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Neonata di Torino strappata alla madre dopo il parto dai servizi sociali senza motivo

 I servizi sociali sospendono gli incontri coi genitori, si sostituiscono ai giudice. «Se la scelta non è legalmente motivata, hanno commesso un reato penale» dichiara il legale dei genitori. TORINO (25 Febbraio 2021). Non basta averla strappata alla mamma, ancora quasi con il cordone ombelicale attaccato a lei: la piccina di Torino, allontanata immotivatamente dai genitori subito dopo la nascita, adesso non può più vederli né incontrarli per un mese. Che per una bambina così piccola equivale a un’eternità. I Servizi sociali si sono arrogati il diritto di assumere tale decisione, sostenendo che sia la “norma” in caso di affidamento a una coppia idonea alla possibile adozione. Ma il Tribunale per i minorenni non ha emanato alcun provvedimento in tal senso e i Servizi sociali, di fatto, si sarebbero sostituiti all’Autorità giudiziaria. «Se non dimostreranno che la scelta è legalmente motivata, significa che hanno commesso un reato penale e agiremo di conseguenza» dichiara il legale dello Studio Miraglia, che si sta occupando del caso, cui si sono affidati i due giovani genitori.

La bambina è nata a dicembre, ma non ha mai conosciuto il calore della sua famiglia di origine e non perché l’abbiano rifiutata oppure maltrattata. Giudicati inadeguati a prescindere, i due giovani genitori della piccola non hanno potuto mai dimostrare il contrario, non avendo mai avuto la bambina con sé. Possono soltanto vederla periodicamente, in un luogo protetto, secondo un preciso calendario prestabilito. Ma nei giorni scorsi, come un fulmine a ciel sereno, i Servizi sociali hanno comunicato loro la sospensione degli incontri per un intero mese. Il motivo sarebbe che, testuali parole, “è usuale sospendere gli incontri in luogo protetto con i familiari per un periodo, solitamente un mese, al momento dell’abbinamento del minore con una coppia affidataria avente i requisiti per l’adozione, al fine di permettere al minore e alla coppia la conoscenza reciproca”. «I Servizi sociali avrebbero, per loro stessa ammissione, chiesto autorizzazione al Tribunale per i minorenni» prosegue il legale dello Studio Miraglia, «ma non hanno avuto riscontro: e invece di attenderlo o di sollecitarlo, lo hanno assunto come un “silenzio assenso”, sospendendo di propria iniziativa gli incontri sia con i genitori che con i nonni. Ciò che affermano i Servizi sociali su questa prassi non solo è abnorme, ma pure contrario ad ogni principio normativo diretto alla tutela del minore, in particolar modo della legge 184/83, che sancisce chiaramente e indiscutibilmente che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”. Chiedo quindi ai Servizi sociali di farci sapere a quale norma si riferiscono per sospendere cosi di punto in bianco

 

gli incontri con i genitori e con i nonni e per arrogarsi il diritto di sostituirsi all’Autorità Giudiziaria. Tra l’altro, chiunque eserciti attività che esula dai propri poteri, è perseguibile penalmente. In questa vicenda il Tribunale per i minorenni non interviene, e questo è inaccettabile, in quanto consente, di fatto, ai Servizi sociali di fare il bello e il cattivo tempo, sulla pelle di una neonata che non può stare con la propria famiglia, ma è destinata invece, senza comprovato motivo, ad essere adottata da estranei».

Picchiata da famiglia affidataria: ragazzina torna a casa

Ha deciso di farsi giustizia da sola ed è tornata a casa.
Trento. Carla (nome di fantasia), la ragazzina che alcune settimane fa sarebbe stata picchiata dalla famiglia affidataria e collocata cautelativamente in una comunità per minori, domenica scorsa è tornata a casa dalla sua famiglia.
Carla manifestava da mesi la volontà di tornare dai suoi cari dato che i motivi che avevano portato al suo allontanamento erano risolti da tempo. Ma i Servizi Sociali non avevano ascoltato la sua richiesta, anzi (come riferito dalla madre) la ragazzina avrebbe affermato che la visita (con la famiglia) programmata da diversi mesi era stata annullata senza riferirglielo, assieme a tutte le visite e incontri programmati, in apparenza per via della denuncia verso la famiglia affidataria.
A quel punto Carla ha deciso di farsi giustizia da sola e come ci scrive la mamma:
“Nella giornata di domenica 14 aprile, mia figlia Carla si è presentata presso la mia dimora di sua spontanea volontà rifiutandosi di recarsi nuovamente alla comunità ove era assegnata. Da prassi io mi sono impegnata ad avvisare l’assistente sociale in più occasioni (durante tutta la settimana) ma lei non ha risposto a nessuna e-mail e nel momento in cui chiamavo mi veniva riferito che era impegnata o assente […]. Giovedì 18, ho contattato la scuola per occuparmi del percorso scolastico di mia figlia per rimettersi in pari con i compagni, e mi è stato riferito che l’assistente sociale ha contattato la scuola riferendo la collocazione attuale della minore e informando che al momento il servizio sociale stesso, non avendo sentito la minore come di dovere, non sapeva valutare come la situazione si evolverà. Mia figlia ha dichiarato di trovarsi bene e di non volersi allontanare ancora da un luogo (casa sua) che la fa stare bene.”
Secondo il sottoscritto  in qualità di avvocato l’avvocato della famiglia,:
“Ancora una volta non si può fare a meno di sottolineare il comportamento quanto meno discutibile dell’assistente sociale, la quale da più di un anno è stata portata a conoscenza del malessere della minore nella famiglia affidataria, successivamente sfociato in veri e propri maltrattamenti. Soprattutto la stessa operatrice era a conoscenza della volontà ferma e determinata della ragazza di voler rimanere nella propria famiglia. Ancora più grave è il fatto che la stessa assistente sociale ha relazionato a tribunale che tutto andava bene. Spero che questa operatrice si occupi di altro ma soprattutto spieghi perché ha voluto in ogni modo tenere lontano questa minore dalla propria famiglia. Di sicuro non è stato per un interesse personale… o no???”

Ennesimo caso di "allontanamento facile" a Genova

Una giovane madre non vede i due bimbi da un anno: proprio la Liguria è tra le Regioni italiane in cui si allontanano più bambini dai genitori e questo alimenta il business delle case famiglia
 
GENOVA (15 ottobre 2018). Ci risiamo: ancora una volta il Tribunale dei Minorenni di Genova ha allontanato due bambini dalla loro madre, che pure li ama moltissimo. E dopo un anno, nonostante, per stessa ammissione del giudice, si rendeva necessario un provvedimento urgente per il bene dei due piccini (allontanati dalla madre rispettivamente a 22 mesi e a 5 giorni appena), questo non è stato emanato. La ragazza non sa nemmeno dove siano finiti i suoi due figli.
«Ci risulta persino che siano divisi e che nemmeno si conoscano» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, esperto in Diritto minorile, cui la giovane ligure si è rivolta. «Siano di fronte a un vero e proprio scandalo» prosegue Miraglia, «con un tribunale già denunciato più volte per aver assunto provvedimenti di allontanamento inutili e rivelatisi dannosi per i genitori e soprattutto per i bambini»
 
Tutto ciò, mentre la famiglia, seguita dall’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare, con il Presidente Palmieri aveva strutturato un innovativo progetto di rete e vicinato, per garantire alla famiglia stessa il supporto del territorio e la tutela degli affetti, nell’unica direzione suprema rappresentata dall’interesse dei Minori.
Non a caso la Liguria risulta, dopo la Sicilia, la Regione italiana in cui si allontanano maggiormente i bambini dai genitori, con una percentuale del 4,6 per mille. L’ultima Regione in classifica, l’Abruzzo, emette provvedimenti di allontanamento di minori soltanto per l’1,7 per mille.
Complessivamente in Italia il ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha stimato che nel 2010 siano stati portati via dalle loro famiglie 39.698 bambini e ragazzi: se si considera che le case famiglia ricevono anche 400 euro al giorno per un bambino accolto nella loro struttura, è logico immaginare quale business si alimenti sulla pelle dei più piccoli e indifesi.
 
Nel caso in questione alla giovane sono stati allontanati – e dichiarati adottabili – i due figli piccolissimi nel novembre del 2017, con la sospensione di ogni rapporto con lei; la quale, se dapprima riceveva qualche informazione e qualche foto di loro, da mesi non sa dove siano e come stiano. La più piccola ha compiuto un anno senza la mamma vicino: sono potute stare insieme per cinque giorni appena e la bimba le è stata letteralmente strappata dalle mani mentre si trovava ancora ricoverata in ospedale dopo il parto e mentre la stava allattando. «Dopo undici mesi» conclude l’avvocato Miraglia «è impensabile che il tribunale di Genova, sicuramente oberato di pratiche come tutti i tribunali italiani, non abbia trovato il tempo di emanare il provvedimento con cui aveva stabilito di ricongiungere madre e figli in una struttura protetta. Mi sono rivolto quindi alla Corte di Appello di Genova e alla Procura perché non vorremmo che questi due bambini venissero “arruolati” tra quei migliaia di bimbi orfani dei propri genitori in vita. Sarebbe inconcepibile che diventassero gli ennesimi figli di nessuno».