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Collaborazione tra gli avvocati Francesco Miraglia e Ulpiano Morcavallo per garantire la tutela dei minori in Italia e all’estero.

Occuparmi come avvocato di minori e in particolare di adozioni, affidi è sicuramente un’esperienza arricchente che comporta comunque tanto impegno e dedizione. Non si tratta solo di preparare arringhe, di essere convincenti. Dietro a questa tipologia di argomenti si cela un mondo fatto di sentimenti, aspettative, torti, spesso violenza e sofferenza dove protagonisti non sono solo i bambini ma anche le loro famiglie, fatte di genitori e parenti che hanno bisogno di essere sostenuti, rassicurati e soprattutto aiutati a risolvere i problemi e a non perdersi nei cavilli della giustizia, nelle leggi che non si curano molto dell’aspetto “sentimentale”, “umano” che si cela dietro ad ogni loro storia e con la quale ogni giorno mi confronto. Il desiderio di fare qualche cosa di concreto, la fiducia che ho nella “buona” giustizia, la voglia di collaborare con persone che condividano questo mio pensiero mi ha permesso, nei giorni scorsi, di avviare una collaborazione con l’avvocato Ulpiano Morcavallo, ex Giudice della Corte Suprema di Cassazione. Lavorare insieme, per noi, significa non solo continuare ad aiutare coloro che si trovano in difficoltà ma anche fare sì che vengano apportate a livello nazionale ed europeo delle nuove leggi che tutelino i minori e il loro contesto familiare. Un impegno importante che ci siamo presi e che porteremo anche presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.

Studio Legale Miraglia:

 

Sede di Modena

Tel. +39 059 822698

Fax +39 059 3366455

Cell. +39 388 1053958 ( solo in casi urgenti)

E-mail: info@francescomiraglia.it

E-mail: segreteria.studiomiraglia@gmail.com

PEC: francesco.miraglia@ordineavvmodena.it

Twitter; @miragliainfo

 

Problema dell'aborto

di Avv. Francesco Miraglia
Grazie per quella lettera a un bambino mai nato  Scrivo per ringraziare della lettera “A un bambino mai nato” che avete pubblicato sull’edizione di domenica 23 gennaio in prima pagina del giornale. Ringrazio, principalmente da neo papá ma anche da presidente diocesano di Azione Cattolica, per il coraggio che avete avuto di pubblicare quella lettera, che mette in luce in modo evidente come la scelta di non far nascere un nuovo bambino non sia priva di conseguenze e non si debba prendere “alla leggera”. Una nuova vita, comunque arrivi, è portatrice di quella speranza di cui, come giustamente avete scritto, tutti abbiamo bisogno. Paolo Seghedoni D’accordo, tranne che su quel «comunque arrivi», che potrebbe, se malinteso, far pensare che anche senza la necessaria consapevolezza far figli sia comunque un bene. E purtroppo sappiamo che non è sempre così. (a.r.) ALLARME AMIANTO Modena dal basso vada a perlustrare le ex Fonderie?  Al signor Brugnoli e alla sua associazione “Modena dal basso”, che consigliano il sindaco ad obbligare l’Esercito ad una bonifica dell’Ottavo Campale, consiglierei di farsi un giretto alle ex Fonderie, dove la quantitá di amianto esposta all’aria è ben maggiore di quanto non si verifichi nel sito militare. Per non parlare dell’inquinamento dell’area ex Fonderie sul quale il Comune non ha mai compiutamente informato i cittadini sul tipo di sostanze inquinamti presenti e sulla loro pericolositá. O forse, visto che qui il proprietario è il Comune e non lo Stato, la salute degli abitanti dell’area non è così importante? Giovanni Bortoli FILE ALL’AULS L’obbligo dello specialista assurdo e anticostituzionale  Purtroppo in una così grave situazione di crisi economica e di scelte sempre più discutibili da parte dei Direttori Generali delle Usl, veniamo a conoscenza di una sanitá che si mostra sempre meno dalla parte dei cittadini più bisognosi. Tra gli interventi pubblicati nel giornale da Lei diretto, in questi ultimi giorni c’è quello: “L’Usl: Il medico lo scegliamo noi”. Per risolvere il problema delle lunghe liste di attesa, una delle soluzioni più discutibili è quella di scegliere essa stessa il medico specialista. Conseguenza inevitabile è che l’utente sará costretto a rinunciare al suo medico di fiducia e farsi visitare da un medico non richiesto, che prevedibilmente sará quello senza una lunga lista di attesa. Ció risulta illegittimo oltre che anticostituzionale. E infatti la Costituzione tutela la salute come fondamentale ed irrinunciabile diritto dell’individuo, e in particolar modo prescrive come nessuno possa essere obbligato ad un trattamento sanitario e, nemmeno, quindi, a essere visitato da un medico scelto da altri. I nostri politici e in particolar modo i dirigenti sanitari citano il concetto della salvaguardia del diritto costituzionalmente garantito alla salute, eppure… Mi chiedo, quale funzionario amministrativo, quale dirigente sanitario, quale direttore di un Ausl possa arrogarsi il diritto di sostituirsi al cittadino nella scelta del medico da cui farsi assistere e visitare. Natuaralmente chi non deve fare i conti con la fine del mese, non ha problemi di lista di attesa, se sceglie di rivolgersi a un medico specialista privatamente.

Lavoratori precettati senza avviso colpa dell’Atcm, la Prefettura paga

Caso unico in Italia Ventitrè autisti hanno fatto ricorso e saranno risarciti con 661 euro a testa pari a 15mila euro

Finirà nei volumi della Utet che fanno giurisprudenza, in quanto prima e unica in Italia, la sentenza che ha condannato la Prefettura a rifondere i lavoratori multati. La Prefettura è quella di Modena e la “colpa” è dell’Atcm. Com’è andata? Siamo nel 2003, periodo di forti agitazioni per i lavoratori dipendenti delle aziende pubbliche di trasporto a causa del mancato rinnovo del contratto. Le proteste crescono in tutta l’Italia e anche a Modena. Il 22 dicembre di quell’anno, durante una di queste agitazioni, gli autisti dell’Atcm indicono uno scipero spontaneo a cui aderiscono numerosi, bloccando il trasporto pubblico in città.
L’azienda grida allo “sciopero selvaggio” e chiede la precettazione per i suoi dipendenti. Per precettare dei lavoratori in sciopero (cioè per impedire loro di interrompere il servizio e multare chi non torna al lavoro) l’Atcm si rivolge, come previsto dalla legge, alla Prefettura di Modena che, su richiesta dei dirigenti dell’azienda, dichiara lo sciopero non valido. A quel punto, sempre per legge, l’Atcm, in quanto datore di lavoro, avrebbe dovuto bloccare lo sciopero avvisando i lavoratori di aver ottenuto la precettazione. Ed è proprio qui che qualcosa non ha funzionato.
L’Atcm ha, infatti, considerato precettati i suoi dipendenti ma non li ha avvisati, come doveva, di questa decisione. Qualche mese dopo i lavoratori che avevano aderito allo scioperosi sono visti recapitare una sanzione pecuniaria di 172 euro a testa, per aver violato la precettazione e non aver ripreso il servizio nonostante la protesta fosse stata dichiarata illecita. Dei lavoratori che si sono visti recapitare l’ammenda quasi tutti hanno pagato, non trovando nei sindacati di categoria alcuna indicazione precisa su come muoversi. 23, di loro, invece, hanno fatto ricorso. Ed hanno vinto su tutta la linea.
L’Atcm, infatti – dice la legg – per convalidare la precettazioe ottenuta dalla Prefettura avrebbe dovuto comunicare immediatamente ai lavoratori che lo sciopero era stato dichiarato illegittimo, uilizzando mezzi di informazione, avvisi, affissioni nel luogo di lavoro e tutti i canali possibili, accertandosi anche che la comunicazione risultasse efficace. In aula di tribunale i ricorrenti hanno invece dimostrato il contrario: molti scioperanti, nonostante avessero contattato l’azienda per avere informazioni o si fossero, addirittura, recati sul posto di lavoro non erano venuti a conoscenza del provvedimento.
In sostanza i 23 autisti che avevano fatto ricorso attraverso l’associazione Atala avvalendosi della consulenza legale dell’avvocato Francesco Miraglia, lo hanno vinto e la Prefettura di Modena è stata condannata a rifondere ognuno con 661 euro, comprensivi delle spese legali sostenute, per un totale di più di 15mila euro.

22 settembre 200

Torino: il tribunale schierato contro il minore? Sentenza paradossale che si oppone al diritto del minore alla propria famiglia

Torino: il tribunale schierato contro il minore?
Sentenza paradossale che si oppone al diritto del minore alla propria famiglia

Torino. Solo pochi giorni fa abbiamo commentato una sentenza ineccepibile del tribunale di Trento che aveva restituito i minori alla famiglia garantendo il loro diritto alla propria famiglia sancito dalla legge italiana, dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali. Ma sembra che a Torino le cose non stiano proprio così.
Vediamo di sintetizzare questa vicenda che vede la Corte d’appello non solo “schierarsi” contro il minore, ma anche contro le parti e lo stesso Pubblico Ministero competente, arrivando persino a disporre “ex novo” un collocamento etero-famigliare del minore, andando ben oltre le proprie competenze. Infatti, anche un ragazzino al primo anno di giurisprudenza sa che una Corte d’appello non può emettere un decreto ex novo, ma deve solo valutare l’operato del tribunale di grado inferiore, in questo caso il Tribunale dei minorenni.
Non ripercorreremo tutta la storia di questo bambino e della sua mamma. Diciamo solo che per dei presunti problemi psichici della mamma e per degli altrettanto presunti disaccordi della stessa con i nonni materni, il bambino viene collocato presso una famiglia a 100 chilometri di distanza (cosa che puzza molto e solleva il sospetto di un tentativo dissimulato di adozione) arrivando persino a proporre la procedura di adottabilità. Grazie all’ottimo lavoro dell’avvocato Miraglia e dei suoi collaboratori la vicenda viene chiarita, tanto che si dichiarava non esservi luogo a provvedere sull’adottabilità del minore. Ed è qui che interviene come una mazzata a ciel sereno la decisione della Corte d’Appello che decide, di sua sponta, l’affidamento etero-familiare, sebbene il Pubblico Ministero, unico legittimato, oltre ai parenti del minore, non aveva formulato alcuna domanda in relazione all’instaurazione di un procedimento di volontaria giurisdizione e, tanto meno, rispetto alla disposizione di un affidamento etero-familiare del minore, limitandosi a richiedere la sospensione del procedimento di adottabilità ai fini dell’acquisizione di nuove valutazioni ed il ripristino della frequentazione tra il minore e la madre.
A questo punto alla madre non restava che rivolgersi alla Cassazione per contestare l’assurda sentenza della Corte di Appello. Il ricorso è stato quindi presentato dagli studi Francesco Miraglia del foro di Modena e Ulpiano Morcavallo del foro di Roma che recentemente hanno iniziato una proficua collaborazione nel settore della giustizia minorile.
E leggendo il ricorso si scorgono delle ulteriori gravi irregolarità a svantaggio del minore di soli 10 anni che ha sempre chiesto di ricongiungersi alla madre, anche secondo quanto riferito in sede di CTU: “Gli affidatari evidenziavano difficoltà a relazionarsi con [il bambino][…] in quanto D. si ribellava fisicamente, contestava apertamente il loro ruolo, richiamava il potere decisionale della madre … D. affermava di stare bene, pur dichiarando di voler tornare […] a vivere con la mamma, concetto ripetuto in più occasioni anche senza essere sollecitato dalla stessa”. Non si capisce quindi perché la Corte di Appello abbia voluto impedire, illegittimamente come illustrato sopra, il ricongiungimento con la madre.
Un’altra irregolarità riscontrata è la violazione del principio del necessario ascolto del minore, sancito da lungo tempo nell’ambito delle convenzioni sovranazionali in materia. Sebbene il bambino abbia meno di 12 anni, risulta dotato di capacità di discernimento, se è vero che delle sue esternazioni e opinioni, esposte in sede di CTU e di osservazione socio-psicologica, si è tenuto decisivo conto al fine di ravvisare la sussistenza di un solido legame affettivo con la madre e i nonni materni – sì da escludersi l’esistenza del presupposto fattuale per la dichiarazione dello stato di adottabilità – nonché con riguardo all’individuazione di asseriti sintomi di disagio riconducibili alla problematica relazione con la madre.
Oltre a non rientrare nelle sue competenze, la decisione della Corte in merito all’affidamento etero-familiare appare addirittura contraria alla legge. Infatti l’affidamento etero-familiare dovrebbe essere soltanto in funzione di sostegno alla famiglia di origine del minore nell’ottica di una progressiva opera di reinserimento dello stesso minore nella famiglia di provenienza, e dovrebbe prevedere condizioni di frequentazione quanto più possibile assidue tra il minore affidato e i familiari di origine per consentire la conservazione degli affetti familiari e agevolare il suo reinserimento nel contesto familiare originario. La previsione di una frequentazione minima tra il minore affidato e i familiari originari (madre e nonni materni, che sono gli unici soggetti ad avere partecipato costantemente al percorso di crescita del minore) si pone in patente contraddizione con la finalità del disposto affidamento etero-familiare, risultando per conseguenza irragionevole e difforme rispetto al dettato normativo.
Ed infine il giudice non sembra aver tenuto in debita considerazione gli elementi fattuali che gli sono stati presentati. Si sottolinea infatti l’inconsistenza degli elementi sorprendentemente valorizzati dalla Corte che, in definitiva, ha basato la propria decisione su un’affrettata e a-tecnica diagnosi di psicopatologia della madre del minore e sulla supposta sussistenza di un rapporto conflittuale tra quest’ultima e i suoi genitori, nonni materni del bambino, i quali invece in ogni momento dell’istruttoria sono risultati coltivare un profondo legame affettivo con il bambino e con la madre. La Corte invece, in questa sede, non ha preso in considerazione gli orientamenti affettivi del minore esplicitati anche verbalmente, cioè l’intenso e indistruttibile amore nei confronti della madre, che però, paradossalmente, sono stati considerati dal giudice di prime cure per escludere la sussistenza dello stato di abbandono morale. Inoltre rileviamo un’assoluta carenza di esame, da parte del giudice di appello, delle risultanze e degli esiti degli incontri tra il minore ed i nonni materni, il cui effetto rasserenante per il minore avrebbe dovuto condurre a un esito di pronto reinserimento del bambino nell’ambito familiare originario e, quantomeno, presso i nonni predetti.
Siamo certi che la Suprema Corte porterà ordine in questo garbuglio giurisdizionale riportando la vicenda sui binari normativi standard e soprattutto restituendo il minore alla sua famiglia come da lui ripetutamente richiesto. A volte basterebbe semplicemente ascoltare il minore. La legge lo impone, ma a volte i giudici, confusi nei freddi e complessi tecnicismi giuridici, non riescono ad applicarla nella sua semplicità.
 
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19 APRILE 2012: DISCUSSIONE TESI “IL VOLTO DELL’NDRANGHETA” di FRANCESCO MIRAGLIA

19 aprile 2013
In questi anni ho avuto la fortuna di poter svolgere la mia professione con passione, di incontrare persone che mi hanno arricchito molto dal punto di vista umano. Ho collaborato con professionisti che come me, credono fermamente che i bambini e di conseguenza le loro famiglie vadano protette e sostenute, ancor più in un momento delicato come quello che stiamo vivendo. Spesso mi sono ritrovato ad affrontare casi delicati legati anche ad altre problematiche giudiziarie, ho dovuto affrontare processi in cui sembrava che tutto fosse già stato deciso…ho accettato casi “complessi” legati al mondo delle organizzazioni criminali malavitose, ho combattuto spesso in prima linea, risultando ancheuna persona “scomoda”.
Credo che la voglia, di fare, di mettermi in gioco, il desiderio di “giustizia”, la grinta e la caparbietà siano state delle valide compagne di viaggio nel mio percorso di crescita professionale e grazie a loro ho potuto ottenere i risultati che desideravo e anche riconoscimenti inaspettati.
Risultati che sono anche il frutto di un continuo studio, della volontà e necessità di rapportarsi con le Istituzioni, con le leggi, con un sistema giudiziario complesso in continua evoluzione e che richiede quindi sistematici aggiornamenti e tanta preparazione, indispensabile, credo per riuscire, laddove sia necessario, a trovare nuove e originali soluzioni.
Ed è proprio con questo spirito che lo scorso anno ho deciso di iscrivermi al Corso di “Mediazione criminale e intelligence nell’investigazione” promosso dall’Università della Mediazione di Napoli in convezione con l’associazione CSI – Periti Consulenti Forensi, United Nations Academic Impact Member, Academy School e con la collaborazione  del Politecnico Polisa oltre chedell’Assessorato  Affari Istituzionali  del comune di Vibo Valentia.
Il 19 aprile alle ore 15, presso la sala del Consiglio del Palazzo Luigi Razza discuterò la mia tesi intitolata “Il volto della‘Ndrangheta”. A presiedere la Commissione d’esame saranno iProfessori Saverio Fortunato e Edoardo Maria Piccirilli.
Una tesi, che vede come relatore il Prof. Giuseppe Cinquegrana,antropologo criminale, e che verte su un caso che ho personalmente seguito, conosciuto come “Operazione Sybaris”. Si tratta di una delle più importanti operazioni di Polizia ai danni diquesta organizzazione criminale effettuata nel Cosentino jonico e che vide l’uccisione, il 16 maggio 2001, di Vincenzo Boise da parte di due sicari, mentre si trovava in campagna a bordo di un trattore con il fratello. Fondamentali per la risoluzione del caso furono anche le intercettazioni telefoniche delle quali si fa riferimento nel mio lavoro.
 
 

L’AVVOCATO FRANCESCO MIRAGLIA ASSOLTO DALL’ACCUSA DI DIFFAMAZIONE NEI CONFRONTI DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MODENA

L’AVVOCATO FRANCESCO MIRAGLIA ASSOLTO DALL’ACCUSA DI DIFFAMAZIONE NEI CONFRONTI DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MODENA

Secondo la sentenza il fatto non costituisce reato.

 
“Assoluzione perché il fatto non costituisce reato”. Questo quanto deliberato lo scorso 22 febbraio 2013 nell’aula del Tribunale di Mantova, presieduta dal Giudice Matteo Grimaldi, a seguito del processo che vedeva come protagonista l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena e l’Ordine degli Avvocati della stessa cittadina.
Oggetto del contendere: una lettera dal titolo “Abolire l’Ordine Avvocati?” che lo stesso Miraglia aveva inviato al quotidiano “La Gazzetta” di Modena” e che era stato pubblicato nella sezione cronaca, il 24 gennaio 2006. Nella missiva si faceva riferimento alle elezioni dei membri del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati per l’anno 2006/2007 e veniva sottolineato: “E non per caso nel voluminoso programma dell’Unione, presentato da Prodi, figura in primo piano l’abolizione degli Ordini Professionali, nella fattispecie l’Ordine degli Avvocati, oramai considerati inutili carrozzoni corporativi che difendono, non già l’interesse dei cittadini che hanno a che fare con la giustizia lentissima, discriminante, ingiusta e costosissima, ma un gruppo elitario di avvocati che usano l’Ordine in nome e per conto dei propri interessi. […] La cosa grave è che per noi avvocati non esistono opzioni nel senso di aderire o meno all’Ordine: siamo obbligati a pagare la tassa e a sottolineare, spesso, a prepotenze e/o vendette di chi in quel periodo sta ai vertici. Con l’aggravante di aver recato offesa con il mezzo della stampa”.
Contenuto che aveva destato il malcontento di una ventina di avvocati che si erano quindi resi parte civile e accusato il loro collega di diffamazione richiedendo anche allo stesso il risarcimento dei danni.
Richiesta che però, il Tribunale di Modena ha respinto adducendo che malgrado sia chiaro che il destinatario reale e apparente delle affermazioni dell’imputato sia il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Modena, non vi siano comunque gli estremi del “delitto di diffamazione a mezzo stampa” in quanto l’avvocato Francesco Miraglia, come previsto dalla stessa Costituzione, ha esercitato semplicemente il proprio legittimo diritto di critica, come previsto dalla Costituzione italiana. In particolare nella sentenza si legge: “Nel caso di specie, risultano rispettati tutti i limiti dell’esercizio legittimo del diritto di critica, essendo ravvisabile nelle espressioni utilizzate dall’imputato un nucleo di veridicità (con particolare riferimento alla circostanza che “non esistono opzioni nel senso di aderire o meno all’Ordine”), essendo notorio come l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati sia condicio sine qua non per l’esercizio della professione forense: ovvero alla circostanza che effettivamente nel programma del partito politico citato nella missiva fosse prevista l’abolizione degli Ordini degli Avvocati. Risulta altresì rispettato il limite della continenza, non essendo state utilizzate espressioni trasmodanti in attacchi gratuiti e violenti all’Ordine degli Avvocati di Modena o adoperati termini gravemente oltraggiosi o di dileggio. Infine, deve ritenersi esistente l’interesse pubblico, provenendo le critiche all’Operato del Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Modena da un soggetto iscritto al medesimo Ordine”.

Duro attacco all’Ordine: avvocato assolto dopo sei anni

Il TRIBUNALe: esercitò il suo diritto di critica
L’avvocato modenese Francesco Miraglia è stato assolto dopo sette anni dall’accusa di aver diffamato l’Ordine degli Avvocati Modena per un articolo pubblicati sulla Gazzetta nel quale accusava l’istit..
L’avvocato modenese Francesco Miraglia è stato assolto dopo sette anni dall’accusa di aver diffamato l’Ordine degli Avvocati Modena per un articolo pubblicati sulla Gazzetta nel quale accusava l’istituzione. Il giudice monocratico di Mantova Matteo Grimaldi ha sentenziato che Miraglia ha solo esercitato un diritto di critica, magari in modo pesante ma sicuramente in alcuni punti con un «nucleo di veridicità». La sentenza di assoluzione sarà discussa questa mattina al Consiglio dell’Ordine di Modena che deciderà se appellarsi oppure no. Il caso riguarda un articolo pubblicato sul nostro giornale il 24 gennaio dell’ormai lontano 2006 che commentava l’intenzione del Governo Prodi di abolire gli ordini professionali, «ormai – scriveva Miraglia – considerati inutili carrozzoni corporativi che difendono , non già l’interesse dei cittadini che hanno a che fare con una giustizia lentissima, discriminante e costosissima, ma un gruppo elitario di avvocati che usano l’Ordine in nome e per conto dei propri interessi». L’altro passaggio del suo articolo nel quale l’Ordine ravvisava una chiara diffamazione diceva: «La cosa grave è che per noi avvocati non esistono opzioni nel senso di aderire all’Ordine: siamo obbligati a pagare la tassa e sottostare spesso e volentieri a prepotenze e/o vendette di chi in quel periodo sta ai vertici». «In quel periodo», stando all’espressione di Miraglia, era a capo dell’ordine modenese l’avvocato Picchioni che vide in queste affermazioni una ingiuria al suo operato e a quello del Consiglio. Scattò in seguito la denuncia per diffamazione a mezzo stampa. Nel suo articolo Miraglia indicava come riferimento proprio l’ordine che in quei giorni stava rinnovando il vertice. Tuttavia, il giudice, pur riconoscendo «la gravità delle condotte attribuite» all’ordine, ritiene che Miraglia abbia di fatto esercitato un suo diritto di critica sancito da due articoli della Costituzione (51 e 21). Non solo: il magistrato rileva che la critica «in quanto espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica». Questo limite e l’assenza di attacchi o offese personali fanno sì che «risultino rispettati tutti i limiti dell’esercizio legittimo del diritto di critica essendo ravvisabile nelle espressioni utilizzate un nucleo di veridicità».
Carlo Gregori
04 marzo 2013

Botte e rapina a una lucciola: arrestati

ieri mattina  nel carcere di S. Anna davanti GIP  dott.ssa Losavio si è celebrata l’udienza di convalida dei tre ventenni che nella notte  di giovedì 22 hanno adescato una prostituta rubandogli la borsetta.
Lo stesso giudice, ha deciso di convalidare l’arresto con contestuale applicazione della misura cautelare dell’obbligo di dimora.
A tal proposito, in qualità avvocato di fiducia di uno dei ragazzi coinvolti, nonché  quale stesso cittadino di questa città, sento il bisogno di rivolgermi all’opinione pubblica.
I fatti, senza dubbio sono gravi e odiosi, indice di totale  assenza di senso di responsabilità.
I tre ragazzi hanno ripetutamente definito, durante l’udienza,  una “bravata” la loro azione così dimostrando  di non percepire la gravità della loro condotta.
 È  giusto punire in modo esemplare chiunque commetta reati simili, sarebbe sbagliato, però, criminalizzare tre ragazzi di 20 anni.
Questi comportamenti  di fatto sono  senza dubbio sono la punta dell’iceberg di un malessere dei nostri giovani e della nostra società.
Bisognerebbe chiedersi perché i nostri giovani si rendono protagonisti di simili azioni?
E’ sicuramente giusto che  i tre ragazzi rispondano per le loro responsabilità, per quanto riguarda il mio assistito oltre a chiedere scusa proporremo un risarcimento danno alla donna aggredita, ma sarebbe altrettanto opportuno e giusto che tutti insieme le istituzioni, scuola e politica, si chiedino perché certi episodi accadano?
 E’ solo noia?
O un malessere più grave che colpisce i nostri giovani?
In questi anni, qual è stata la politica a favore dei giovani da parte della nostra amministrazione?
 Qual è la politica giovanile dei nostri  amministratori?
Spero che oltre ai programmi facili e soprattutto pubblicitari, i nostri  assessori provinciali e comunali alle politiche giovanili comincino ad affrontare seriamente la politica dell’abbandono scolastico, la politica del degrado e del precariato giovanile, la politica del tempo libero e la politica della stessa partecipazione.
E’ auspicabile che i nostri amministratori presentino progetti di più ampio respiro, prevedendo una serie di interventi a favore e con i giovani.
I giovani sono il futuro e se è giusto punirli ed educarli è altrettanto giusto aprire spazi e percorsi alternativi… alla noia.
Pertanto come cittadino modenese mi auguro che questa grave vicenda non serva solo a criminalizzare questi 3 ragazzi, ma piuttosto diventi presto terreno di confronto affinché si sensibilizzi maggiormente il rispetto, l’educazione, i valori morali ed etici tra gli uomini e soprattutto tra i nostri giovani.
 

Avv. Francesco Miraglia