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Verona: fratellini allontanati dai genitori, il più grande scappa e torna a casa.

Il ragazzo ha detto: “Voglio stare con il mio papà e la mia mamma”, ma il piccolo è ancora lì.

Verona (29 luglio 2023). Ieri sera il più grande dei due fratellini di Verona è scappato dalla comunità ed è tornato a casa in treno: un ragazzino di soli 13 anni da solo sui mezzi pubblici. Per fortuna il viaggio è andato bene e verso le sei di sera ha suonato al campanello di casa dei genitori. La mamma lo ha accolto in casa e ha chiamato subito la comunità. Ha provato anche a chiamare la tutrice e i servizi sociali ma non ha trovato nessuno.

Ecco il racconto concitato della mamma: “Appena l’ho visto, l’ho abbracciato forte e ho cercato di parlare con lui. Lui non voleva dire nulla. Ho avvisato subito la comunità. Hanno parlato con lui dicendogli che se non tornava in comunità aggravava le cose e quando ha detto che non sarebbe tornato gli hanno detto che avrebbero chiamato le forze dell’ordine. Lui era molto scosso dopo la telefonata. Quindi ho provato a chiamare i servizi sociali ma con esito negativo e ho cercato anche di contattare la tutrice ma non c’è stato nulla da fare. A quel punto ho chiamato i Carabinieri. Si è presentato un brigadiere che ha parlato con mio figlio. Nel frattempo è arrivata anche l’educatrice della comunità che ha parlato con lui ma non ha voluto in nessun modo andarsene dicendo «voglio stare con il mio papà e la mia mamma». Alla fine vista la determinazione del bambino e constatato che era in una casa accogliente dove vivono serenamente i suoi due fratelli più piccoli sono andati via dicendo che avrebbe deciso il tribunale cosa fare.”.

Questa mattina il ragazzino ha colazionato felicemente con la mamma e il papà; dopo ben quattro anni di istituzionalizzazione era molto felice di questo momento di normalità. “Ora dobbiamo ridargli la serenità e la felicità che solo la sua famiglia può dargli. Ho provato più volte a contattare i i servizi e la tutrice anche per il fratellino più piccolo che ora si sentirà sperduto da solo in comunità senza il fratello a cui era molto legato. Visto che non rispondono lascerò che sia l’avvocato a contattarli”, ha concluso la mamma.

Secondo la prof.ssa Vincenza Palmieri, Consulente Tecnico della famiglia: “Il rocambolesco rientro a casa del ragazzino non ci stupisce. Aveva manifestato più volte il desiderio di rientrare in famiglia e la sua è la reazione di un essere umano esasperato dalla mancanza di ascolto da parte delle Istituzioni. Non si può ignorare o peggio sedare per sempre la naturale aspirazione di un bambino. Quello che preoccupa è la situazione del piccolino che è rimasto da solo in comunità, dato che da quattro anni a questa parte il fratellino maggiore era ormai diventato il suo punto di riferimento affettivo perché il calendario delle visite con i genitori, che non posso che definire disumano, prevedeva incontri di un’ora ogni due settimane in una situazione di cattività. Non posso nemmeno immaginare che cosa proverà adesso questo bambino. È urgente riportarlo a casa per permettere all’affetto dei genitori e del fratello di lenire e curare il trauma della lontananza dai suoi affetti e per prevenire qualunque altra reazione traumatica.
Il piccolino, in questa situazione è oggetto di una grave tortura fisica e mentale. E, a riguardo, sarà interessante sentire anche dal più grande, ora a casa, cosa accadeva in struttura…”.

Per l’avvocato Miraglia: “La vicenda dei fratellini è una delle tante situazioni che dimostrano ancora una volta come la giustizia minorile ha bisogno di una profonda riforma che riguardi soprattutto i giudici che devono mettere al centro delle loro decisioni il diritto del minore a vivere nella propria famiglia.
È inammissibile che il Tribunale, abbia fondato la sua decisione appiattendosi completamente alle relazioni dei servizi sociali.
Addirittura non considerando la volontà degli stessi minori che lo hanno gridato a tutti compreso il Giudice di voler tornare dalla loro mamma e dal loro papà.
Anni fa, dopo la vicenda del piccolo Marco, l’allora amministrazione si è preoccupata di difendere la propria immagine invece che attivare un processo di riforma. Oggi si vedono le conseguenze della loro latitanza oltre che nella storia di questi due fratellini anche per quanto riguarda il piccolo Luca. Lancio un appello al Sindaco per questa famiglia ma anche per tutte le altre famiglie e bambini di Verona che chiedono giustizia.”.

Nel frattempo in città stanno continuando ad essere appesi cartelli e selfie di sostegno per i due fratellini che sono poi postati nel gruppo Facebook Io sto con i fratellini veronesi. Le firme per la petizione online per i due fratellini strappati di Verona (indirizzate a: Presidente del Consiglio On. Giorgia Meloni, Presidente della Regione Veneto dott. Luca Zaia, Assessore alla Sanità e ai Servizi Sociali dott.ssa Manuela Lanzarin, Garante dell’Infanzia e Adolescenza avv. Mario Caramel e Sindaco di Verona dott. Damiano Tommasi) continuano ad aumentare con ben 500 sottoscrizioni. Siamo ancora in attesa della risposta del Sindaco alle 1.000 firme depositate alcuni giorni fa.

 

In considerazione della situazione del piccolo fratellino ancora rinchiuso in comunità e dell’inerzia dell’Amministrazione e dei Servizi Territoriali, oltre a continuare le azioni di supporto per questa famiglia, la manifestazione indetta sabato 2 settembre alle ore 11.00 in Piazza Brà non verrà cancellata.

Pisa: bimba affetta da un tumore può vedere la mamma solo in videochiamata

La bimba è affidata al padre e i Servizi sociali negano alla madre le visite in ospedale

PISA (27 Luglio 2023). Una ragazzina undicenne di Pisa si trova in questi giorni ricoverata in ospedale per accertamenti: tre settimane fa si era recata al pronto soccorso lamentando dolori lancinanti e i medici hanno scoperto che ha una formazione tumorale a livello ginecologico. Formazione che al momento pare benigna, ma che ha richiesto un ricovero ospedaliero proprio per approfondire le valutazioni mediche. La ragazzina, a causa della forte conflittualità tra i genitori, al momento è affidata al padre e può vedere la madre solo nel corso di incontri protetti. Eppure, in un frangente così delicato, vista anche la localizzazione della formazione tumorale, i Servizi sociali non autorizzano la donna a recarsi al capezzale della figlia. Al massimo possono vedersi in videochiamata e sempre in spazio neutro, vale a dire con qualcuno ad assistere.

Solo nel caso la bambina venisse operata allora sì, la madre potrebbe recarsi in ospedale a trovarla, ma sempre con una operatrice.

«Ma dico io – commenta l’avvocato Miraglia, legale della donna – a parte il buon senso, dove sono finite la pietà, la compassione umana? Siamo di fronte a una preadolescente con un problema di natura tutto femminile, che avrebbe quanto mai la necessità di avere accanto la madre, una donna. Invece a questa ragazzina, in un momento così delicato e doloroso, viene negato di essere accudita, assistita e rincuorata dalla sua mamma. Capisco il dovere di ottemperare alle disposizioni dei Giudici, ma in questo caso va da sé che la ragazzina, per il suo benessere fisico e morale, avrebbe bisogno del conforto materno».

 

La madre, attraverso l’avvocato Miraglia, si è immediatamente rivolta alla Corte d’Appello di Firenze, presentando un’istanza urgente con cui chiede l’autorizzazione a stare accanto alla figlia fino a che non si sarà completamente ristabilita.

 

«A questo punto ci appelliamo alla Corte – prosegue l’avvocato Miraglia – ricordando come lo scopo primo dei provvedimenti emessi nei confronti dei minori debba essere la loro tutela, ma soprattutto il loro benessere e la loro serenità».

Verona: litigano con i servizi sociali: il Tribunale li punisce “a metà”

Avvocato Miraglia: «I genitori sono gli stessi, ma il tribunale ha emanato disposizioni diverse per ogni figlio. Illogico» 

VERONA (5 giugno 2023). Sembra senza fine la vicenda di una coppia di Verona, tenuta lontana da due dei suoi quattro figli perché si è permessa di criticare i Servizi sociali e la comunità dove i bambini non sono stati adeguatamente seguiti, bensì abbandonati a sè stessi. La loro colpa è stata quella di denunciare pubblicamente la presenza di cibo scaduto, servito in una struttura gestita, tra l’altro, dal Comune di Verona. E il Tribunale per i minorenni di Venezia ha tolto loro i figli: ma, ed è qui l’assurdo, assumendo delle decisioni differenti per ognuno dei quattro bambini.

«Questi genitori sono stati puniti “a metà” – commenta l’avvocato Miraglia, legale della coppia   – in quanto i due figli maggiori, di 13 e 8 anni, dovranno vivere con famiglie affidatarie, la figlia di 6 anni potrà invece rimanere a vivere con i genitori, che però su di lei avranno una responsabilità genitoriale limitata. Per l’ultimogenito il tribunale non si è mai pronunciato e va tutto bene. Ma come fanno gli stessi genitori ad essere inadeguati con alcuni figli e con altri no? O sono inadeguati come genitori con tutti o con nessuno. Non ci capisce con quale logica il tribunale abbia deciso in maniera così diversa, differenziando le disposizioni. C’è qualcosa che non va». Hanno presentato pertanto reclamo alla Corte d’appello di Venezia.

Superate le difficoltà inziali, questa coppia si è dimostrata molto attenta e affettuosa verso i propri figli, preoccupata delle loro condizioni di salute fisica e mentale per ciò che hanno subito negli anni di istituzionalizzazione in cui sono stati lontani da casa. Non sono state somministrate loro le adeguate terapie mediche e psicologiche pur regolarmente prescritte e uno dei ragazzi è stato molestato in comunità da un altro ospite senza che gli operatori avvertissero i genitori. Il padre aveva chiesto spiegazioni sul motivo per cui, nonostante portasse abiti nuovi ai bambini, questi si presentassero con le scarpe rotte. La madre poi – e la vicenda aveva avuto grande risalto mediatico – si era “permessa” di far notare come il cibo servito in comunità fosse scaduto, ricevendo come risposta dall’allora assessore al Sociale che pur scaduto il cibo era comunque commestibile! Comprensibile l’atteggiamento critico di questi genitori nei confronti dei Servizi sociali, che avrebbero invece dovuto aiutarli. Ma anziché comprensione e sostegno la madre ha ricevuto in cambio una denuncia per maltrattamenti dalla stessa struttura. Un’accusa peraltro ingiusta, rivelatasi totalmente infondata tant’è che nel novembre scorso la mamma è stata assolta con formula piena dal Tribunale Penale di Verona. «Circostanza, quest’ultima, che non è stata minimamente tenuta in considerazione dal Tribunale per i minorenni di Venezia – prosegue l’avvocato Miraglia – nel momento in cui ha assunto la decisione di limitare così pesantemente a questa coppia la responsabilità genitoriale e i rapporti con i figli. È chiaro che, al di là dei processi, la vicenda “Bibbiano” ha fatto emergere l’esistenza di un vero e proprio “sistema”, esteso in tutta Italia: se litighi o critichi i Servizi sociali, questi ti tolgono i figli, alimentando il business del sistema di affidi e delle comunità. Uno dei principi di valutazione della capacità genitoriale degli psicologi del Cismai (il coordinamento italiano servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia), di cui facevano parte anche i responsabili della vicenda di Bibbiano, è proprio la verifica del rapporto che i genitori instaurano con i Servizi sociali. Va bene quindi cambiare il sistema della Giustizia con riforme come la Cartabia, ma qui è necessaria e urgente una riforma dell’intero sistema legato agli allontanamenti e agli affidi dei minori».

 

 

Servizi sociali di Milano: operatore fa una videochiamata alla mamma seduto sul wc


La donna lo denuncia


MILANO (3 Febbraio 2022). La pandemia ha reso incontri da remoto e videochiamate strumenti di comunicazione, anche istituzionale, d’uso comune e lo smart working ha fatto sì che il lavoro spesso abbia invaso la sfera domestica delle persone. Ma quello che è capitato a una giovane donna milanese è a dir poco sconcertante: alcuni giorni orsono ha ricevuto una videochiamata dall’assistente sociale che si occupa del suo caso mentre questi se ne stava beatamente seduto sulla tazza del wc. Il tono della telefonata era poi alquanto imbarazzante: più che parlare dell’estensione degli orari di visita tra madre e figlio l’assistente sociale era più interessato a indagare sulle relazioni sentimentali della donna. Circostanza che non avrebbe nulla a che vedere con il rapporto con il figlio e con la richiesta di aumentare le visite inoltrata dalla donna. La giovane si è rivolta quindi ai carabinieri per denunciare l’assistente sociale, anche perché costui si è più volte ostinato a non aumentare gli incontri madre/figlio nonostante il tribunale abbia imposto l’aumento della frequenza degli incontri tra la donna e il suo bambino, che si trova in affidamento presso una famiglia. «E anche su questo aspetto nutriamo grossi, grossissimi dubbi – interviene l’avvocato Miraglia al quale la donna si è affidata – in quanto il Comune di Milano ha affidato a una cooperativa l’incarico di reclutare le famiglie alle quali affidare i minori che il tribunale ritiene di allontanare temporaneamente da casa propria. Ma sembrerebbe che la coppia che ospita il piccolo sia strettamente legata con la cooperativa in questione. Tant’è che questo bambino continua ad essere tenuto lontano dalla madre senza motivo e contro le disposizioni del tribunale. Non vorremmo si trattasse di un ennesimo caso di adozione mascherata».

A frapporsi tra lei e il figlioletto è appunto questo assistente sociale, che continua a disattendere le disposizioni del giudice, che ha stabilito un aumento degli incontri tra madre e figlio e ha pure sollecitato l’invio da parte di Servizi sociali della relazione sul bambino, che non è ancora pervenuta sul tavolo del giudice. Quando poi la madre del bimbo chiede spiegazioni, si sente immancabilmente rispondere dall’operatore che è lui a decidere le visite in base al caso e in una relazione ha persino scritto che è il bambino a non voler tonare a casa, mentre il bimbo chiede continuamente di poter stare con la madre. «Perché allontanare il bambino dalla sua mamma allora? – prosegue l’avvocato Miraglia. – Non si tratta forse di un affidamento “sine die”, che non vedrà mai la fine e che di fatto è un meccanismo per occultare una vera e propria adozione? Un sospetto alimentato ulteriormente dal fatto che questo bambino sin da subito è stato obbligato a chiamare mamma e papà la coppia affidataria. Che poi l’assistente sociale si permetta di assumere comportamenti disdicevoli nei confronti della madre del piccolo questo non fa che aggravare ancor di più una situazione già dubbia e sospetta di suo. Doppiamente irrispettoso quindi l’atteggiamento dell’assistente sociale: se da un lato tiene la donna separata ingiustificatamente dal proprio figlio, come si è permesso poi di effettuare una videochiamata di lavoro seduto in bagno? E di quel tenore, per di più! Chiediamo che il Comune indaghi bene sulle persone alle quali affida un servizio delicato come appunto sono i Servizi sociali».

Sul caso interviene anche la professoressa Vincenza Palmieri, consulente tecnico forense della mamma. «Le relazioni – false, falsificate o alterate – sono, purtroppo, all’origine di tale grande male – commenta la professoressa Palmieri. – E se poi queste sono il risultato di incontri e colloqui gestiti in maniera arbitraria e privi dell’applicazione anche dei più elementari principi deontologici, non se ne deve tener conto in Tribunale. I professionisti dell’aiuto, autorizzati dalla vigente normativa a tenere colloqui e consulenze anche on-line, devono comunque rispettare ogni altro criterio previsto dalla prassi e dalle norme proprie della professione, che possono e devono garantire serietà e verità. Queste relazioni, che non sono il risultato di un lavoro serio e scrupoloso, rappresentano il grimaldello diffamatorio per continuare a tenere i bambini lontani dai propri genitori».

Verona, bimbi in comunità con le scarpe rotte 

Alle rimostranze del padre per ripicca gli bloccano gli incontri coi figli

VERONA (18 Dicembre 2021). i Servizi sociali di Verona hanno dato vita a una nuova moda: se un padre si lamenta del trattamento dei figli, alloggiati in comunità, gli sospendono gli incontro coi bambini e quando lo convocano per un chiarimento fanno trovare i vigili urbani schierati ad “accoglierlo”. Ci sarebbe da sorridere se non si trattasse di un fatto gravissimo quello accaduto a una famiglia veronese, che da anni subisce una ripicca dietro l’altra: viene loro vietato di incontrare i bambini, per un motivo assurdo: il padre si sarebbe lamentato del fatto che, nonostante compri continuamente abiti ai bimbi, uno di loro si è presentato all’ultimo incontro con le scarpe rotte. La stessa famiglia l’anno scorso si era vista allontanare i bimbi solo per aver denunciato la presenza di cibo marcio nella comunità. «Quello contro questa famiglia sembra un vero e proprio accanimento da parte dei Servizi sociali di Verona – dichiara l’avvocato Miraglia, legale della coppia– che già in passato hanno dato prova di non accettare critiche o lamentele. Ma è mai possibile che un padre si spezzi la schiena dodici ore al giorno per provvedere ai bambini, che pure vivono lontano da lui in una comunità, per fornire loro di ogni necessità e quando li incontra li trova con le scarpe rotte? L’ultima volta che ha visto i due bambini, uno dei figli aveva le scarpe con la suola staccata. Ha giustamente presentato le sue rimostranze e per ripicca, perché di altro non si può parlare, i Servizi sociali gli hanno sospeso gli incontri con i bambini, fintantoché non parleranno con lui».

Trattando poi sia lui che la moglie alla stregua di pericolosi criminali. «I Servizi sociali li hanno convocati per chiarire la situazione – prosegue l’avvocato Miraglia – e all’incontro si è presentata solo la madre, dovendo il padre lavorare. Esterrefatta al suo arrivo si è trovata la polizia locale schierata, neanche fosse una delinquente».

Fatto altrettanto grave il 17 dicembre si è svolta un’udienza in Corte d’Appello, nel corso della quale è emerso che la tutrice dei bambini, nominata dai Tribunale, in tutti questi mesi non li ha mai incontrati una sola volta e che la stessa finora si è relazionata con i Servizi sociali esclusivamente da remoto. «E in udienza si è permessa pure di dipingere i genitori come inadatti? – conclude l’avvocato Miraglia, – ma con che coraggio? Forse inadatta è lei e pertanto valutiamo di chiedere la rimozione di questa tutrice. Oltre al fatto che denunciamo come la sospensione degli incontri è una decisione abnorme rispetto alle rimostranze paterne ed è solo punitiva per i genitori e lesiva per i minori». Tempo fa era stato pubblicato un articolo intitolato  Verona come Bibbiano, sarà così o ancora  peggio?

 

Dopo anni in affidamento ragazzina presenta gravi turbe psichiche

I genitori querelano i Servizi sociali per maltrattamenti e circonvenzione d’incapace

MILANO (10 Dicembre 2021). Accusa il padre di ogni nefandezza possibile, scappa dalla comunità e dice di voler andare a stare con un rapper americano che asserisce di conoscere: una ragazzina di 12 e 9 mesi anni ospite di una comunità milanese è chiaramente in stato di profonda crisi e disagio. Prima di entrare in comunità un paio di anni fà era una ragazzina normalissima, che adorava i genitori, specialmente il padre. Che adesso non vuol nemmeno vedere. Cosa è successo in quella comunità da farla cambiare così tanto? «È stata sporta una denuncia per circonvenzione d’incapace – racconta l’avvocato Miraglia, legale dei genitori – e ne sarà presentata una anche per maltrattamenti: se la ragazzina da tre anni e 6 mesi si trova in comunità e da un anno le viene impedito di vedere i genitori, è chiaro che non può certamente essere incolpata la famiglia e che sono i Servizi sociali i responsabili di questo cambiamento, grave e pericoloso».

Tutto comunica quando la madre si confida con un’assistente sociale, asserendo che il marito la maltratta. I Servizi sociali, dopo la denuncia chiedono ed ottengono l’allontanamento  delle ragazzine e vengono collocate in una comunità. Nel frattempo il padre viene scagionato in Cassazione da ogni accusa, risultata priva di fondamento, e mentre una figlia rientra a casa, l’altra resta in comunità. «Comprovata l’innocenza del padre – prosegue l’avvocato Miraglia – abbiamo informato i Servizi sociali: eravamo alla vigilia di un incontro tra la ragazzina e i genitori, che fino a qualche giorno prima era entusiasta di rivederli dopo tanto tempo. Ma è stata enorme la sorpresa nell’apprendere che la bambina si rifiutava improvvisamente di vedere il papà, insultandolo, raccontando di avere paura di lui, di ricordare episodi orribili. Poche ore sono bastate per cambiare così l’atteggiamento di una persona?». Verrebbe quasi da pensare che i Servizi sociali, per giustificare il loro errato operato, l’abbiano plagiata mettendola contro la famiglia?

L’influenza del Servizio sociale sulla ragazzina ha portato ad un inesorabile e costante allontanamento della minore dai genitori: il servizio, anziché agevolare i rapporti tra la ragazzina e la famiglia di origine, ha tentato in ogni modo possibile di allontanare e spaventare la minore, che ha sviluppato atteggiamenti oppositivi nei confronti dei genitori, che in tanto mesi di lontananza nulla possono averle fatto. «E se fin qui è plausibile la circonvenzione d’incapace – conclude l’avvocato Miraglia – si profila il maltrattamento per quanto questa ragazzina ha manifestato recentemente: una bambina tranquilla si è trasformata in una persona ingestibile, per stessa ammissione dei Servizi sociali. Quando parla ormai delira ed è arrivata a fuggire  più dalla comunità affermando di voler andare a vivere con un rapper americano che dice di conoscere. È chiaro che la bambina sia malata e a farla ammalare sono stati i Servizi sociali, la comunità e soprattutto la lontananza della sua famiglia. In altre parole i miei assistiti avevano una figlia sana per ritrovarsi una figlia gravemente ammalata. Chi pagherà per tutto questo?».

Penso che sia giunto il momento di dire basta a queste situazioni di sofferenza e strumentalizzazioni in nome di una presunta tutela dei minori. Ci auguriamo di un immediato intervento del Tribunale per i minori prontamente informato sullo stato precario di questa bambina e dell’operato del servizio sociale.

Il Tribunale per i Minorenni di Milano avrà il coraggio di mettere in discussione l’operatore del servizio sociale magari trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica o come temiamo addosserà la colpa ai genitori che non vedono la figlia da quasi un anno?

Ai posterei ardua sentenza!!!

 

Reggio Calabria: servizi sociali disattendono le disposizioni del Tribunale

Da mesi un padre non vede il proprio figlio. Avvocato Miraglia: «Ma a chi deve rivolgersi quest’uomo se non all’autorità giudiziaria: a Papa Francesco?».
REGGIO CALABRIA (29 Ottobre 2021). «A Reggio Calabria siamo di fronte a un caso Bibbiano 2.0» dichiara l’avvocato  Miraglia. Il sistema “difettoso” degli allontanamenti dei minori dalle famiglie a Reggio Calabria ha assunto una piega particolare, quasi un’evoluzione di quanto recentemente emerso a Bibbiano, con episodi in tutto analoghi nel resto d’Italia: i Servizi sociali disattendono nel caso specifico da più di un anno, l’applicazione dei provvedimenti emanati dai tribunali – e questo purtroppo è un déjà vu  – ma qui siamo di fronte a un tribunale che nemmeno controlla, che passa tutto sotto silenzio nell’indifferenza più totale, che non si prende minimamente la briga di verificare se qualcuno applichi disposizioni e sentenze. A fare le spese di questo sistema è un uomo di Reggio Calabria, da mesi impossibilitato a vedere il suo bambino, nonostante il Tribunale per i minorenni abbia stabilito che possa incontrare il figlioletto.

La madre del piccolo si rifiuta di farglielo vedere, per tutta una serie di circostanze che comprendono anche la sua instabilità dovuta ad assunzione di sostanze alteranti: ma un comportamento conflittuale tra i genitori lo ci si può aspettare nelle separazioni e appunto per questo i Servizi sociali sono nominati e autorizzati ad intervenire, a verificare che i minori non soffrano e, laddove siano presenti dei provvedimenti emanati dal Tribunali, assicurarsi che questi vengano rispettati. «Non è così a Reggio Calabria» prosegue l’avvocato Miraglia, «dove non solo i Servizi sociali non applicano le disposizioni dei giudici, ma nemmeno il tribunale stesso si preoccupa di verificare se, una volta emanata una sentenza, questa venga o meno osservata. E a nulla serve presentare i ricorsi: restano immancabilmente lettera morta.  I Servizi sociali agiscono di propria iniziativa e nessuno controlla.  Ma a chi ci si dovrebbe rivolgere per ottenere giustizia, se non alla magistratura?  Forse al Papa? Se così fosse, ci appelleremo al Santo Padre. Intanto è stata presentata una denuncia-querela sia nei confronti del responsabile dei servizi sociali nonché della stessa assistente sociale referente del caso per mancata ottemperanza dell’ordine del giudice e lesioni personali.

“Dall’altro canto ci si auspica un intervento urgente del Presidente del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabra per fare chiarezza sulla vicenda e ribadire che i provvedimenti dell’autorità giudiziaria nel nostro paese hanno un senso, conclude l’Avv. Miraglia.

 

Verona, bambini allontanati per questione di genere: l’assessore dovrebbe leggere le carte prima di intervenire

Avvocato Miraglia: «L’assessore Maellare legga le carte».
(VERONA, 7 Agosto 2021). Nella questione dei bambini che i Servizi sociali di Verona hanno allontanato dai genitori per questione di “genere”, in realtà è proprio la relazione degli operatori che indica a mamma e papà di non far usare alla bambina giochi maschili. Smentendo così le affermazioni rilasciate dall’assessore ai Servizi sociali, Maria Daniela Maellare, secondo la quale ritenere che l’allontanamento sia stato generato da una questione di genere suonerebbe come un’offesa all’intelligenza degli assistenti sociali e dei giudici del Tribunale minorile». Purtroppo basta leggere le relazioni e si evince che è tutto vero, nero su bianco: gli operatori apprezzano che chi si sta prendendo cura dei ragazzi, che vivono in una comunità, li stia educando differenziando loro i giocattoli.

«Lungi dal voler polemizzare con l’assessore Maellare» dichiara l’avvocato Miraglia, che assiste i genitori, «probabilmente in questo periodo di ferie ha avuto poco tempo per leggere le relazioni. La invitiamo pertanto a prendere visione delle relazioni, poiché sarebbe grave che un amministratore, chiamato a rappresentare i cittadini, in particolare i più fragili, non conosca l’argomento e i provvedimenti assunti».

«Va condivisa e rispettata l’inclinazione individuale dei bambini nella libera espressione ludico-ricreativa» riporta testualmente la relazione degli operatori sociali «attraverso l’utilizzo di giochi adatti per età e per ruolo di genere (maschile e femminile), che i bambini stanno acquisendo dai caregivers nel contesto comunitario. Motivo per il quale l’indicazione data ai genitori è stata quella di non far utilizzare alla bambina giochi prettamente maschili».

«Invitiamo quindi l’assessore a chiedere spiegazioni a chi ha firmato le relazioni» prosegue l’avvocato Miraglia «e auspichiamo che il Tribunale per i minorenni di Venezia consideri questa relazione carta straccia. Quanto poi al fatto che l’assessore riferisce che i bambini siano sereni, ci permettiamo di obiettare: una bambina, che in comunità ha subito molestie sessuali, come potrebbe stare bene?».