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Caso Anna Giulia: il processo è da rifare daccapo

imagesREGGIO EMILIA – Nuovo colpo di scena nella vicenda di Anna Giulia Camparini, la figlia di Massimiliano Camparini e Gilda Fontana che lo scorso maggio la Cassazione ne aveva disposto l’adottabilità, rigettando il ricordo dei coniugi.
Il processo si è trascinato per 6 lunghi anni (oggi la bimba ha 8 anni e frequenta la terza elementare, seguita dall’avvocatessa Sabrina Tagliati, sua tutrice) e proprio quando si pensava fosse terminato, si è invece scoperto che è da rifare con prima udienza fissata per il prossimo 5 dicembre.
“Nei casi di adozione – ha affermato il legale difensore della famiglia, l’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena – dopo la decisione della Cassazione, il tribunale per i Minori emette il decreto di pre-adozione che comporta quindi che il minore possa essere effettivamente adottato. Lo stesso deve poi verificare se sussistano ancora i criteri perché ciò avvenga. In questo caso, ho deciso di impugnare il decreto affinché il tribunale valuti a oggi se l’adozione sia ancora nell’interesse della bambina”.
Miraglia ha quind aggiunto che “ancora una volta mi preme sottolineare come questi genitori, che sono stati sempre giudicati irresponsabili, in realtà stiano dimostrando quanto desiderino questa figlia”.

«Faremo ricorso alla Corte europea»

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REGGIO EMILIA.
Anche se la Cassazione ha rigettato il loro ricorso, i coniugi Camparini non hanno perso la speranza di poter un giorno riavere in famiglia la loro figlia, cioè la piccola Anna Giulia che è al centro da sei anni di un delicato caso snodatosi fra affidamenti, due rapimenti da parte dei genitori e la contrastatissima adottabilità della bambina.
Rimangono infatti battagliere le parole del papà – il 43enne Massimiliano Camparini – ma sempre “condite” da un affetto per la “sua” bimba che non si attenuerà mai. «Io e mia moglie Gilda non ci vogliamo arrendere – spiega alla Gazzetta – e stiamo valutando quelle che possono essere le strade legali per proseguire la nostra battaglia. Il ricorso, a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti dell’uomo (per violazione della vita familiare, come previsto dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ndr) potrebbe essere la via giusta. Comunque al di là dell’amarezza per le tante cose inesatte dette sul nostro conto, speriamo che Anna Giulia non debba nuovamente cambiare famiglia, ma che rimanga in adozione dov’è, cioè con la coppia che la sta seguendo da quando è in affido. La nostra piccola ci manca molto – conclude con una punta di commozione – non la vediamo e abbracciamo da cinque anni…». Altre due strade percorribili dai coniugi Camparini – assistiti dall’avvocato modenese Francesco Miraglia – potrebbero essere quella della ricusazione dei giudici della Cassazione che hanno emesso la sentenza, oppure dar battaglia in tribunale ad Ancona facendo riferimento all’eccessiva durata del processo civile prevista dall’articolo 6 sempre della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Quello di Anna Giulia (8 anni) è un caso divenuto nazionale, di cui si è occupato a più riprese il programma Rai “Chi l’ha visto?”. La Cassazione ha rigettato il ricorso – dicendo “no” al riaffido della piccola ai genitori – sulla base di questo presupposto: «Il quadro che emerge è quello di un’incapacità genitoriale in capo a entrambi i ricorrenti, non reversibile». La Suprema Corte giudica “approfondito e congruo” l’esame condotto dalla Corte d’appello dove si riteneva che i genitori avessero “una concezione di ’proprietà’ della figlia, vista come un ’bene’ da riconquistare anche con la violenza”. “il giudice di merito – rimarca la Cassazione – non può limitarsi a prendere atto del proposito, manifestato dai genitori, di riparare alle precedenti mancanze, ma deve valutare se il loro atteggiamento e i loro progetti educativi risultino oggettivamente idonei al recupero della situazione in atto”. Allo stato attuale “non poteva ritenersi praticabile senza traumi per la bambina, nonostante la (tardiva) ampia disponibilità manifestata dai genitori a sottoporsi a qualsiasi controllo e percorso di valutazione e sostegno, un approfondimento che avesse comportato una nuova osservazione diretta delle relazioni».
mba contesa: i genitori non si arrendono. «Nostra figlia ci manca molto, speriamo che ora resti nella stessa famiglia»

SVOLTA IMPORTANTE NEL CASO DELLA FAMIGLIA CAMPARINI. ACCOLTO IL RICORSO IN CASSAZIONE

COMUNICATO STAMPA

SVOLTA IMPORTANTE NEL CASO DELLA FAMIGLIA CAMPARINI. ACCOLTO IL RICORSO IN CASSAZIONE PER RIOTTENERE LA PROPRIA BAMBINA

Un ulteriore passo in avanti sembra compiersi nel processo che vede come protagonista la famiglia Camparini che, da oltre sei anni, sta combattendo per riottenere l’affidamento della figlia naturale, A.G. Il prossimo 13 maggio, infatti, la vicenda di AG sarà discussa dalla Corte di Cassazione prima sezione civile in udienza pubblica.
Il ricorso in Cassazione, è stato presentato lo scorso ottobre dall’avvocato Francesco Miraglia, del Foro di Modena, legale dei coniugi, ove ancora una volta si rivendicava la mancanza di qualsiasi presupposto di fatto e di diritto sulla dichiarazione di adottabilità di A. G..
Questa notizia – spiega Gilda Fontana – mi ha provocato mille emozioni. In un primo momento ho avuto un attacco di panico perché ho paura di illudermi per l’ennesima volta. Inoltre temo che questa situazione possa creare disagio a mia figlia. Ma poi, pensando al bene che le voglio, sono positiva. Non provo né rancore, né vendetta per coloro che sono intervenuti in questa vicenda. Ho fiducia nella giustizia nonostante tutto ciò che abbiamo vissuto sulla nostra pelle in questi anni. Mi colma di gioia pensare che c’è qualcuno che finalmente leggerà, con la dovuta attenzione, le carte processuali. Io continuo a lottare, non posso lasciare a metà questa battaglia perché so di avere ragione, non voglio che qualcuno si intrometta nella vita della mia bambina e della nostra famiglia. Nostra figlia ha il diritto di sapere chi è, di conoscere pregi e difetti del suo nucleo familiare. Questa consapevolezza mi dà la forza di continuare a combattere. Credo ancora nella giustizia divina e spero in quella umana grazie anche al coraggio e alla forza che, in questi anni, il mio avvocato mi ha sempre dato, consentendomi di non deprimermi e di andare avanti con dignità”.
“Siamo in un momento delicato e importante del processo, – sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia anche perché il fatto che il ricorso sia stato, al momento dichiarato ammissibile e meritevole  di discussione pubblica ci fa ben sperare.
Una tappa importante quindi quella che stanno per vivere i coniugi Camparini, dopo un lungo calvario sia processuale che umano. Una vicenda, iniziata nel 2007, quando il Pubblico Ministero di Reggio Emilia, dott.ssa Maria Rita Pantani, chiede che venga effettuata una perquisizione all’interno dell’abitazione dei coniugi Camparini alla ricerca di sostanze stupefacenti. Durante l’intervento i Carabinieri non rinvengono nulla ma la loro attenzione, invece, si sposta sulla piccola A.G. che, all’epoca, ha due anni. I militari decidono di inviare un’informativa al Tribunale dei Minori di Bologna segnalando la presenza della minorenne e di un “presunto stato fatiscente dell’abitazione”. Come vuole la prassi, intervengono i Servizi Sociali che confermano quando precedentemente affermato dalle Forze dell’ordine pur senza recarsi in loco né tantomeno preoccupandosi di incontrare i genitori per capire la reale situazione familiare. In seguito, il 23 giugno 2008 il Tribunale di Bologna stabilisce che la piccola A.G. debba essere portata in un Istituto dove può vedere regolarmente i genitori sotto il controllo dei Servizi Sociali di Reggio Emilia. E sono proprio questi ultimi ad affermare, in seguito, che la bambina può ritornare in famiglia. Parere che non viene accolto dal Giudice minorile di Bologna. La situazione precipita nel 2010 quando Gilda Fontana e Massimiliano Camparini vengono a sapere che la loro bambina potrebbe essere affidata. Decidono quindi di portarla via dall’istituto in cui è collocata per poi riconsegnarla alle Autorità. Questo gesto li vedrà indagati per sottrazione di minore. A questo punto il Tribunale per i Minorenni di Bologna chiede che vengano fatti nuovi accertamenti. I genitori temono il peggio e il 16 luglio 2010 decidono di scappare in Svizzera con la bambina. Un atto che pagheranno con il carcere.
 

La lettera della mamma di Anna Giulia, bambina strappata alla famiglia per l’arroganza degli adulti

C’è una bambina di 7 anni che non passerà il Natale con i genitori, non scarterà i regali sotto l’albero addobbato di casa sua e non riceverà l’abbraccio dei nonni e degli altri familiari. Chissà dove e con chi sarà, e non sappiamo neppure se le imminenti feste riaccenderanno in lei i ricordi sopiti, e certamente sempre più sbiaditi, della sua primissima infanzia. Eppure questa bimba non è orfana. Ha due giovani genitori che l’amano e che da sempre si battono per riaverla con loro. Stella, così la chiamiamo per proteggere la sua identità, è vittima di un errore, un colossale errore che l’ha strappata ai suoi affetti più cari quando aveva soltanto 3 anni.

La storia è nota ai più: una telefonata anonima avverte che nella casa dove vivono i Gilda e Massimiliano con la loro figlia, c’è della droga. Un blitz notturno dei carabinieri sveglia la famiglia, viene effettuata una perquisizione, ma non viene trovato assolutamente nulla. Solo che intanto, un militare troppo solerte avverte i servizi sociali dicendo che l’abitazione è fatiscente e non è un luogo adatto per una minore. Peccato che si dimentichi di specificare che la casa era a soqquadro perché stavano ridipingendo le pareti. Stella viene portata via dai genitori, che però sono rassicurati dagli assistenti sociali: “è sicuramente un equivoco, fra 15 giorni la riavrete”. Cominciano così gli incontri protetti tra genitori e figlia, perché qualcuno nel frattempo si è ricordato che il papà in passato ha fatto uso di droghe. Peccato che, ancora una volta, ci si dimentichi di spiegare che si tratta di episodi remoti, accaduti 20 anni prima. Alla coppia però, nonostante venga riconosciuta “una genitorialità ricca e affettiva”, la figlia non viene restituita, anzi Stella finisce in un istituto. Dopo varie peripezie giudiziarie, Gilda e Massimiliano decidono di “rapire” la loro bambina e di fuggire con la piccola in Slovenia, dove trascorrono alcuni giorni felici. Poi, convinti dalla nonna paterna, ritornano, affidandosi alla comprensione di chi ha in mano il loro destino. Ma è una fiducia mal riposta perché da allora questi genitori non hanno più rivisto la loro piccina…

Tutti la chiamano Stella e speriamo che una stella arrivi davvero ad illuminare la notte di Gilda e Massimiliano, una notte che dura da quasi 5 anni. Ed ecco la lettera che Gilda ci inviato, una lettera disperata, ma anche di speranza.

E’ grande lo sforzo di rivivere ancora e ancora ormai quasi all’infinito, quelle strazianti emozioni che mi sono entrate, ormai, in ogni singola cellula e con le quali devo convivere quasi fosse una malattia… un dolore cronico dal quale non riesco, non posso, non voglio liberarmi.
Eh sì…. questo sordo male che mi accompagna è ormai l’unica cosa che mi tiene legata a lei… che mi fa essere ancora la mamma di “Stella”, già l’unico modo che mi è rimasto di essere mamma è il dolore puro di questo vuoto che non riesco a motivare a giustificare e di conseguenza non riesco ad elaborare… come si dice, non riesco a farmene una ragione: cerco di analizzare la situazione da ogni punto di vista e quindi mi ripeto all’infinito…. morta non è, e quindi devo essere contenta… male non starà quindi devo esserne contenta…. colpa mia e di Max di certo non è, e quindi devo esserne contenta… la storia è stata più e più volte verificata da tante persone competenti e tutti mi hanno manifestato la loro solidarietà e… quindi devo esserne contenta… ho fatto tutto quanto è stato in mio potere fare e anche di più…. e quindi devo esserne contenta… devo essere grata a quei cari amici e conoscenti che mi si stringono accanto e solidali mi chiedono “come va”… devo esserne contenta, non è da tutti di poter contare sull’affetto di tante persone… devo esserne contenta. Ma così non è; non sarò, non saremo mai contenti, fino a quando non potremo riabbracciare la nostra bambina. Rivoglio, rivogliamo nostra figlia, la nostra vita. Gilda.

Disabile prigioniero in casa scrive al presidente Napolitano

  • LA STORIA

Il Comune di Ozzano negava la costruzione di una rampa, il geometra indagato. Il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto

di ROSARIO DI RAIMONDO

 
 “Da tre anni mio figlio disabile è prigioniero in casa, ma ho vinto la mia battaglia”. La guerra di Mara Valdrè è cominciata in una piccola casa a Ozzano Emilia. E la sua storia è arrivata fino ai piani alti del Quirinale. “Nel 2009 chiesi al Comune di poter costruire una rampa per disabili che dal parcheggio, di mia proprietà, arrivasse fino a casa. Mi hanno negato il permesso per occupazione di suolo pubblico”.

Ma il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto, le ha dato ragione e oggi il geometra del Comune che non diede il permesso è indagato per abuso d’ufficio. Una storia fatta di burocrazia, carte bollate e ordinanze. Che sembrava esser partita col piede giusto: “La prima volta ho chiesto di fare una piccola rampa per mio figlio, e col Comune c’era stato un tacito consenso – racconta Mara – Poi, però, da alcuni operatori sanitari mi è stato consigliato di fare una rampa più grande, in modo che potesse passare anche una barella. Ma in questo caso i tecnici comunali non hanno accolto la mia richiesta, contestando l’uso privato di uno spazio pubblico. Ma quel parcheggio è di mia proprietà!”.
Il progetto non è stato autorizzato. La signora Valdrè però non si è arresa, e i suoi avvocati hanno lavorato su due fronti, uno civile e l’altro penale. Il legale Maura Nicolì ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, che proprio in questi giorni ha bocciato l’ordinanza del Comune. Mara, dal canto suo, nell’attesa della decisione,

 

si era rivolta persino al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Ho scritto che questi sono stati tre anni d’inferno, che mio figlio è prigioniero in casa. Mi hanno risposto dalla segreteria del Presidente, dicendomi che la mia pratica era appunto al Consiglio di Stato. Poi per fortuna è arrivata questa sentenza. Già nel 2010 dimostrai che il parcheggio era di mia proprietà”.
Ma c’è anche l’aspetto penale, su cui ha aperto un fascicolo il pm Antonello Gustapane. “Le indagini sono ancora in corso – dice l’avvocato di Mara, Francesco Miraglia – Al momento è indagato per abuso d’ufficio il geometra del Comune, e il pm ha in mano una relazione che dimostra come quella proprietà è privata”. “Io ho denunciato anche l’ingegnere dell’amministrazione e il sindaco Loretta Masotti – conclude Mara – Proprio il sindaco disse che quel parcheggio era pubblico, nonostante avessi dimostrato il contrario”.

(09 maggio 2012)

Prete nega frequenza della chiesa a parrocchiana per non farle incontrare la figlia sottrattap

29 apr – E.B. ha alle spalle una storia di litigi con l’ex marito, quindi il rapporto conflittuale secondo i canoni del servizio sociale va punito con l’allontanamento del minore, pertanto si trova a dover effettuare gli incontri con la propria bambina in spazi “protetti”.
Inconcepibilmente la persona che assiste a questi incontri non appartiene al servizio sociale locale, ma è membro di una associazione cattolica a scopo umanitario ed ancora più inconcepibilmente relaziona il servizio sociale sull’andamento degli incontri, fino al giorno in cui il tribunale dei minori sulla scorta delle relazioni del servizio pone la figlia di E.B. in stato di adottabilità.
Fino a qui la prassi adottata dal t.d.m. non sorprende più di tanto a detta di Antonella Flati, presidente dell’associazione Pronto Soccorso Famiglia poiché il meccanismo di decisione è ormai noto ai più. Quello che invece sorprende e sconcerta è che la persona che in seguito adotterà questa bambina, è la stessa che relazionava il servizio sociale sull’andamento degli incontri. La Flati quindi rimarca la palese incongruenza dell’operato del tribunale dove con chiaro conflitto d’interesse fa adottare un minore a chi ha relazionato (forse) contro la madre o che comunque è stato parte in causa nella relazione che ha portato il giudice a dichiarare l’adottabilità del minore. Ma ora veniamo, oltre al danno, alla beffa…
Il parroco, che per ovvi motivi è al corrente della situazione stante l’appartenenza dell’adottante ad ente cattolico, a seguito di un incontro tra le parti avvenuto durante l’officiazione della messa, a fine del rito e per fortuna in privato, si sia rivolto a E.B. imponendole di cambiare parrocchia in ottemperanza a suo dire alle disposizioni del giudice. E.B. si rivolge pertanto ad un famoso avvocato di Modena, Francesco Miraglia, membro anch’egli dell’associazione Pronto Soccorso Famiglia insieme ad Antonella Flati, affinchè contatti il parroco di cui sopra per chiedere contezza della imposizione a cui E.B. deve sottostare. Il parroco, con una missiva da parte del proprio legale, conferma la propria decisione e ribadisce l’ottemperanza alle disposizioni di legge.
Comunicato Stampa ASS. PRONTO SOCCORSO FAMIGLIA ONLUS