Roma, 25 maggio 2025 – Ci sono persone che non si limitano a osservare il mondo, ma scelgono di cambiarlo, passo dopo passo, parola dopo parola. Tra queste c’è Francesco Miraglia, che sarà insignito del prestigioso Premio “Liberi e Forti – con sprint nella vita”, giunto alla sua IV edizione.
Il premio verrà conferito giovedì 29 maggio 2025, alle ore 15:30, presso la Sala Tevere della Regione Lazio, in Via Cristoforo Colombo 212, Roma. A guidare l’evento sarà Elisa Pepè Sciarria, in una serata carica di emozioni, dove musica, moda e solidarietà si intrecciano per rendere omaggio a chi ha fatto della propria vita una missione sociale.
Il riconoscimento arriva anche grazie al forte impatto del libro di Francesco Miraglia, “Ci sono anch’io – La disabilità è una dimensione della diversità umana” (2024, Armando Editore,), un’opera che raccoglie storie vere di vita, fragilità e resistenza. Attraverso testimonianze autentiche, il libro accende i riflettori su un’umanità spesso invisibile, mostrando che la disabilità non è una condizione da nascondere, ma una delle tante forme attraverso cui si esprime la diversità umana.
Con parole che arrivano dritte al cuore, Miraglia denuncia ingiustizie, solitudini e silenzi istituzionali, ma anche la forza e la voglia di riscatto di chi vive ogni giorno con dignità, nonostante tutto. “Ci sono anch’io” non è solo un titolo: è un’affermazione potente, un atto di presenza e di coraggio.
Promosso da MTM Events, World for Special, ANILD, con il sostegno del Consiglio Regionale del Lazio, il Premio rende omaggio a chi, come Francesco Miraglia, ha saputo trasformare l’ascolto in azione, la scrittura in giustizia, e la sua voce in uno spazio di libertà per tanti.
RENDE (CS) – Nella giornata di ieri, l’Aula Magna gremita dell’Università della Calabria ha ospitato un confronto intenso sul delicato tema della violenza domestica e delle conseguenze giudiziarie per le madri denunciatrici. Al centro del dibattito il libro “Ma il problema sono io?!”, scritto da Francesco Miraglia e Daniela Vita, edito da Armando Editore.
L’evento, promosso dal Dipartimento di Matematica e Informatica (DEMACS), ha visto la partecipazione di numerosi rappresentanti istituzionali e professionali: tra questi, l’europarlamentare Giusi Princi (in collegamento da Bruxelles), l’assessore regionale all’Istruzione Maria Stefania Caracciolo, il Sostituto Procuratore Eugenia Belmonte e il Dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale Loredana Giannicola. Presenti anche docenti e pedagogisti, tra cui la professoressa Ines Crispini e il professor Giovanbattista Trebisacce.
Nel suo intervento, Francesco Miraglia ha spiegato come il libro raccolga testimonianze di donne che, dopo aver denunciato abusi, si ritrovano a subire una seconda forma di violenza: quella esercitata da un sistema giudiziario che spesso le giudica inaffidabili. “La frase ‘Ma il problema sono io?!’ è il grido di chi si sente abbandonata dalle stesse istituzioni a cui aveva chiesto aiuto”, ha detto l’autore.
Il convegno ha offerto uno spazio di riflessione importante sul fenomeno della vittimizzazione secondaria, evidenziando la necessità di un cambiamento culturale nelle prassi legali e sociali. Accuse come quella di essere “madri ostative” o “manipolatrici” ricadono spesso sulle vittime, aggravando il trauma anziché sanarlo.
A chiudere i lavori, il professor Trebisacce ha lanciato un appello alla responsabilità collettiva: “La giustizia deve proteggere, non punire. Questo libro è un atto educativo e politico, che ci chiama a riflettere sul senso profondo delle nostre istituzioni”.
L’iniziativa si è confermata un momento di forte impatto civile, capace di unire accademia, magistratura, educazione e cittadinanza in un dialogo urgente su una ferita sociale ancora aperta.
Giovedì, 22 maggio, alle ore 21:00 andrà in onda una puntata speciale dedicata al controverso tema del “Sistema Bibbiano”, trasmessa su QTV – Qui Radio Londra TV, visibile sul canale 244 del digitale terrestre Smart TV e in streaming su www.quiradiolondra.tv .
Alla trasmissione, condotta da Emanuele Mengarelli, prenderanno parte Francesco Miraglia – noto per essere uno dei principali accusatori del “Sistema Bibbiano” – il già Magistrato Michele Nardi e la Dottoressa Baiocchi.
Al centro del dibattito ci sarà una delle vicende più inquietanti degli ultimi anni, che ha sollevato gravi interrogativi sulla gestione degli affidi dei minori, il ruolo dei servizi sociali e la responsabilità della magistratura. Sarà un’occasione per analizzare un sistema che, secondo molte denunce, avrebbe permesso la sottrazione ingiustificata di bambini alle proprie famiglie, in nome di interessi economici e dinamiche di potere.
Francesco Miraglia porterà la sua testimonianza e la sua esperienza maturata in anni di battaglie in difesa dei minori, denunciando pubblicamente un meccanismo che ha definito “perverso”, basato su perizie costruite ad arte, relazioni quanto meno discutibili e decisioni giudiziarie superficiali o ideologicamente orientate.
Si parlerà inoltre della responsabilità dei giudici, spesso al centro di decisioni che hanno cambiato la vita di intere famiglie, ma raramente chiamati a rispondere dei propri errori. Verranno affrontate anche le gravi distorsioni nel lavoro di alcuni servizi sociali, accusati di aver operato senza sufficiente controllo e trasparenza, contribuendo ad alimentare un sistema che, secondo l’inchiesta, avrebbe favorito l’allontanamento ingiustificato di minori per interessi non sempre leciti.
Una puntata forte, senza filtri, che promette di riaccendere l’attenzione su un caso che non può e non deve essere dimenticato.
Salone Internazionale del Libro di Torino, dove insieme a Daniela Vita abbiamo presentato i nostri libri “Ci sono anch’io” e “Ma il problema sono io?”, pubblicati da Armando Editore.
Due progetti nati per parlare di diritti delle persone con disabilità e violenza domestica, con l’obiettivo di offrire strumenti, consapevolezza e una voce a chi troppo spesso non ne ha.
Grazie a chi ha partecipato e condiviso con noi questo momento.
Intervista a cura della redazione di L’Italia Giusta – Voci di Legalità e Diritti
FROSINONE, 10 MAGGIO 2025 – Nell’ambito del convegno “Il ricorso al Codice Rosso tra criticità attuative e tutela delle vittime”, organizzato presso il Palazzo Comunale di Frosinone, è stato conferito a Francesco Miraglia il prestigioso Premio Internazionale “Diritti Umani” 2025, promosso dalla Fondazione Club di Londra – Associazione Club d’Italia, con il patrocinio del Comune.
Il riconoscimento, assegnato “per aver dedicato una vita alla giustizia e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei minori”, celebra un percorso fatto di coraggio, denuncia e impegno a difesa dei più vulnerabili.
Cosa significa per te ricevere questo premio?
È una conferma che la strada intrapresa, per quanto faticosa e spesso in salita, è quella giusta. Questo premio non celebra una posizione o un titolo: celebra una scelta. La scelta di stare dalla parte degli ultimi, dei dimenticati, di chi non ha voce. È un riconoscimento che mi emoziona profondamente, ma che mi ricorda anche quanto ancora c’è da fare. Non è un traguardo: è un impegno che si rinnova.
Durante il convegno di Frosinone, dedicato al Codice Rosso, si è parlato di violenza, tutela dei minori e sistema giudiziario. Qual è stata, secondo te, la forza di quell’incontro?
È stato un momento importante, non solo simbolico. Parlare di Codice Rosso in un contesto istituzionale, con relatori autorevoli, è stato utile per mettere in luce le difficoltà concrete nell’applicazione della legge. Si è parlato di vittime vere, di genitori lasciati soli, di bambini non ascoltati. È stato un confronto franco e costruttivo. Il fatto che il premio sia stato consegnato proprio lì, in mezzo a un dibattito così vivo, ha dato ancora più forza al suo significato.
Nel tuo lavoro sei spesso entrato in contatto con famiglie in difficoltà. Qual è, secondo te, il nodo più critico del sistema?
Il punto più doloroso è la fragilità istituzionale quando si parla di famiglie e minori. Troppo spesso madri, padri o genitori che chiedono aiuto vengono visti con sospetto. Si attivano meccanismi di valutazione rapidi, a volte superficiali, che invece di accompagnare le famiglie le colpevolizzano. Il problema degli allontanamenti forzati dei figli, ad esempio, riguarda entrambi i genitori: madri accusate di essere conflittuali, padri dipinti come pericolosi o inadeguati senza prove reali. Spesso, il sistema si dimentica che dietro ogni procedura ci sono persone vere, bambini che subiscono traumi profondi, e genitori che vengono messi da parte senza che nessuno li ascolti davvero.
Hai affrontato questi temi anche nel tuo ultimo libro. Di cosa si tratta?
Il mio ultimo lavoro, scritto insieme a Daniela Vita, si intitola “Ma il problema sono io – La vittimizzazione secondaria ad opera del sistema giudiziario. Violenza domestica e allontanamento dei figli dai genitori”, pubblicato da Armando Editore.
È un libro che racconta storie vere. Storie in cui il sistema, invece di proteggere, punisce chi denuncia. Dove genitori che cercano giustizia si trovano sotto accusa, dove il trauma viene moltiplicato invece che curato. La vittimizzazione secondaria è una realtà dura e spesso taciuta. Ed è fondamentale parlarne, perché finché non verrà riconosciuta, continueremo a perdere non solo la fiducia delle persone, ma anche il senso stesso della giustizia.
Lo presenterai anche al Salone del Libro di Torino. Che significato ha per te questo momento?
È un grande onore. Il Salone Internazionale del Libro di Torino è un luogo dove si incontrano idee, ma soprattutto verità. Portare lì questo libro significa portare un messaggio forte: che la giustizia non può voltarsi dall’altra parte. Spero che chi leggerà quelle pagine riesca a riconoscersi, a trovare forza, o semplicemente a capire cosa succede dietro le quinte del sistema giudiziario, quando smette di essere umano.
Difendere i diritti umani in Italia oggi: è ancora una lotta?
Assolutamente sì. Lo è, forse più che mai. Difendere i diritti umani significa esporsi. Significa scegliere ogni giorno da che parte stare, anche quando è scomodo. E vuol dire anche affrontare la freddezza delle istituzioni, la lentezza della burocrazia, la rigidità culturale. Ma proprio per questo è una battaglia che vale la pena combattere. Perché ogni volta che una persona viene ascoltata, che una verità viene accolta, si fa un passo avanti.
Cosa vuoi dire a quei genitori che oggi si sentono sotto attacco, incompresi, o peggio: dimenticati?
A loro voglio dire: non siete soli. Anche se sembra che il sistema vi abbia traditi, anche se vi fanno sentire “il problema”, sappiate che la vostra voce ha valore. Ci sono persone che lottano per cambiarlo, questo sistema. Genitori, non lasciate che vi facciano dubitare di ciò che sentite. Se vi hanno fatto passare per colpevoli mentre cercavate solo protezione, sappiate che la colpa non è vostra. Continuate a parlare, a cercare ascolto, a far valere la vostra umanità.
Sei stato definito “il grande accusatore” nel caso Bibbiano, il processo Angeli e Demoni ha scosso l’opinione pubblica. Che ruolo hai avuto, e cosa ti ha lasciato quella esperienza?
In quel caso ho solo fatto il mio dovere: portare alla luce ciò che troppe persone ignoravano o fingevano di non vedere. Il mio ruolo è stato quello di ascoltare famiglie distrutte, bambini allontanati, genitori disperati, e dare voce a una verità scomoda. Non cercavo visibilità, ma giustizia. Essere definito “il grande accusatore” è stato il segno di quanto profondamente quel caso avesse toccato un nervo scoperto.
Non voglio entrare nelle dinamiche strettamente processuali, anche perché il processo “Angeli e Demoni” è tuttora in corso e merita rispetto. Ma posso dire con fermezza che, al di là delle responsabilità individuali che saranno accertate in sede giudiziaria, quel caso ha aperto gli occhi su un sistema che in alcuni casi ha agito in modo distorto. E ha dimostrato quanto sia difficile, ma necessario, prendere posizione quando i diritti dei bambini e delle famiglie vengono calpestati. La giustizia, in generale – ma soprattutto la giustizia minorile – ha bisogno di essere meno superficiale, meno approssimativa. Ha bisogno di essere più competente, più preparata, e profondamente equilibrata. Perché quando si decide sul destino di un bambino, ogni leggerezza è una ferita che può durare tutta la vita.
Spesso chi denuncia un abuso finisce per diventare l’accusato. È davvero così frequente questa inversione di ruoli?
Sì, ed è uno degli aspetti più drammatici di tutto ciò che racconto anche nel libro. Capita troppo spesso che chi alza la voce per denunciare una violenza, un pericolo, un maltrattamento, venga poi trascinato in una spirale di sospetto, delegittimazione, attacchi. La vittima diventa “problematica”, “strumentale”, “conflittuale”. E il sistema, invece di proteggerla, la accusa. È la logica rovesciata della vittimizzazione secondaria. E riguarda madri, padri, genitori, cittadini qualunque che chiedono solo giustizia e vengono trattati come nemici del sistema. Questo è inaccettabile. E finché non lo diremo apertamente, continueremo ad alimentare un meccanismo profondamente ingiusto.
Un premio, un libro, un impegno che continua
Il Premio Internazionale “Diritti Umani” 2025 e il libro “Ma il problema sono io” non sono traguardi, ma tappe di un percorso coerente. Francesco Miraglia non si limita a denunciare: agisce, ascolta, scrive, difende. E lo fa per ogni persona che si è sentita respinta da un sistema che avrebbe dovuto proteggerla. Anche attraverso la cultura – come accadrà al Salone Internazionale del Libro di Torino – la sua battaglia continua. Per restituire dignità. Per dare voce. Per non lasciare nessuno indietro.