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Bimba di 7 anni molestata nella casa famiglia

I genitori tenuti all’oscuro per settimane

VERONA (13 Aprile 2021). Una bambina di sette anni da settimane viene molestata nella casa famiglia nella quale da cinque mesi è costretta a vivere insieme al fratello di 11, dopo essere stati trasferiti dalla comunità ove erano collocati precedentemente, essendo state riscontrate notevoli negligenze da parte della comunità stessa, allontanati dai genitori solo perché questi non avevano un lavoro e perché la madre aveva segnalato gli episodi di bullismo ai quali il figlio veniva sottoposto a scuola. Gli operatori della struttura e i Servizi sociali di Verona per settimane hanno taciutole violenze che la piccina subisce da un altro ragazzo ospite della medesima struttura, mentendo continuamente ai genitori e riferendo loro che i bambini stavano invece bene e non avessero problemi di sorta. Con grande sgomento i genitori hanno saputo soltanto dieci giorni fa quanto invece era ripetutamente accaduto alla loro bambina costretta da tempo a subire gravi e ripetute molestie fisiche e sessuali.

E pensare che la piccola in quella casa famiglia non ci sarebbe più dovuta stare: a luglio del 2020 il tribunale aveva chiesto ai Servizi sociali di Verona di provvedere a valutare con solerzia il rapido rientro dei bambini all’interno del nucleo famigliare. Ma la loro negligenza ha fatto sì che i bambini continuassero a rimanere alloggiati in comunità: se solo fossero stati ottemperanti alle disposizioni del giudice, tutto questo non sarebbe accaduto.

«Come si può permettere che una bambina di appena 7 anni venga ripetutamente violentata all’interno di una comunità, in cui alloggia perché dovrebbe essere protetta?» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale i genitori si sono rivolti. «Ma dove erano gli operatori, chiamati per loro ruolo, compito e professione a sorvegliare i ragazzi che gli vengono affidati? Costoro non si devono più occupare di minori! O sono in malafede o sono conniventi, perché non hanno avvertito immediatamente la famiglia degli abusi subiti da questa bambina».

I genitori hanno denunciato alla Procura di Verona l’assistente sociale e la psicologa dei Servizi sociali di Verona, l’avvocato curatore dei due minori e i coniugi responsabili della comunità familiare vicentina per i reati di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, violenza sessuale, violenza privata, lesioni personali, abbandono di minori, maltrattamenti in famiglia.

«Purtroppo ad oggi» prosegue l’avvocato Miraglia, «nonostante le molteplici comunicazioni, rimaste prive di riscontro, non consentendo ai genitori di vedere la loro figlioletta, costoro non sanno come stia la bambina, con chi trascorra le sue giornate e se la stessa sia stata immediatamente allontanata dalla situazione di pericolo».

Frosinone: bambine “rapite”alla zia,dai servizi sociali, il Sindaco si dice all’oscuro di tutto

Avvocato Miraglia: «Fatto gravissimo, visto che è lui il tutore delle bambine»

FROSINONE (12 Aprile 2021). Il sindaco di Cassino nulla sa, o dice di non sapere, delle bambine “rapite” alla zia da parte dei Servizi Sociali: eppure gli assistenti sociali lavorano per il suo Comune ed è lui il tutore delle due bambine. «Se davvero è all’oscuro di tutto, è un fatto gravissimo» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale la zia delle due bambine, a lei affidatele dal tribunale, si è rivolta chiedendo di dichiarare illegittimo l’allontanamento delle sue nipotine. Martedì scorso le aveva accompagnate in municipio, convinta che avrebbero visto il padre nel corso di un incontro protetto disposto dal tribunale, invece, quando è andata a riprenderle, ha scoperto che gli assistenti sociali le avevano portate in una comunità nascosta. Senza motivo, dal momento che le due bambine di 8 e 11 anni sono brave e serene, frequentano la scuola con ottimo profitto e al pomeriggio la zia ha sempre garantito loro la frequenza ad attività ludiche e sportive.

«Il sindaco, loro tutore» prosegue l’avvocato Miraglia, «ci spieghi allora quali sono i motivi “di urgenza e di pregiudizio imminente”, come dice la norma, per i quali è stato disposto l’allontanamento coatto delle due bambine dalla casa in cui vivevano serene, senza che potessero portare con sé un vestito di ricambio, senza un libro di scuola, senza i loro giochi. Se invece, come afferma, non era a conoscenza di questo allontanamento, il fatto è ancor più inaccettabile e vergognoso: come può un sindaco, che ripeto è il legale tutore delle bambine, non sapere che è stato dato atto a un provvedimento così autoritativo. A questo punto chiediamo che convochi la zia e le spieghi cosa è successo oppure che denunci pubblicamente l’operato dei suoi assistenti sociali, che hanno agito non solo in malafede, non solo contro la legge, ma, a questo punto, pure alle spalle del primo cittadino. E chiediamo ai consiglieri d’opposizione di prendere posizione in merito a una simile situazione. Nel frattempo si è fatta avanti una testimone, che ha assistito all’allontanamento brutale delle due bambine e che ringraziamo pubblicamente».

Il suo racconto è agghiacciante. Passeggiando dei pressi della villa comunale, martedì pomeriggio aveva notato un capannello di gente circondare due bambine in lacrime, che piangevano disperate. Ad un centro punto la più grande ha urlato che «in quel posto non ci voleva andare» e ha invitato la sorellina a scappare. A quel punto uno degli operatori, nel tentativo di trattenerla, l’ha fatta ruzzolare per terra. Dopodiché le hanno portate via. La signora, tra l’altro, ha saputo direttamente da una delle insegnanti della bambina più grande che la ragazzina è la prima della classe e che a scuola sia lei che la sorellina si sono sempre presentate ben curate. Solo che da mercoledì i loro compagni non le hanno più viste tornare a scuola. «E vogliamo sapere perché» conclude l’avvocato Miraglia.

Macerata: ennesimo caso di uso della forza per allontanare una bambina

Madre e nonno di una bimba di otto anni presi a botte, feriti e minacciati con la pistola da Polizia e Carabinieri

Avvocato Miraglia: «Intervenga il legislatore per fermare questa violenza»

MACERATA (6 Aprile 2021). È successo ancora: per eseguire un provvedimento di allontanamento di una bambina dalla sua casa di Macerata, gli assistenti sociali si sono presentati accompagnati da numerosi operatori delle forze dell’ordine, che non si sono limitati a prestare un’azione di supporto, com’erano chiamati a fare, bensì hanno commesso violenze sproporzionate e gratuite. Per entrare hanno sfondato la porta, picchiato la madre dalla quale la piccola non voleva staccarsi, minacciato con la pistola e ferito alla mano il nonno. Una violenza inaudita e comprovata, che rischia però di non avere alcun colpevole: il Giudice per le Indagini Preliminari ha proposto l’archiviazione del caso, perché i responsabili sarebbero ignoti.

«I responsabili hanno invece un preciso nome e cognome» dichiara l’avvocato Miraglia, che difende la mamma della bambina, «pertanto ci siamo opposti all’archiviazione, chiedendo al Gip di ordinare la prosecuzione delle indagini preliminari, indicando al Pubblico Ministero le ulteriori investigazioni da eseguire».

Il Tribunale per i Minorenni di Ancona aveva stabilito che la bambina, di soli otto anni, doveva essere allontanata dalla mamma e accompagnata in un casa famiglia protetta. Ma quando gli assistenti sociali si sono presentati alla porta di casa, vista la naturale reticenza della bambina ad abbandonare la sua mamma, sono intervenuti polizia, carabinieri e polizia locale, vigili del fuoco, personale medico, operatori del servizio sociale e psicologi per un totale di circa 20 persone. Un vero blitz, che ha sicuramente terrorizzato la bambina, che infatti urlava e piangeva disperata, e provocato lesioni ai suoi familiari.

«Ci chiediamo come sia possibile che il Tribunale per i Minorenni permetta che l’esecuzione di un suo provvedimento avvenga con tanta, spropositata violenza» prosegue l’avvocato Miraglia «e che la Procura scelga di archiviare un fatto così grave perché i responsabili sarebbero “ignoti”. Sono invece ben noti e la Procura deve avere il coraggio di perseguirli: se c’è un reato, chi lo ha commesso va perseguito, a prescindere che appartenga alle forze dell’ordine. Siamo tutti solidali con Polizia e Carabinieri, ma questi devono rispettare le persone e le nome».

Tra l’altro non è la prima volta, anche in tempi recenti, che l’allontanamento di minori da casa avviene in maniera coatta, con un uso spropositato della forza. A Pavia un bimbo orfano di madre è stata strappato allo zio dalle Forze dell’Ordine; a Reggio Emilia queste si sono finti operatori dell’Enpa per prelevare dal suo lettino una bimba di due anni appena;  in provincia di Torino in venti, tra assistenti sociali e carabinieri, hanno tentato di prelevare con la forza due ragazzine di 14 e 11 anni per portarle in una comunità, nemmeno fossero delle criminali.

«A questo punto è necessario che intervenga il legislatore per fermare questa abitudine all’uso della violenza, con soggetti fragili quali sono i bambini» conclude l’avvocato Miraglia.

Tribunale per i minorenni di Ancona: ancora troppe irregolarità e immobilismo

Avvocato Miraglia: «Auspichiamo che il nuovo ministro di Giustizia, Marta Cartabia, faccia ciò che non è stato fatto finora e intervenga prontamente con delle ispezioni»

ANCONA (11 Marzo 2021). Cinquecento giorni senza un provvedimento: da tanto sta attendendo la madre di una bambina marchigiana, che il Tribunale dei minorenni di Ancona ha affidato, senza motivo, a una coppia amica del Giudice relatore della causa. Un anno e mezzo senza che otto istanze urgenti e decine di missive abbiano sortito alcun effetto: è evidente, ormai, che al Tribunale di Ancona qualcosa non funzioni e si tenti inequivocabilmente di “insabbiare” il procedimento, facendo calare un velo sulla vicenda e permettendo così alla famiglia affidataria di adottare di fatto la figlia della donna. Un affido, tra l’altro, ad una famiglia con enormi problematiche comprovate.

«La vicenda sta andando di male in peggio» dichiara l’avvocato Miraglia «e a questo punto, oltre a un intervento del Consiglio superiore della magistratura, chiediamo che il Ministero di Giustizia invii subito degli ispettori. Nel frattempo abbiamo presentato un esposto per il reato di rifiuto di atti di ufficio contro il presidente del Tribunale dei minorenni di Ancona e il Giudice relatore. L’esposto è stato inviato al Presidente del Tribunale e al Consiglio giudiziario, pertanto ne sono perfettamente a conoscenza, cosi come il Presidente della Corte d’appello, che già dal 30 settembre scorso è stato informato su ciò che accade al Tribunale dei minorenni di Ancona e che auspichiamo possa essere convocato e sentito sul caso».

Che sta succedendo quindi al Tribunale per i minorenni di Ancona?

Nel caso di questa bambina, il giudice relatore del Tribunale per i minorenni delle Marche di Ancona è stato querelato dalla madre, per aver affidato appunto la figlia a una coppia di suoi amici che non possono avere figli. Il caso è reso ancora più oscuro da fatto che un ex collega del Giudice è stato incaricato di supervisionare gli incontri tra la minore e la madre biologica, mentre un altro suo storico collega assiste come consulente di parte la famiglia affidataria. Una vicenda che si è cercato di insabbiare e nascondere attraverso una serie di intrecci, pressioni, sparizioni di documenti, che meritano un intervento da parte del Csm, non fosse altro per comprendere cosa sia accaduto nella gestione di questo caso, ma soprattutto come funzioni questo Tribunale.

Non è comunque l’unico caso “irregolare”: un altro bambino è oggetto, incredibilmente, di due procedimenti aperti in contemporanea, uno di affidamento e uno di adozione. Quantomeno curioso. Intanto il piccolo vive come fosse stato già adottato dalla famiglia affidataria e non vede la sua mamma da circa tre anni. L’affidamento dovrebbe essere invece una condizione temporanea, in attesa di ricomporre, con l’aiuto delle istituzioni, la serenità all’interno della famiglia di origine, dove ogni bambino ha il diritto, sancito per legge, di rientrare.

 

Svolta nel caso Camparini

La Corte di appello di Bologna le ha nominato un curatore speciale. La ragazzina, ormai quindicenne, potrebbe finalmente conoscere la verità sulla sua adozione.

REGGIO EMILIA (13 Agosto 2020). C’è una svolta positiva nella vicenda di Anna Giulia Camparini, la ragazzina, ormai quindicenne, che da quando aveva due anni è stata strappata ai suoi genitori ed è stata adottata da una nuova famiglia a causa di un’orchestrazione quasi diabolica: la Corte di appello di Bologna con provvedimento del 11 agosto le ha nominato un curatore speciale nella causa avviata dai suoi genitori naturali, che hanno chiesto la revocazione della sentenza di adottabilità.
Di conseguenza è stata revocato l’incarico della Tutrice che per tutta la fase processuale di adottabilità ha sostenuto con forza che i genitori di Anna Giulia erano inadeguati e non meritevoli di accudire la figlia.
Già l’anno scorso tra le diciotto persone raggiunte da misure cautelari emesse all’interno dell’inchiesta “Angeli e Demoni”, vi è anche l’assistente sociale che per prima redasse la relazione che causò l’allontanamento di Anna Giulia Camparini, la bimba strappata ai genitori  e data in adozione a un’altra famiglia. Fa parte anche lei delle persone indagate tra quelle che compongono la rete di servizi sociali della Val D’Enza, accusate di false relazioni per allontanare i bambini e collocarli in affido retribuito da amici e conoscenti.
Ancora più incredibile, alla faccia di tutte le norme in materia i genitori adottanti, conoscono perfettamente le carte dei procedimenti, il passato di Anna Giulia e addirittura vita morte e miracoli dei genitori.
Come è stato possibile?
O ciò è frutto di una coincidenza o questa vicenda merita un’inchiesta del CSM visto che tutti i fascicoli di adozione sono segretati.
Qualcuno ha avuto interesse ad informare gli adottanti di Anna giulia?
E perché?
Ci saremmo aspettati un intervento del Presidente del Tribunale per i Minorenni visto che dal sottoscritto è stato prontamente informato di questa anomalia.
La Corte d’Appello di Bologna in seguito al ricorso di revocazione ha disposto la revoca della tutrice rivela l’avvocato Francesco Miraglia, legale dei coniugi Camparini, «nominando un curatore speciale, una figura “terza” che faccia finalmente i suoi interessi. i genitori adottivi sono parte in causa e in pieno conflitto di interesse. Per dare voce ad Anna Giulia ci vuole quindi una persona diversa, al di fuori di tutta questa intricata e drammatica vicenda. Qualcuno che faccia davvero gli interessi di Anna Giulia e che, forse, dovendo parlare con lei per rappresentarla, le racconterà tutto quello che è successo, tutta la verità, cosa hanno fatto i suoi genitori per lei, che non hanno mai smesso di lottare per riaverla con sé. Non sappiamo cosa le sia stato raccontato finora, ma ci auguriamo che sappia finalmente la verità».
La prossima udienza è stata fissata per il 9 ottobre

Ragazzino di Perugia reso orfano della mamma

L’avvocato Miraglia: «Qualcuno intervenga prima che per questo bambino sia troppo tardi». Il sindaco ad oggi ha ignorato ogni accorato appello
 
PERUGIA (30 Aprile 2020). A volte i provvedimenti assunti dai Tribunali dei minorenni risultano incomprensibili: invocano la tutela dei minori, ma senza tenere in realtà in considerazione lo stato di salute psicofisico dei bambini, la loro incolumità, i campanelli d’allarme che lanciano, ignorando persino le consulenze tecniche da loro stessi richieste. Come è accaduto a un ragazzino dodicenne di Perugia, che il Tribunale ha affidato al padre, persona chiaramente disturbata dal punto di vista psichiatrico. La decisione sarebbe stata assunta “per il bene del bambino”. «Ma quale bene, se lo hanno affidato a un padre chiaramente disturbato, come dimostrato dalla consulenza tecnica richiesta dal tribunale stesso» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, al quale la mamma del ragazzino, disperata, si è rivolta, per cercare di salvare suo figlio. La donna non lo vede né lo sente da due anni e a nulla sono valse le istanze al tribunale e persino l’aver scritto direttamente al sindaco di Perugia, per tentare di risolvere la situazione, che potrebbe diventare drammatica. Il tribunale di Perugia, che avrebbe dovuto intervenire nell’interesse del bambino e proteggerlo, di fatto lo ha abbandonato a se stesso, costringendolo a casa del padre, genitore violento ed abusante, mentre la mamma è stata allontanata senza un motivo, perché “si impone il rispetto della volontà del minore”, come recita il decreto: ma il bambino, all’epoca decenne, che volontà autodeterminante cosciente e consapevole avrà mai potuto esprimere? Inoltre, nonostante il giudice abbia sospeso l’esercizio della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori e abbia nominato un tutore, alla fine però ha lasciato il ragazzino con il padre, mentre la madre è stata allontanata completamente dalla sua vita, impossibilitata ad avere ogni forma di contatto visivo e fisico con lui, impedita pure a sentirlo telefonicamente. Per sapere come sta deve scrivere al tutore, che laconicamente liquida le sue domande con un “sta bene”. Nessun percorso è stato avviato per far riprendere i rapporti tra il ragazzo e sua madre, nessun provvedimento è stato posto in essere per ricomporre la situazione. Nulla.
La donna si è rivolta quindi al sindaco di Perugia, per chiedere di sbloccare questa vicenda, che ha reso orfano di madre un ragazzino che la mamma invece ce l’ha e gli vuole pure tanto bene. Ma la risposta del sindaco non è mai arrivata, il primo cittadino non si è degnato di rispondere. «Nessun pare avere a cuore la vicenda di questa madre e soprattutto di questo ragazzo» prosegue l’avvocato Miraglia. «La condizione in cui vive è talmente grave, che ha cominciato a manifestare segni di comportamenti psicotici lui stesso ed è pertanto necessario innanzitutto toglierlo al padre e fargli riprendere i rapporti con la madre, prima che sia troppo tardi. In questa vicenda, oltre a negare i propri diritti a un genitore, si è trascurato il benessere del ragazzino, che dovrebbe essere invece il fine primo di ogni decisione assunta da un Tribunale dei Minorenni. Che invece in questa vicenda ha agito come se il minore non esistesse, non fosse una persona, non avesse dei sentimenti. Ignorando persino i molteplici segnali di malessere che sta lanciando. Ma nell’interesse di chi il tribunale sta operando? Non certo quello di questo ragazzino».

Perugia: assistente sociale denunciata per lesioni da una madre

Aveva chiesto che il padre fosse più presente con la figlia: l’hanno tolta a lei per affidarla totalmente a lui, con danni psicologici evidenti per la povera bambina
PERUGIA (18 Marzo 2020). Una relazione che finisce, un rapporto che si interrompe e gli inevitabili conflittualità tra genitori per la gestione della bambina: ma mai una donna si sarebbe aspettata di venire etichettata come pazza e di vedersi togliere completamente la figlia, affidata ora al padre. La bambina risente dello stress e della lontananza dalla mamma, ma l’assistente sociale la dipinge come allegra e felice e, in barba al codice deontologico, descrive il padre come l’unica persona adatta ad occuparsi della piccola. Dallo scorso maggio a questa donna non è consentito avvicinarsi alla figlia, né avere notizie di lei, perché, tornata al suo Comune d’origine con l’assenso iniziale dell’assistente sociale, questa, cambiando le carte in tavola, l’ha denunciata alla Procura minorile, asserendo che il suo allontanamento avrebbe pregiudicato le viste al padre.
La donna ha quindi denunciato l’assistente sociale di Todi per lesioni personali, abuso d’ufficio e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale.
«La settimana scorsa abbiamo incontrato l’assistente sociale perché chiarisse la propria decisione» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, legale della donna, «ma non è stata nemmeno in grado di motivare le sue scelte. La sua relazione, che ha stravolto la vita della mia assistita e soprattutto della bambina, è totalmente falsa e chissà su quali basi l’ha fondata, se non è stata nemmeno in grado di motivarcela».
La mamma della bambina era già stata sottoposta a due perizie, che l’avevano entrambe reputata idonea, affettuosa, competente come mamma. La figlia era serena, affettuosa, autonoma, anche per le insegnanti della scuola che allora frequentava. L’ unica cosa emersa, entrambe le volte, era l’intensa conflittualità tra i genitori, che faticavano a trovare punti di convergenza relativamente alla gestione ordinaria e straordinaria della figlia. «Non si comprende allora il motivo per il quale l’assistente sociale incaricata, anziché lavorare in modo da tutelare la minore dalla conflittualità genitoriale, pare quasi abbia alimentato le contese tra padre e madre, esprimendo opinioni personali, orientate a sostenere maggiormente la paternità piuttosto che entrambe le genitorialità, sbilanciandosi a esprimere un giudizio personale nell’indicare il padre come “il genitore più funzionante, che sta facendo un grosso sforzo per garantire alla bambina un adeguato equilibrio”. Peccato che non collimi con la valutazione psicologica redatta dal Servizio Riabilitazione Età Evolutiva e Psicologia Clinica della Usl Umbria 1 di Marsciano, che descrive nella bimba bassa autostima ed alti livelli di ansia e difficoltà nelle relazioni sociali».
Da qui la decisione di denunciare l’assistente sociale alla Procura delle Repubblica di Perugia: nel frattempo l’avvocato Miraglia ha presentato ricorso per la reintegra della responsabilità genitoriale a questa mamma.

Coppia finita tra le maglie del sistema "Bibbiano"

Il giudice ha ravvisato la necessità di una valutazione attenta dei genitori e del contesto familiare, mettendo quindi in discussione la relazione degli assistenti sociali, arrestati nell’operazione “Angeli e demoni”

Avvocato Miraglia: «Si apre la speranza per tutti gli altri casi riconducibili alla medesima inchiesta di Bibbiano»
BIBBIANO (14 Marzo 2020). Vittime del presunto “sistema Bibbiano”, una coppia di giovani genitori sta lottando per riavere con sé la propria bambina: era stata loro strappata e dichiarata adottabile sulla base dalla relazione presentata dall’assistente sociale Francesco Monopoli e dalla dirigente dei Servizi sociali dell’Unione val d’Enza, Federica Anghinolfi, agli arresti domiciliari perché coinvolti e ritenuti, anzi, figure chiave nell’inchiesta denominata “Angeli e Demoni” avviata dalla procura della Repubblica al Tribunale di Reggio Emilia sui presunti affidi illeciti. La coppia si era rivolta all’avvocato Francesco Miraglia, che aveva presentato istanza alla Corte d’Appello di Bologna.
«La Corte ha accolto le nostre istanze» dichiara l’avvocato Miraglia, «ordinando una Consulenza tecnica d’Ufficio che valuti la coppia, le personalità e capacità genitoriali di entrambi e se il contesto familiare sia potenzialmente idoneo ad accogliere la bambina».
La giovane coppia aveva avuto in passato problemi di tossicodipendenza, ma al momento della nascita della loro figlioletta, nel 2016, aveva cambiato vita: la mamma aveva seguito un percorso psicologico e sociale, il padre, totalmente disintossicato da anni, lavora stabilmente. Attorno alla coppia c’è una solida rete familiare: invece la piccola è stata loro strappata e dichiarata adottabile. All’udienza lo scorso 27 febbraio l’avvocato che rappresentava il tutore, e quindi il Comune di Bibbiano, ha rivelato come la decisione sia stata motivata dal fatto che la bimba fosse nata con dei seri problemi di salute, che i genitori non sarebbero stati in grado di affrontare.
«Questo significa che a tutte le coppie cui nasce un figlio con dei problemi di salute, debba venire loro tolto?» prosegue l’avvocato Miraglia. «Ma che nuovo principio si vuole affermare? Finalmente, invece, questa decisione della Corte d’Appello apre uno spiraglio di luce e riaccende la speranza per le tante famiglie incappate in questi Servizi sociali. Non so se esiste un “sistema Bibbiano”, però sicuramente questo è un caso che rappresenta bene il disegno criminale che è stato posto all’attenzione della Procura di Reggio Emilia».
 

Bimbo in coma a Bergamo per incuria: il Tribunale scarica sulla madre la responsabilità

MONZA (21 Febbraio 2020). E’ ancora in condizioni gravissime il piccolo di 4 anni, affidato al padre che vive in un minuscolo paesino del Bergamasco, in coma da giorni a causa di un’infezione non curata. La madre, attraverso il suo legale, l’avvocato Francesco Miraglia, aveva chiamato in causa il Tribunale di Monza, che le aveva tolto il bambino, affidandolo al padre che – come provano numerose fotografie – lo trascurava nella salute e nell’igiene. Un Tribunale sordo alle richieste di intervento e alle segnalazioni del pericolo che correva il bambino, che la madre da quasi due anni aveva inoltrato. Per tutta risposta, pur partecipando con dolore alla grave situazione in cui si trova il bambino, il Presidente del Tribunale di Monza si scrolla completamente di dosso ogni responsabilità, in quella che sembra una difesa d’ufficio. Avrebbe fatto meglio a convocare la mamma, piuttosto che a redigere un comunicato stampa: avrebbe mostrato maggior umanità e buon senso, al di là delle colpe.
«Ma se il bambino era affidato ai Servizi sociali e solo il Tribunale di Monza poteva disporre della sua vita, la colpa di chi può essere se non del giudice e del Tribunale stesso?» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia. «Come si fa a scaricare la colpa addosso a qualcun altro, se i “tutori” del piccolo erano i Servizi sociali e il Tribunale, gli unici in grado di poter intervenire? E che non sono mai intervenuti, visto che sono rimaste lettera morta le nostre denunce rivolte fin dal luglio 2018 contro gli assistenti sociali e la Ctu (le cui conclusioni erano totalmente artefatte, come pure i documenti presentati a sostegno delle stesse) e le istanze d’urgenza presentate al Tribunale ad ottobre e il 27 gennaio scorso. Il bambino era in pericolo, lo dicevamo da anni e adesso che si trova ricoverato in ospedale in condizioni disperate, la colpa è di qualcun altro? Della madre, vorrebbe far intendere il Presidente del Tribunale, che in realtà da tempo segnalava i chiari segni di incuria? Non ultimo l’istanza urgente presentato il 27 gennaio, pochi giorni prima che il piccolo cadesse in coma per un’infezione cerebrale». Gli unici responsabili sono il Tribunale e gli operatori ai quali si affida.
«Presenteremo pertanto una denuncia per lesioni gravissime nei confronti del giudice e del professionista incaricato dal tribunale di redigere la Consulenza tecnica d’ufficio, sulla base della quale il bambino è stato tolto alla mamma per essere affidato al padre» annuncia l’avvocato Miraglia. «Ma soprattutto chiediamo che si indaghi sui rapporti tra il Tribunale e una onlus di Monza, dove guarda caso tutti i genitori in difficoltà o conflitto vengono dirottati, a spese proprie, per delle consulenze e alla quale il Tribunale si affida per le Ctu. Qui non si tratta di stabilire se un genitore sia migliore di un altro: qui le persone che hanno operato in questa vicenda o l’hanno fatto male o con troppa superficialità. E i risultati sono questi: un bambino di appena 4 anni giace in condizioni disperate».

Denunciato l’assessore veronesi Stefano Bertacco. Con lui anche cinque operatori dei Servizi sociali

DENUNCIATO L’ASSESSORE VERONESE STEFANO BERTACCO. Con lui anche cinque operatori dei Servizi sociali

VERONA (22 Novembre 2019). Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, interesse privato in atti di ufficio e abuso d’ufficio: questi i reati per i quali a vario titolo, sono stati denunciati l’assessore ai Servizi sociali di Verona, Stefano Bertacco, e cinque operatori compreso il responsabile del servizio. A sporgere la denuncia è stata una donna veronese, da quindici mesi “parcheggiata” in una comunità di Marghera, a Venezia, con i suoi tre figli minori, senza un progetto di sostegno, confinati in quattro in un’unica stanza fatiscente. Lontana dalla sua città, dalla sua casa, dalla propria cerchia parentale e soprattutto dalla figlia maggiore, alloggiata in una comunità diversa dalla madre e dai fratelli. E’ stata proprio la vicenda terribile vissuta da questa ragazzina a innescare, suo malgrado, questa vicenda, che i Servizi sociali di Verona hanno gestito in maniera assurda, rifiutandosi di prendere in carico questa famiglia con un progetto che li sostenesse e aiutasse veramente e soprattutto ignorando ripetutamente i provvedimenti emessi dal tribunale di Verona. La donna si era rivolta ai Servizi sociali per un aiuto, all’indomani della condanna dell’ex marito per aver abusato della figlia maggiore.
«I Servizi sociali del Comune di Verona hanno però agito violando precisi obblighi impartiti dal Tribunale per i minorenni di Verona dalla fine del 2017 ad oggi» spiega l’avvocato Francesco Miraglia, che tutela la donna e i suoi bambini, «confinando letteralmente la signora e i suoi figli in una struttura fatiscente per quindici mesi, senza neppure averli concretamente presi in carico con azioni di sostegno, mantenendoli per di più lontani da casa a spese dei contribuenti. E per questo chiederò che la Corte dei Conti verifichi questo spreco immotivato di denaro pubblico. Oltre a lasciare questa famiglia senza un sostegno e un progetto concreto e a non ottemperare alle reiterate disposizioni del tribunale, i Servizi sociali hanno ripetutamente tentato di togliere i bambini alla loro madre per affidarli a famiglie esterne. Comportamenti così ricordano le recenti vicende di Bibbiano: certo, non sarà il medesimo sistema, però nemmeno il comportamento dei Servizi sociali di Verona brilla per correttezza e va indagato a fondo. Per lo meno per capire intanto come la mia assistita possa stare da oltre un anno come fosse incarcerata, confinata con tutte le sue cose in una stanza con i suoi tre bambini, senza che nessuno si prenda cura di loro e senza sapere quale potrà essere il suo futuro, quando potrà rivedere la figlia maggiore, quando potrà tornare a casa propria e alla sua vita di sempre». Ecco perché sono stati denunciati il dirigente dei Servizi sociali, due psicologhe, un’assistente sociale e la responsabile della comunità. Con loro anche l’assessore Bertacco. «Il quale aveva pubblicamente plaudito l’operato dei Servizi sociali comunali, scaricando però su di loro ogni responsabilità della gestione della vicenda allorché gli richiesi un intervento risolutivo diretto. Come se il benessere dei concittadini non fosse materia di cui debba occuparsi un assessore ai Servizi sociali» conclude l’avvocato Miraglia.