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“Evoluzione del diritto di famiglia: La riforma Cartabia e la promozione della coordinazione genitoriale”

 

La Legge 206/2021, più nota come riforma Cartabia, ha rivoluzionato il processo di famiglia cercando di modellare gli istituti processuali alle problematiche concrete determinate dalla crisi di un nucleo familiare. Tra i problemi più evidenti nella fase post-separazione, ad esempio, c’è la difficoltà degli ex-coniugi di concordare orari e luoghi delle attività dei propri figli e, più in generale, le scelte educative da portare avanti nell’interesse dei minori. Lo strumento utilizzato per ovviare a questa difficoltà è il piano genitoriale (art 473 bis.12 ultimo comma c.p.c.) introdotto dalla riforma Cartabia, che deve essere allegato al ricorso e che indica gli impegni e le attività quotidiane dei figli relativi al percorso educativo, alla scuola, alle attività extrascolastiche, alle frequentazioni abituali e alle vacanze normalmente godute. In caso di discordanza tra i piani dei genitori, il giudice “può formulare una proposta di piano genitoriale tenendo conto di quelli allegati dalle parti”. L’accettazione del piano proposto dal giudice obbliga le parti a osservarne il contenuto. Il mancato rispetto delle condizioni, infatti, costituisce un comportamento sanzionabile con le misure previste dall’art.473-bis.39.

È importante che il piano genitoriale venga inteso in primo luogo come un’occasione di riflessione da parte dei genitori per ripensare a come vivere il loro nuovo status di genitori post-separazione o divorzio, e in secondo luogo come un progetto sull’esercizio della responsabilità genitoriale.

In questo contesto, la riforma Cartabia ha assegnato ampio spazio alle ADR (Alternative Dispute Resolution), un insieme di tecniche quali l’arbitrato, la mediazione civile, il negoziato e la mediazione familiare che si propongono come strumenti di risoluzione alle controversie alternativi al procedimento giudiziale ordinario.

In particolare, la riforma prevede al comma 23, lettera ee, la facoltà per il Giudice di nominare un professionista che offri supporto al Giudice nel superamento dei conflitti, nell’ausilio dei minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra i genitori e i figli. Nello specifico, la riforma prevede che queste figure professionali – formatisi ai sensi della legge 4/2013 – abbiano specifiche competenze in materia di diritto di famiglia, minori e violenza domestica, e abbiano l’obbligo di interrompere la mediazione familiare qualora emergano forme di violenza.

Nella legge non si fa menzione specifica alla Coordinazione Genitoriale, ma il riferimento a questa tecnica di risoluzione al conflitto è chiaro.

Come definito dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia, la coordinazione genitoriale

 

è un processo di risoluzione alternativa delle controversie (c.d. ADR) centrato sul bambino attraverso il quale un professionista della salute mentale o di ambito giuridico, con formazione ed esperienza nella mediazione familiare, aiuta i genitori altamente conflittuali ad attuare il loro piano genitoriale, facilitando la risoluzione delle controversie in maniera tempestiva, educandoli in merito ai bisogni dei loro figli e, previo consenso delle parti e /o del giudice, prendendo decisioni all’interno dell’ambito dell’ordine del tribunale o del contratto di incarico ricevuto. L’obiettivo globale della coordinazione genitoriale è assistere i genitori con alto livello di conflitto ad attuare il loro piano genitoriale, monitorare l’osservanza dello stesso, risolvere tempestivamente le controversie riguardanti i loro figli e l’attuazione del piano genitoriale nonché proteggere, salvaguardare e preservare una relazione genitore-bambino sicura, sana e significativa. La coordinazione genitoriale è un processo di risoluzione alternativa delle controversie incentrata sulla tutela della salute, che integra la valutazione, l’educazione, la gestione del caso, la gestione del conflitto e, talvolta, integra funzioni decisionali (Ordine Psicologi Lombardia, 2024).

 

La coordinazione genitoriale si applica a un sistema familiare nel suo insieme, sia come famiglia separata, che come famiglia ricostituita o allargata. Promuove il dialogo tra le figure professionali che appartengono a diversi ambiti quali l’ambito psicologico, giuridico e sociale affinché i genitori possano essere coadiuvati nelle scelte che riguardano i figli e nell’applicazione di quanto prevedono le disposizioni emesse dall’Autorità Giudiziaria.

La figura di un Coordinatore Genitoriale è necessaria in casi in cui la mediazione familiare non ha avuto successo, quando ai figli viene negato il contatto fisico e/o emotivo con un genitore e quando il conflitto si rivela persistente, pervasivo e intenso, vale a dire caratterizzato da aggressività e sentimenti di ostilità che fanno sì che la coppia non raggiunga alcun accordo.

L’incarico del Coordinatore può aver luogo sia da parte del tribunale, sia su incarico delle parti. La durata dell’incarico è di sei mesi rinnovabili fino a un massimo di ventiquattro (CO.ME.TE., 2024)

 

L’efficacia e l’importanza della coordinazione genitoriale è un tema verso il quale occorre sensibilizzare tutti i professionisti che ruotano intorno alle famiglie in conflitto. Un approccio multidisciplinare e collaborativo, infatti, permetterà di gestire i conflitti in maniera più organizzata e costruttiva.

L’efficacia della coordinazione genitoriale è già evidente in molti casi. Nell’ordinanza nella causa civile iscritta al n.52678/2021 V.G., ad esempio, lo Studio Miraglia ha riscontrato ottimi risultati a seguito di un processo di coordinazione genitoriale che ha aiutato i genitori nella creazione di un rapporto più collaborativo e aperto a trovare soluzioni che prendessero in considerazione il benessere del figlio. Inoltre, la sentenza fornisce una dimostrazione empirica di come i molteplici aspetti che spesso i genitori in conflitto insistono nel voler portare nel giudizio possano essere spostati in altri ambiti di risoluzione che garantiscano l’effettiva presa in carico e successivamente la concreta risoluzione del conflitto.

In questo senso, la riforma Cartabia apporta notevoli cambiamenti che si presentano come strumenti volti a conferire maggiore efficienza nei procedimenti relativi alle persone e alla famiglia.

 

Francesco Miraglia

REFERENZE

 

Ordine Psicologi Lombardia (2024), “La Coordinazione Genitoriale”. Disponibile al seguente link: https://www.opl.it/public/files/11516-Appendice_Coordinazione_Genitoriale_definizione_obiettivi_2018.pdf

 

CO.ME.TE – Associazione Nazionale (2024), “La Riforma Cartabia e il processo di famiglia: le tecniche alternative alla risoluzione del conflitto”. Disponibile al seguente link: https://www.comete-nazionale.it/la-riforma-cartabia-e-il-processo-di-famiglia-le-tecniche-alternative-alla-risoluzione-del-conflitto/

“La Legge Mancino e il Linguaggio Inclusivo: Verso una Società di Uguaglianza e Rispetto”

La Legge del 25 giugno 1993, n. 205 detta anche legge Mancino, dal nome dell’allora ministro dell’Interno che ne fu proponente, Nicola Mancino, è un atto legislativo della Repubblica Italiana che sanziona e condanna frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all’odio, alla violenza, la discriminazione e la violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.

La legge Mancino non è la prima legge in materia di discriminazione in Italia: l’art. 3 della Costituzione, infatti, garantisce il diritto all’uguaglianza. Già nel 1975, con la legge n. 654, era stata recepita nell’ordinamento italiano la Convenzione di New York sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 1966. La legge puniva con una reclusione da uno a quattro anni chi diffondeva “in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale” e “chi incita in qualsiasi modo alla discriminazione, o incita a commettere o commette atti di violenza o di provocazione alla violenza, nei confronti di persone perché appartenenti a un gruppo nazionale, etnico o razziale”.

Con la legge 101 del 1989, l’articolo della legge del 13 ottobre 1975 n.654 si estese anche alle “manifestazioni di intolleranza e di pregiudizio religioso”. Nel 1993, proprio con l’art. 1 della legge Mancino, l’articolo fu riformulato: “È punito con la reclusione da uno a quattro anni:

  1. a) chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico;
  2. b) chi, in qualsiasi modo, incita alla discriminazione o all’odio, o incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza”.

La legge Mancino inoltre vieta “ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni”.

L’obiettivo della norma è tutelare il rispetto della dignità umana e del principio di uguaglianza nazionale, etnica e religiosa. La norma punisce qualsiasi condotta di propaganda sulla superiorità nonché l’istigazione e la propaganda di fatti o attività atte a provocare violenza.

 

Nel contesto sociale in cui viviamo è sempre più importante adottare un linguaggio che non sottolinei le differenze, creando concetti di superiorità e inferiorità e quindi perpetuando cicli di ineguaglianza e gerarchia, ma che crei una forma di comunicazione ispirata ai principi di uguaglianza, che valorizzi l’unicità dei singoli individui e delle loro esperienze. È necessario, dunque, adottare un linguaggio inclusivo che non produca generalizzazioni che sono lesive dei principi di pari opportunità.

In aggiunta a questo, è necessario sottolineare la pericolosità dietro la diffusione di contenuti discriminatori su piattaforme televisive che amplificano ulteriormente queste generalizzazioni, normalizzando e diffondendo concetti che non fanno altro che semplificare e banalizzare la complessità della realtà. Occorre dunque offrire delle informazioni oggettive e rigorose affinché gli individui possano informarsi e conoscere un fenomeno o un aspetto della realtà senza che le loro opinioni vengano polarizzate.

 

A questo proposito, le affermazioni di Mauro Corona durante la trasmissione di Bianca Berlinguer riflettono una forma di comunicazione che sebbene possa essere stata concepita a fin di bene, finisce per creare una disparità. Di fatto, parlare di inferiorità implica che un gruppo di individui, in questo caso un genere, è inferiore rispetto a un altro.

Smettere di categorizzare la realtà in opposti ci permetterà di sradicare un sistema linguistico, e successivamente sociale e politico, che al momento non ci permettere di vedere oltre i limiti che noi stessi imponiamo alle cose etichettandole come migliori o peggiori, superiori e inferiori e non diverse, o semplicemente uniche.

 

Dal punto di visa legale, la natura discriminatoria delle affermazioni di Corona rientra nella normativa vigente, in particolare nella Legge Mancino (L. 205/1993) e nell’art. 604-bis del Codice Penale, che sanzionano comportamenti discriminatori e incitanti all’odio.

Tuttavia, ci sono delle parti di queste leggi che dovrebbero essere ulteriormente integrate e rafforzate affinché possano proteggere in maniera più efficace la comunicazione discriminatoria. A questo proposito si avanzano delle proposte di integrazione dell’Art. 604-bis che introducano:

 

  1. un nuovo articolo di legge che sancisca esplicitamente il divieto di comunicazione discriminatoria di genere nei mezzi di comunicazione di massa di qualsiasi natura, con particolare attenzione ai programmi televisivi e radiofonici;
  2. pene severe pecuniarie e detentive, inclusa la reclusione fino a 5 anni, per chiunque sia responsabile della produzione o diffusione di tali contenuti; l’obbligo di allontanamento immediato dal lavoro e l’esclusione permanente dall’albo di appartenenza per i professionisti coinvolti nella diffusione di tali contenuti;
  3. un meccanismo di controllo e monitoraggio dei contenuti trasmessi, con potere di intervento immediato da parte delle autorità competenti.

 

È fondamentale chiarire che le proposte avanzate non intendono limitare in alcun modo la libertà di espressione, ma piuttosto garantire che questa venga esercitata nel rispetto dei diritti e della dignità di ogni individuo affinché si possa costruire attivamente una società equa, giusta, che garantisca i diritti umani universali.

È inoltre fondamentale specificare che la chiave affinché cambi la cultura di una nazione è l’istruzione. Insegnare significa decidere di raccontare una storia che privilegi le differenze e le veda come fonte di crescita e di ricchezza piuttosto che come elemento di competizione e di avversità.

Una volta avvenuto un cambiamento strutturale nel linguaggio che adottiamo e quindi nella narrazione dei fenomeni che raccontiamo si potranno verificare cambiamenti sociali, e in seguito economici che valorizzino l’unicità di un individuo, non più legata al suo sesso. Ai cambiamenti linguistici, sociali ed economici si integrerà un nuovo modo di vedere e di intendere la politica come il complesso apparato che amministra e gestisce un popolo il cui fine ultimo è la difesa e tutela dei diritti di tutte le persone che lo compongono.

Francesco Miraglia

 

 

Francesco Miraglia  in Diretta Streaming: “Manipolazioni Mediatiche e l’Odio in TV”

Stasera alle ore 21, in diretta streaming, si terrà un importante dibattito sul tema delle manipolazioni mediatiche e dell’odio in TV, organizzato dall’Associazione Papà Insieme. Questo evento è stato promosso in risposta alle recenti polemiche scatenate dalle dichiarazioni di Mauro Corona durante la trasmissione “È sempre Carta Bianca”. L’obiettivo è approfondire la questione e proporre soluzioni concrete per contrastare la diffusione di contenuti discriminatori nei media.

Tra gli altri, interverrà  Francesco  Miraglia sulla Legge Mancino e le Dichiarazioni di Mauro Corona

Nel contesto delle polemiche suscitate dalle dichiarazioni di Mauro Corona durante la trasmissione “È sempre Carta Bianca”, è fondamentale richiamare l’attenzione sulla normativa vigente e sulla necessità di ulteriori misure per contrastare la diffusione di contenuti discriminatori. La Legge del 25 giugno 1993, n. 205, comunemente nota come legge Mancino, è un atto legislativo della Repubblica Italiana che sanziona e condanna frasi, gesti, azioni e slogan aventi per scopo l’incitamento all’odio, alla violenza, alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali.

La legge Mancino non è la prima normativa italiana in materia di discriminazione. L’art. 3 della Costituzione garantisce il diritto all’uguaglianza e, già nel 1975, con la legge n. 654, l’Italia aveva recepito la Convenzione di New York sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 1966. Tale legge puniva con la reclusione da uno a quattro anni chi diffondeva “idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale” e chi incitava alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici o nazionali.

Con la legge 101 del 1989, l’articolo della legge del 1975 fu esteso alle “manifestazioni di intolleranza e di pregiudizio religioso”. Nel 1993, con l’art. 1 della legge Mancino, l’articolo fu riformulato per includere le seguenti sanzioni:

Reclusione da uno a quattro anni per chi diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico. Reclusione per chi incita alla discriminazione o all’odio, o incita a commettere violenza o atti di provocazione alla violenza. La legge Mancino inoltre vieta “ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.” Chi partecipa a tali organizzazioni è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, mentre i promotori o dirigenti sono puniti con la reclusione da uno a sei anni. Nel contesto sociale attuale, è cruciale adottare un linguaggio che non sottolinei le differenze, evitando di creare concetti di superiorità e inferiorità. Questo approccio perpetua cicli di ineguaglianza e gerarchia. Invece, la comunicazione dovrebbe ispirarsi ai principi di uguaglianza e valorizzare l’unicità dei singoli individui e delle loro esperienze. È essenziale un linguaggio inclusivo che eviti generalizzazioni lesive dei principi di pari opportunità.

Le dichiarazioni di Mauro Corona durante la trasmissione di Bianca Berlinguer, sebbene possano essere state concepite a fin di bene, finiscono per creare una disparità. Parlare di superiorità implica automaticamente che un gruppo di individui, in questo caso un genere, è inferiore rispetto a un altro. Dal punto di vista legale, le affermazioni di Corona rientrano nella normativa vigente, in particolare nella Legge Mancino e nell’art. 604-bis del Codice Penale, che sanzionano comportamenti discriminatori e incitanti all’odio. Tuttavia, queste leggi dovrebbero essere ulteriormente integrate e rafforzate per proteggere più efficacemente contro la comunicazione discriminatoria. A tal proposito, si avanzano le seguenti proposte di integrazione dell’Art. 604-bis:

Introduzione di un nuovo articolo di legge che sancisca esplicitamente il divieto di comunicazione discriminatoria di genere nei mezzi di comunicazione di massa, con particolare attenzione ai programmi televisivi e radiofonici.  Pene severe pecuniarie e detentive, inclusa la reclusione fino a 5 anni, per chiunque sia responsabile della produzione o diffusione di tali contenuti. L’obbligo di allontanamento immediato dal lavoro e l’esclusione permanente dall’albo di appartenenza per i professionisti coinvolti.

Implementazione di un meccanismo di controllo e monitoraggio dei contenuti trasmessi, con potere di intervento immediato da parte delle autorità competenti. È fondamentale chiarire che queste proposte non intendono limitare in alcun modo la libertà di espressione, ma piuttosto garantire che questa venga esercitata nel rispetto dei diritti e della dignità di ogni individuo. Solo così si può costruire una società più equa e giusta, che garantisca i diritti umani universali.

La chiave per il cambiamento culturale di una nazione risiede nell’istruzione. Un linguaggio che valorizzi le differenze come fonte di crescita e ricchezza, piuttosto che elementi di competizione e avversità, può portare a cambiamenti strutturali nel linguaggio, nella società e nella politica. Questo nuovo approccio può infine portare a un sistema politico che difende e tutela i diritti di tutte le persone che compongono la nostra comunità.

“Solo attraverso un linguaggio che abbraccia le differenze possiamo spezzare le catene della discriminazione e costruire una società dove ogni voce è ascoltata e rispettata.”

                                                                   Francesco Miraglia

Reggio Calabria, 8 maggio alla libreria “Libro Amico” la presentazione del libro sulla disabilità “Ci sono anch’io” di Daniela Vita e Francesco Miraglia

Prima di tutto, desidero esprimere la mia gratitudine alla libreria “Libro amico” per averci dato questa meravigliosa opportunità e per l’eccezionale ospitalità che ci ha permesso di ritrovarci qui stasera.

Voglio ringraziare ciascuno di voi per essere qui, per la vostra presenza e per condividere con noi questo momento significativo.

Un ringraziamento speciale va agli altri relatori e all’Avvocato Ernesto Siclari, che ci onora con la sua presenza.

Il libro che presentiamo oggi è dedicato a chi cerca conoscenza e comprensione, per imparare prima a capire e poi ad agire di conseguenza. Racconta la storia di Sara, una ragazza disabile, che affronta la sua diversità giorno per giorno, mostrando gli sforzi e la forza interiore necessari per non lasciarsi abbattere e per vivere con dignità.

Attraverso la storia di Sara, il libro invita a riflettere sull’unicità di ogni persona, sul diritto alla diversità e sulla libertà di espressione in un contesto di eguaglianza.

Affermare “ci sono anch’io” è riconoscere la nostra unicità e trovare la nostra voce, anche quando può sembrare difficile farla sentire da soli.

Quest’opera si propone come un viaggio attraverso i principi di diritto che sono alla base della tutela delle persone, spesso trascurati e che richiedono di essere rafforzati senza cadere nella retorica.

In una prospettiva sociale e inclusiva, molto è stato fatto ma molto rimane ancora da fare. Il nostro libro esplora le diverse sfaccettature della disabilità, trattando il tema non solo come una questione di diritti, ma anche come una profonda espressione della diversità umana.

Si propone di sfidare i pregiudizi e di aprire un dialogo costruttivo sull’importanza delle differenze nella nostra società.

È fondamentale considerare la disabilità come parte naturale della vita umana, promuovendo l’inclusione a partire dalle scuole, per assicurare che bambini con e senza disabilità crescano insieme, apprezzando le diversità e sviluppando un senso di uguaglianza.

Gli educatori devono essere formati per soddisfare le esigenze di tutti gli studenti e utilizzare materiali didattici accessibili. È essenziale garantire che tutti gli spazi pubblici, i luoghi di lavoro, i trasporti e le piattaforme digitali siano completamente accessibili a persone con diverse disabilità.

Dobbiamo anche rafforzare le leggi che proteggono i diritti delle persone disabili e assicurare loro piena attenzione e supporto.

Recentemente, un episodio di esclusione di studenti disabili da una gita scolastica ha evidenziato quanto sia ancora lungo il cammino verso una società veramente inclusiva. Questi sono gli atteggiamenti e le politiche che il nostro libro sfida e contro cui lotta.

“Ci sono anch’io” ci insegna che l’inclusione non è un privilegio, ma un diritto. Ogni individuo, indipendentemente dalle sue abilità, ha il diritto di partecipare pienamente alla vita sociale ed educativa.

Dietro ogni disabilità si nascondono sogni, speranze e storie di resilienza che meritano di essere ascoltate. Ascoltiamole con il cuore aperto e lasciamoci ispirare dalla loro forza e determinazione.

Quando un bambino con disabilità partecipa a una gita scolastica, non solo apprende lezioni fuori dalla classe, ma insegna a tutti noi una lezione preziosa sull’inclusione, sulla forza e sulla gioia pura di essere riconosciuti come parte del gruppo.

Grazie ancora per essere qui con noi stasera. Spero che la lettura di questo libro vi ispiri tanto quanto la scrittura ha ispirato me.

Francesco Miraglia

Reggio Calabria: 8 maggio  “Ci sono anch’io” La disabilità è una dimensione della diversità umana.

In una serata che permette di essere non solo un evento culturale ma un vero e proprio viaggio nel cuore dell’umanità, la libreria “Libro Amico” di Reggio Calabria si prepara ad accogliere la comunità per la presentazione del libro “Ci sono anch’io: La disabilità è una dimensione della diversità umana.

Quest’opera che si dipana attraverso le pagine scritte con dedizione e sensibilità da Daniela Maria Vita e Francesco Miraglia, sarà al centro di una serata di riflessione il prossimo 8 maggio 2024.

Questo importante volume, esplora le molteplici facce della disabilità, trattando il tema non solo come una questione di diritti ma anche come una profonda espressione della diversità umana. Il libro si propone di sfidare i pregiudizi e di aprire un dialogo costruttivo sull’ inclusione  e sul valore delle differenze  all’interno della nostra società.

La presentazione vedrà la partecipazione di una serie di relatori di spicco.

Gina Raglianti, Presidente dell’associazione AUSER “La Vita è Bella”, introdurrà l’evento con le sue riflessioni sull’importanza del sostegno comunitario nelle dinamiche dell’inclusione sociale.

L’Avvocato Ernesto Siclari, Garante Regionale dei diritti delle persone con disabilità, discuterà le implicazioni legali e i diritti fondamentali legati al tema della disabilità.

Il dibattito sarà moderato da Lillo Sergi, figura conosciuta nel panorama culturale locale, che guiderà la conversazione tra gli ospiti e il pubblico, assicurando uno scambio proficuo e informativo.

Inoltre, la psicologa Cinzia Barreca arricchirà la discussione con il suo punto di vista professionale sulle questioni psicologiche connesse alla disabilità e all’inclusione.

“Ci sono anch’io” si rileva quindi un’opera di grande attualità e necessità che interpella direttamente la comunità e la invita a riflettere ed agire in modo più consapevole e inclusivo.

21 aprile, Natale di Roma, il Premio Roma Eterna 2024

 

Desidero esprimere la mia più profonda gratitudine per il riconoscimento ricevuto oggi, in questa splendida occasione che celebra la grandezza e la storia di Roma, la città eterna. È per me un onore ricevere questo premio in una città che è stata testimone di secoli di cultura, arte e innovazione.

 

Ringrazio sinceramente Area Cultura & I.C.I.  per questo onore. Sono grato per il sostegno e la fiducia che mi avete dimostrato. Questo riconoscimento rafforza la mia determinazione a continuare il lavoro che svolgo con passione.

 

Un ringraziamento speciale va ai miei colleghi, mentori e alla mia famiglia, che mi hanno supportato in ogni passo di questo viaggio. Senza il loro costante supporto, non sarei qui oggi.

 

Infine, vorrei dedicare questo premio alla città di Roma stessa, che continua a ispirare e affascinare tutti coloro che hanno la fortuna di conoscerla. Grazie per avermi accolto e per continuare a essere una fonte di ispirazione senza tempo.

 

Grazie ancora a tutti per questo incredibile onore.

Francesco Miraglia