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Pavia: bimbo allontanato da casa con la forza

Portato via allo zio da otto carabinieri armati, un’assistente sociale, con fuori ad attendere un mezzo dei vigili del fuoco e un’ambulanza.  L’avvocato Miraglia: «Un dispiegamento di forze così non si usa neanche con i criminali più pericolosi». (PAVIA, 16 Ottobre 2020). Che colpa potrà mai avere un bimbo di appena sei anni per venire prelevato a forza da casa dello zio, dove viveva dopo la morte della madre, da una “task force” composta da otto carabinieri armati, un’assistente sociale, con fuori ad attendere un mezzo dei vigili del fuoco e un’ambulanza. Quanto bisogna essere crudeli per spaventare e traumatizzare così un bambino, che ha già sofferto la perdita più grande, prelevato da un dispiegamento di forze che non si usa neanche con i criminali più pericolosi, allontanato da tutto ciò che conosce e che ama, senza nemmeno uno dei suoi peluche con cui fare la nanna. È questa la giustizia? È questa la tutela dei minori? «Se così fosse, ci sarebbe qualcosa da rivedere e molto su cui fare chiarezza» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, al quale lo zio di “Lorenzo” si è rivolto, per riavere con sé il nipotino. Dal 29 luglio, da quando con la forza glielo hanno strappato letteralmente dalle braccia, non sa nemmeno che fine abbia fatto, dove lo abbiano portato, come stia. Quanto dovrà essere spaventato questo piccino? Era davvero necessario tutto questo?

Lorenzo ha sei anni e da un anno non ha più la mamma, morta a causa di una malattia. Il padre è sempre stato assente, pertanto viene affidato ai Servizi sociali, ma intanto abita con lo zio materno. È sereno, pulito ed educato, frequenta la scuola materna senza problemi. Ma un giorno i Servizi sociali decidono che lo zio non va bene, poco collaborativo lo definiscono. E si presentano alla porta di casa staccando innanzitutto la luce. Lorenzo sta guardando la televisione e trovandosi improvvisamente al buio si spaventa. La paura diventa terrore poco dopo, quando gli piombano in casa, oltre all’assistente sociale, pure otto carabinieri, armati e con addosso i giubbotti antiproiettile. Le sue urla disperate sono strazianti, li implora di non toccare lo zio, chiede loro per favore di non portarlo via. Invece gli fanno mettere due mutandine e un paio di pantaloni in un sacchetto di plastica e lo portano via da tutto il suo mondo, da tutti i suoi affetti. «Un episodio terribile» prosegue l’avvocato Miraglia, «che si profila come abuso di potere e violenza privata e di questo dovranno rispondere le assistenti sociali e il sindaco. Ma ci sono altri risvolti poco chiari in questa vicenda e di cui chiediamo conto. Uno dei giudici onorari che si occupano della vicenda pare faccia parte di un’associazione che forma i genitori: chiediamo se per caso non abbia formato la coppia che vorrebbe adottare Lorenzo. Un altro giudice onorario lavorerebbe, invece, in alcune cooperative che si occupano di bambini: ha mai avuto a che fare con la casa famiglia dove si trova il bambino?». Che partita si sta giocando sulla pelle di questo bambino? Serve urgentemente chiarezza e la verifica che non via sia alcun conflitto di interesse tra coloro che sono chiamati ad occuparsi al meglio di Lorenzo, ma che finora tutto hanno fatto tranne che il suo bene, traumatizzando inutilmente un bambino di appena sei anni, che solo pochi mesi fa ha subito la perdita della sua mamma

Psichiatra condannato per omicidio colposo fa perizienei tribunali

Avv. Miraglia: “Urge un albo di periti referenziati. Su che giustizia possono contare sennò i cittadini?”
 
PAVIA. Errare è umano, specialmente in una materia, la Psichiatria, in cui la variabile dei comportamenti è quasi infinita. Ma che un Tribunale affidi una perizia a uno psichiatra condannato per omicidio colposo per gravi negligenze nei confronti di un paziente, poi suicidatosi, fa sorgere un legittimo dubbio sulla garanzia del suo operato, sulla correttezza delle sue perizie, sulla base delle quali i giudici che lo incaricano come consulente emettono sentenze, che vanno ad incidere, anche pesantemente, sulla vita e sul destino delle persone. E’ accaduto a Pavia, nel corso di un procedimento di separazione molto conflittuale tra due coniugi, durate il quale, ai fini di accertare l’adeguatezza della donna come madre, un giudice ha affidato la Consulenza tecnica d’ufficio allo psichiatra di Torino, Maurizio Desana. Il quale, però, è stato condannato – con una sentenza passata in giudicato, emessa dalla Corte d’Appello torinese e successivamente confermata dalla Cassazione nel 2008 – per omicidio colposo. E’ stato ritenuto, infatti, responsabile di non aver compreso la gravità dello stato psichiatrico di un paziente ricoverato, che si tolse la vita lanciandosi dalla finestra dell’ospedale.
«Non entro nel merito della sentenza di condanna» sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, che difende la donna nella causa di separazione, nella quale il dottor Desana è stato chiamato a periziare la sua salute mentale e quella del figlio, «ma si tratta in ogni caso di una condanna per un reato ingenerato da manchevolezze professionali. E’ legittimo pertanto chiedersi dove sia la spiccata condotta morale che viene richiesta a un professionista qualora il giudice, in via del tutto fiduciaria, lo incarichi di condurre una perizia sulle persone».
Nel caso specifico, sulla base appunto della perizia del dottor Desana, lo stato psichiatrico della donna pavese è stato valutato così negativamente, che il giudice ha ordinato che intervenissero i Servizi Sociali a prendersi cura del figlio adolescente, obbligando il ragazzo a seguire sedute di psicoterapia (se si rifiutasse, dovrebbe essere accompagnato da un educatore a spese della mamma) e limitando l’esercizio delle responsabilità genitoriali alla madre stessa.
«Ho presentato un’istanza urgente al Tribunale di Pavia» prosegue Miraglia, «affinché sospenda l’efficacia dell’ordinanza emessa e ho richiesto di convocare il dottor Desana in contraddittorio per accertare tutte le circostanze emerse. La cosa più incredibile, riferisce l’avvocato  è quanto nel frattempo ha sostenuto il dott. Desana alle richieste se avesse riferito al giudice al memento della suo giuramento della condanna che si riporta testualmente : la ringrazio per la sua cortesia e la prego di rassicurare la sua cassistita sul fatto che il mio ruolo e la mia conduzione della perizia sono assolutamente corretti come peraltro lo sono sempre stati in oltre 30 anni di attività psichiatrico forense. Colgo oltre l’occasione per chiedere di sollecitare la Sua cliente a versare quanto stabilito dal Tribunale per il pagamento della mia parcella.. Questo per quanto riguarda il caso che sto seguendo, il quale però scoperchia le manchevolezze presenti nei tribunali italiani. Urge quanto prima l’istituzione di un albo di professionisti referenziati, al quale i giudici dei tribunali debbano attingere per affidare le consulenze tecniche. Persone di cui sia comprovata, in maniera ineccepibile e inconfutabile, la professionalità. Come possono altrimenti i cittadini pensare di venire tutelati, quando i tribunali emettono delle sentenze affidandosi a persone giudicate già manchevoli in passato? E questo sia nel caso che sto seguendo, come in tutti gli altri in cui questo psichiatra sia stato chiamato come consulente».
La redazione