattuta sui media con dati sensibili che l’hanno resa riconoscibile. Quanto abbia sofferto lo dimostrano le sue recenti dichiarazioni: da quando frequenta la scuola superiore, dove nessuno conosce né lei né la sua storia, ha potuto ricominciare a vivere serena. «Questa della Corte d’Appello è l’ennesima sentenza – prosegue l’avvocato Miraglia – che esclude questo concetto di alienazione parentale, che ha causato dolore e devastazione ai genitori, ma soprattutto ai bambini, da parte di chi l’ha teorizzata ma in particolare dai professionisti che la utilizzano nei tribunali. Il Tribunale per i Minorenni di Brescia aveva rigettato la richiesta di decadimento della potestà genitoriale della madre ritenendola idonea a svolgere il suo ruolo. L’accanimento nei suoi confronti da parte di CTU/CTP, avvocati e operatori vari ha dell’incredibile e terrorizza chiunque si trovi nelle stesse condizioni. L’interesse della minore sempre meno preso in considerazione perché più importante era screditare la figura materna in tutti i modi possibili. La stessa madre, che ha cresciuto la figlia cercando di rendere l’incubo nel quale ha vissuto la ragazza per tanti anni un po’ leggero e dignitoso. Si sono persi anni ad attendere le sentenze dei tribunali che avrebbero risparmiato tanta sofferenza».

 

Brescia: la piccola Angela può rimanere con la mamma

La bimba era stata affidata al padre  in nome della presunta Sindrome da alienazione genitoriale. Avvocato Miraglia: “Sentenza che farà giurisprudenza”
BRESCIA (5 Ottobre 2019). Per lei si erano mossi comitati e pagine social, il suo caso la scorsa primavera aveva fatto scalpore e indignato tutta Italia: la piccola Angela, una ragazzina bresciana di dieci anni, in seguito alla separazione conflittuale tra i genitori era stata allontanata dalla mamma e affidata a un padre, la cui condotta aveva non pochi lati oscuri, in nome di una presunta sindrome non acclarata dalla comunità scientifica, la controversa PAS (Sindrome da Alienazione Parentale), secondo la quale uno dei genitori compromette il rapporto dei figli con l’altro, parlandone male, tracciandone un pessimo ritratto. Sulla base di questa presunta sindrome questa bambina è stata costretta a soffrire per la mancanza della mamma e per la costrizione a frequentare un padre che proprio non voleva vedere. Il tribunale di Brescia non si era limitato soltanto ad etichettare la madre come “alienante” della figura paterna, ma aveva vietato persino che mamma e figlia si parlassero e abbracciassero, sebbene si vedessero tutti i giorni all’interno della scuola che entrambe, per studio e per lavoro, frequentano. E tutto questo nonostante i Servizi sociali fossero concordi nel ritenere la signora una mamma attenta e amorevole: il tribunale di Brescia, però, aveva dato credito a un perito di dubbie capacità, già vent’anni fa oggetto di un’interpellanza al Senato per il suo operato alquanto dubbio. «Una sentenza se non storica, per lo meno importante quella assunta dalla Corte di Appello di Brescia, perché mette da parte sindromi e presunte malattie, ponendo al centro esclusivamente il benessere del minore» dichiara l’avvocato Miraglia, che aveva messo in luce questo controverso caso. La Corte infatti sentenziando il ritorno della piccola Angela con la madre ha enunciato che «per la minore parlano le relazioni dei Servizi sociali, che danno prova di una vera sofferenza della stessa, che va indagata e non classificata»: per la prima volta, quindi, viene tenuta in considerazione la sofferenza dei bambini nell’essere strappati di punto in bianco dai loro genitori. «La Corte d’Appello ha avallato principi fondamentali che potranno essere tenuti in considerazione per future sentenze» prosegue l’avvocato Miraglia. «Siamo pertanto molto soddisfatti e invitiamo i tribunali a guardarsi bene da consulenti che pur di sostenere un’associazione o una teoria, causano soltanto danni ai bambini. I bimbi vanno invece aiutati! Questa sentenza non favorisce un genitore a discapito dell’altro, ma pone al centro della decisione esclusivamente il benessere del minore. Il punto focale della decisione è, come deve essere, solamente il bambino».