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Tivoli: donna violentata in comunità caso a rischio archiviazione

 

TIVOLI (23 Ottobre 2023). Si era accesa una speranza, lo scorso luglio, di ottenere la meritata giustizia per una donna affetta da grave disabilità psichica,  che  risulterebbe  essere stata violentata e maltrattata all’interno di una comunità in cui era ospitata nella provincia romana: il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione, ma il giudice per le indagini preliminari aveva dispoto un supplemento di indagini. Ma le indagini si sono rivelate ancor una volta piuttosto superficiali e il pm ha avanzato nuovamente richiesta di archiviazione del caso. La struttura nel frattempo ha chiuso e nessuno si è preso la briga di cercare gli operatori che all’epoca dei fatti – la vicenda risale al 2019 – vi erano impiegati.

«È un fatto scandaloso – dichiara l’avvocato Miraglia, incaricato dai parenti della donna, suoi amministratori di sostegno, di ottenere per le giustizia – soprattutto perché di questa donna, a parte il gip che ha accolto la nostra prima richiesta di opposizione all’archiviazione, pare non interessi nulla. Eppure quello che ha subito è davvero gravissimo».

La donna, che ora ha 38 anni, era ospite di una struttura dedicata a persona affette da disabilità psichica. Impossibile per la famiglia gestirla in casa, pur a malincuore il ricovero in una comunità era sembrata la soluzione migliore. Ma in breve si erano manifestate le gravi carenze della struttura. A parte le scarse condizioni igieniche, quando i familiari le facevano visita la donna compariva ferita o ricoperta di lividi. Mal curata, era finita in ospedale con una grave forma di polmonite. Non ultimo, la famiglia si era resa conto che poteva aver subito violenza, come riscontrato al pronto soccorso al quale si erano prontamente rivolti.

«La struttura riceveva finanziamenti pubblici – prosegue l’avvocato Miraglia – ma non era per niente in regola. Ospitava un numero maggiore di pazienti rispetto a quelli che avrebbe potuto alloggiare. La stessa Asl, che interveniva con i contributi economici, nel corso di un sopralluogo aveva riscontrato le gravi carenze igieniche e persino la mancanza di autorizzazione all’esercizio delle attività socio assistenziali! Ma come è possibile che una struttura pagata dall’Asl mancasse delle dovute autorizzazioni nonché delle minime condizioni igienico sanitarie? Ma chi doveva controllare, dove era?».

La struttura nel frattempo ha chiuso i battenti e non è stato possibile per gli inquirenti svolgere delle indagini e delle intercettazioni in loco: una delle motivazione che avevano portato il pm a propendere per l’archiviazione del caso era l’impossibilità a risalire ai nominativi del personale impiegato all’epoca dei fatti. Eppure sarebbe bastato richiedere un accesso alla banca dati dell’Inps o della Camera di Commercio o convocare i titolari per ricostruire la presenza di tutti gli operatori e i loro nomi.

«Chi operava all’interno della struttura – conclude l’avvocato Miraglia – o per dolo o per colpa ha responsabilità in questa vicenda. Da parte nostra abbiamo avanzato al gip un’ulteriore opposizione alla richiesta di archiviazione. In questa storia scandalosa la vittima è una persona fragile, che rischia di rimanere senza giustizia: a questo punto ci auguriamo che il gip disponga di procedere all’imputazione coatta dei responsabili».

Ancora più incredibile è l’atteggiamento della Procura della Repubblica che nelle indagine supplettive ha avuto come unico obbiettivo di  richiedere l’archiviazione addirittura non considerando dichiarazioni e prove già nel fascicolo.

Ancora una volta non posso che fare riferimento ai Promessi Sposi di Manzoni: Caro Renzo mal cosa nascer poveri!

Tivoli: donna violentata in comunità, riaperte le indagini.

Il PM aveva chiesto l’archiviazione perché la comunità nel frattempo è stata chiusa

 TIVOLI (11 Luglio 2023). Rischiava di rimanere senza giustizia, una donna fragile abusata nella comunità terapeutica in cui era ospitata trattata come vittima di serie B: nonostante una denuncia e delle prove concrete, il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione del caso, perché la comunità nel frattempo era stata chiusa. Ma il Gip del Tribunale di Tivoli non ha lasciato cadere il procedimento, chiedendo di proseguire con le indagini.

«Non possiamo che accogliere con soddisfazione la decisone del Giudice – commenta l’avvocato Miraglia, incaricato dalla famiglia della vittima – e aver ritenuto fondata la notizia di reato. Il fatto che la struttura sia stata chiusa non cancella le responsabilità di coloro che all’epoca la gestivano e che dovranno pur essere da qualche parte, immaginando che non possano essere spariti nel nulla. La violenza di genere è abominevole, ancor di più se perpetrata contro donne fragili e indifese come possono essere le persone affette da disabilità psichica. Se poi la donna resta vittima pure del sistema giudiziario, significa che nel nostro Paese la strada per raggiungere la parità di genere e per arginare la violenza contro le donne deve fare ancora molta strada. Ritengo infatti che se non si fosse trattata di una persona affetta da patologie psichiatriche, quando nel 2020 la famiglia aveva sporto denuncia sicuramente le indagini sarebbero state avviate celermente, attivando magari anche le procedure della legge Codice Rosso a tutela delle donne. Invece, siccome la donna non riesce ad esprimersi chiaramente e la comunità era già stata chiusa, la Procura presso il tribunale di Tivoli non aveva proceduto con uno straccio di indagini, chiedendo addirittura l’archiviazione del caso».

La donna vittima di abusi ha oggi 38 anni ed è affetta da autismo, che le impedisce di spiegarsi a parole. Nel 2019 viene ricoverata presso una comunità terapeutica in provincia di Roma: i familiari nel corso delle visite la trovano inquieta e ricoperta di lividi su gambe e braccia, ma la comunità li giustifica dicendo che è molto nervosa e che se li procura da sola. Finché nel 2020 notano delle ecchimosi anche nelle parti intime e la conducono al pronto soccorso, dove le riscontrano lesioni compatibili con una violenza fisica. Scatta quindi la denuncia, che però arriva sul tavolo del procuratore soltanto un anno dopo. Sulle prime dispone delle intercettazioni ambientali all’interno della struttura, così da documentare l’eventuale perpetrarsi degli abusi, ma quando le forze dell’ordine si presentano alla porta della comunità per installare microfoni e telecamere, la trovano chiusa, dismessa, abbandonata. Il Pubblico ministero, allora, anziché continuare ad indagare, decide che il caso debba essere chiuso e archiviato, in quanto essendo la vittima “psicologicamente fragile e non idonea a rendere adeguata testimonianza” ci sarebbero solo “fragili indizi, insufficienti per sostenere in giudizio l’accusa”. Una vittima senza carnefici, quindi.

«Ora attendiamo fiduciosi l’esito delle indagini – conclude l’avvocato Miraglia – auspicando possano portare all’individuazione dei responsabili di un crimine così abietto, reso ancora più ignobile dal fatto che la donna sia una persona indifesa».

 

Velletri: bimbo strumentalizzato dal padre, rifiuta la madre

Il tribunale si disinteressa di lui

(VELLETRI, 10 Settembre 2021). C’è un bambino che rifiuta di vedere la mamma, separata dal padre: lei non gli ha fatto nulla eppure la rifiuta con astio. Ha soltanto 11 anni, ma non vuole stare con lei, la maltratta, se si vedono scappa dopo pochi minuti, al telefono le urla di sparire. È chiaro che il bambino, che vive con il padre per ordine del tribunale, non è arrivato da solo a scatenare questa forma di rifiuto verso di lei, ma è con tutta probabilità strumentalizzato dal genitore contro la mamma. Eppure, nonostante i comportamenti conclamati, che evidentemente dimostrano un disagio profondo di cui soffre questo bambino, il tribunale di Velletri, dove il ragazzino vive, non prende alcun provvedimento, non esamina il caso, non approfondisce le cause del suo malessere, non interviene in suo aiuto. Si limita ad ignorare il caso e a lasciare il bambino nell’angoscia.

Si tratta di un bambino di appena 11 anni, che esprime un’avversione nei confronti della madre del tutto incomprensibile ed ingiustificabile, attuando comportamenti intransigenti nei suoi confronti. Ha ingaggiato quasi una campagna denigratoria nei confronti della mamma, arrivando persino ad affermare “spero di non vederla più!”. «Manifestiamo pubblicamente la nostra preoccupazione» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale la madre si è rivolta, temendo per la serenità del suo bambino, «perché è chiaro che questo ragazzino vive un disagio. Eppure, nonostante le prove, il tribunale non prende nessuna posizione. Anzi, poiché il ragazzino rifiuta di vedere la madre, il tribunale ha accettato la sua decisione, nonostante abbia solo 11 anni, e da un anno e mezzo ha sospeso gli incontri con lei. Troviamo vergognoso che il tribunale faccia finta di niente e faccia passare tutto sotto silenzio, che trovi normale che un bambino rifiuti la madre, senza indagare sulle motivazioni che lo spingono a respingerla con tanto astio, senza verificare come stia realmente questo ragazzino e cosa motivi questa ingiustificata opposizione, senza, tra l’altro, preoccuparsi di avviare un percorso di aiuto e sostegno per lui».

Sconcerta infatti che, anziché avviare un percorso che ricongiunga madre e figlio e rassereni i loro animi, il tribunale abbia di punto in bianco sospeso i loro incontri, peggiorando la situazione: la madre, infatti, non lo vede né lo sente da un anno e mezzo, non sa come stia, come vada a scuola. Nulla. «Ma siamo o no in uno Stato di diritto, che garantisca anche alla madre di vedere suo figlio?» prosegue l’avvocato Miraglia. «Abbiamo assistito in altre situazioni a bambini che vengono allontanati da genitori per motivazioni molto più blande e invece qui, dove è assai probabile che il padre stia strumentalizzando il bambino, si passa tutto sotto silenzio, fingendo di non sapere, ignorando le numerose prove depositate».

Chiamata in causa dalla madre, la Professoressa Vincenza Palmieri, nota Tecnico Forense, ha esaminato la documentazione relativa, ed ha rilevato oltre allo svolgimento della CTU e della testistica effettuati a ridosso del parto con minacce di aborto certificate e durante il puerpuerio, come sia anche in atto un condizionamento da parte del padre verso il bambino fino a farle percepire la madre negativamente e a rifiutarla. Quali sono le prove scientifiche per asserire questo? La Professoressa Palmieri sostiene che:

“La risposta è proprio nella PLATEALITA’ DEL RIFIUTO E NELLA DRAMMATIZZAZIONE che il bambino ha agito pubblicamente. Un bambino che rifiuta un genitore, verso cui l’altro comunque svolge un’azione educativa e di accettazione del genitore rifiutato, lo fa a bassa voce, a mono sillabe, quasi vergognandosi. In questo caso: se il padre avesse svolto un’azione educativa e non ostacolante l’accesso all’altro genitore, il bambino avrebbe mantenuto la sua relazione con la madre, non avrebbe utilizzato motivazioni adultizzate tipo “mia madre mi da troppe caramelle” o il rifiuto non sarebbe stato così teatrale.

Il piccolo invece ha bisogno – o è costretto ad adeguarsi mostrandolo a tutti – come se recitasse su un palcoscenico il suo rifiuto DRAMMATIZZANDOLO. Il piccolo dunque ha posto in essere comportamenti di tipo oppositivo dovuti all’alleanza con il padre, che non ha mai nascosto disprezzo ed ostilità verso la madre, che assume una portata ancora più negativa dopo l’impossibilità di vedere la madre per quasi un anno, disposto acriticamente dalle Autorità, contro ogni sapere scientifico. Ciò che è inconcepibile – commenta Palmieri – è come le istituzioni ma anche i tecnici abbiano omesso di occuparsene, oscurando aspetti così gravi e soprattutto privando il bambino della madre, esponendolo ad un grave serio disagio evolutivo. E’ pertanto urgente rivedere le scelte ed aiutare questo bambino che sta chiedendo aiuto, ben oltre l’apparente ed immotivato rifiuto.”

La madre, quindi, tramite l’avvocato Miraglia, ha così presentato istanza urgente al Tribunale ordinario di Velletri, chiedendo l’immediata ripresa degli incontri con il figlio, di poterlo sentire al telefono almeno due volte a settimana così da partecipare alla sua vita in modo costante e continuativo, e che il giudice valuti quale sia il miglior collocamento per questo ragazzino.