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I ragazzo "effeminato" può stare con la madre

 
La Corte d’Appello di Venezia reintegra la potestà alla madre del sedicenne
Le lacrime di gioia della donna dopo anni di battaglie giudiziarie
«Finalmente posso ricominciare la mia vita» le parole del ragazzo
 
PADOVA (12 marzo 2019). Alla fine ce l’ha fatta e la prima cosa che le è venuto spontaneo fare, appresa la notizia della decisione pronunciata dalla Corte di Appello, è stata sciogliersi in un pianto liberatorio. Ci sono voluti anni, ma alla fine una tenace madre della provincia di Padova è riuscita a tenere con sé il figlio che i Servizi sociale e il Tribunale dei minorenni di Venezia hanno fatto di tutto per allontanare da lei, adducendo persino la motivazione secondo la quale la vicinanza alla madre e alle sorelle maggiori ne avrebbe determinato un comportamento eccessivamente effeminato. La Corte di Appello di Venezia ne ha reintegrato appieno la potestà genitoriale e il ragazzo, che oggi ha sedici anni, resterà con lei per sempre. «Finalmente posso ricominciare la mia vita» le parole pronunciate del ragazzo.
«Ma se la madre e io stesso come suo avvocato non avessimo lottato, creando anche un caso “mediatico”, questo ragazzino da due anni vivrebbe con degli sconosciuti, senza facoltà di disporre della sua vita e delle sue scelte» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, esperto in Diritto minorile, cui la madre si era rivolta, commentando la sentenza. «Dalla perizia disposta dal tribunale ne era uscito il ritratto di un comunissimo adolescente, che stava bene nel contesto familiare in cui è sempre vissuto e cresciuto, che ha potuto scegliere la scuola superiore da frequentare (e la sta frequentando serenamente). Lo stesso ritratto che ne era emerso ad agosto, quando lui personalmente si era presentato in Corte d’Appello: davanti ai giudici c’era un normalissimo adolescente, che non comprendeva il motivo per il quale avrebbe dovuto trasferirsi in una comunità di Treviso, lasciando la casa e la famiglia che aveva sempre conosciuto. La “normalità” del ragazzo ha convinto i giudici che, prima di emanare una sentenza, hanno voluto verificare con una perizia lo stato psicologico del giovane. L’analisi tecnica ha dato ragione alla madre, che si è sempre strenuamente battuta per tenerlo con sé, disposta a dimostrare con ogni mezzo che suo figlio stava benissimo e non aveva problemi tali da indurre i Servizi sociali a portarglielo via.
Alla luce di tutto questo è giunta in questi giorni la decisione finale della Corte d’Appello: il ragazzo può stare con la madre e le sorelle, sebbene i Servizi sociali debbano periodicamente verificare la situazione del minore.
Tutto era iniziato due anni fa: dopo anni di controversie legali familiari, che avevano portato all’intervento dei Servizi sociali, alla madre era arrivata all’improvviso la disposizione emanata dal Tribunale dei Minori di Venezia, con la quale le si comunicava il decadimento della potestà genitoriale su suo figlio, sulla base di una relazione presentata dai Servizi sociali territoriali, che consigliavano un allontanamento al di fuori della famiglia visto gli atteggiamenti “effeminati” che il ragazzino mostrava. Questo nonostante fossero anni che non vedevano il ragazzo. La madre allora aveva presentato ricorso alla Corte di Appello veneziana, che aveva sospeso il provvedimento di allontanamento e disposto una nuova perizia. «Se questa madre non si fosse opposta, suo figlio da due anni vivrebbe altrove, senza motivo e senza colpa» prosegue il legale, «con danni incalcolabili per la sua salute psicologica: prigioniero senza aver commesso alcun reato. Senza contare che sarebbe stato anche un costo per la collettività. I Servizi sociali territoriali hanno sbagliato, ormai è acclarato, e mi auguro che queste assistenti sociali vengano sollevate dal caso. Ma anche il Tribunale dei minorenni di Venezia ha assunto decisioni discutibili: cosa è cambiato da due anni a questa parte?  Nulla, il ragazzo è sempre lo stesso. Perché allora ci sono voluti anni prima che venissimo ascoltati e fossero letti attentamente i documenti, che ci davano pienamente ragione? Trovo inconcepibile l’atteggiamento che assume in certi casi il Tribunale dei minorenni di Venezia: l’ultimo caso eclatante è quello del piccolo Marco, un bimbo veronese di tre anni, sottratto inspiegabilmente dalla famiglia affidataria che avrebbe voluto adottarlo, per imporne l’adozione a un altro nucleo familiare, sconosciuto al piccolo. E cosa ancor più grave, in attesa del pronunciamento sul ricorso presentato, da dicembre questo piccolo vive, triste e solo, in una casa famiglia, tra completi estranei».