Minori

Esclusivo: intervista all’avvocato della madre troppo amorevole

Quattro anni fa, quando aveva 9 anni, il Tribunale dei Minori di Trento aveva sottratto questo bambino alla madre, affidandolo a una comunità.

Un allontanamento drammatico, avvenuto mentre il bambino si trovava scuola, dove le assistenti sociali giunsero insieme ai vigili durante la ricreazione, per portarlo via.

La madre, accorsa con la nonna appena saputo del provvedimento, aveva cercato in ogni modo di impedire che le venisse tolto il figlio. Le si imputava un eccessivo amore verso il bambino, un attaccamento ossessivo tale da non lasciarlo crescere nella sua individualità e, temendo i pericoli, di volerlo tenere lontano da tutto e da tutti, specialmente dal padre, da cui vivevano separati. Ora dopo quattro anni il bambino è tornato finalmente a casa.

L’avvocato della mamma è Francesco Miraglia del foro di Modena insignito del Premio Internazionale Medaglia D’oro “Maison des Artistes 2012” con la seguente motivazione: “Avvocato penalista, giornalista pubblicista ed esperto di diritto Minorile e di Famiglia, si è generosamente schierato in difesa dei più deboli, dei senza ascolto e nelle condizioni socio-economiche più svantaggiate, sfidando apertamente e controcorrente le autorità costituite.“

Recentemente Miraglia ha partecipato al convegno “La Tutela dei Diritti dei Minori” presso l’Hotel Adige di Trento.

Perché ha accettato di rilasciare quest’intervista?

Quando alcuni anni fa sono stato incaricato dalla mamma di assisterla a riportare il figlio a casa, dopo aver letto le carte ho individuato degli aspetti discutibili e poco chiari. Ho mandato una lettera ai servizi sociali per chiedere spiegazioni su questi aspetti, in particolare in merito al progetto stilato dai servizi per sostenere e aiutare per la famiglia.

Per tutta risposta il Presidente del Tribunale per i Minorenni di Trento mi ha denunciato presso l’ordine degli avvocati. Non riuscivo a comprendere il senso di questa segnalazione per il semplice fatto di aver chiesto dei chiarimenti. E per mia fortuna l’ordine è stato del mio stesso avviso ed ha archiviato la segnalazione perché manifestatamente infondata. Ma questo episodio mi ha fatto riflettere.

Che cosa non le quadrava?

Per prima cosa il fatto che il padre non vedesse il bambino da ben due anni. E poi le continue richieste inascoltate del bambino di tornare a casa con manifestazioni anche plateali come il fatto di scrivere su tutti i quaderni di scuola o il fatto di non tagliarsi i capelli.

Ho semplicemente chiesto per capire qual era il progetto alla base della decisione di allontanare il bambino. Che cosa si stesse facendo per riportare il bambino a casa. Ma questa mia semplice richiesta è stata considerata tale da influire sulla serenità degli operatori. Tutto questo mi sembra assurdo.

Come siete riusciti a sbloccare la situazione?

Devo ringraziare le associazioni che si sono mosse per mediare tra la madre e il padre. L’associazione Figli per sempre, il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani e il gruppo multidisciplinare del consigliere Gabriella Maffioletti sono riusciti a far incontrare il padre e la madre per il bene del bambino.

Da lì in poi le cose sono cominciate a migliorare. Il padre e la madre hanno cominciato a collaborare: pensi che hanno persino chiuso il divorzio in maniera consensuale e la madre ha cercato di convincere il bambino a vedere il padre. Alla fine il bambino ha accettato di farlo e man mano le cose si sono tranquillizzate e rasserenate. In altre parole si è riusciti a fare tutto ciò che il servizio sociale non è riuscito a fare.

Quindi ora stava andando tutto bene?

Magari fosse così. Per cominciare i Servizi Sociali hanno ritardato l’esecuzione del decreto adducendo dei problemi organizzativi e logistici: in pratica gli operatori coinvolti erano in ferie e quindi il calendario delle visite è stato ridotto. Ma la sorpresa più grande è stata dopo l’udienza di ottobre.

Perché?

Le visite stavano andando bene e il bambino vedeva sia il padre che la madre. Finalmente in ottobre il tribunale ha deciso di sentire il bambino che ha espresso la sua volontà di tornare a casa tanto, che il redattore del verbale ha scritto: “Il bambino ribadisce che vuole tornare a casa.”

Ma il giudice, nonostante la manifesta volontà del bambino, ha deciso di rimandare tutto a giugno dell’anno successivo adducendo delle motivazioni di natura psicologica senza alcun reale indicatore di pericoli o pregiudizi per il bambino. Quindi abbiamo fatto appello. Ma nel frattempo il minore ha preso in mano la situazione.

Che cosa è successo?

Un bel giorno il bambino è uscito da scuola e invece di tornare in struttura è andato a casa della madre dicendole che non sarebbe più tornato in struttura.

La madre quindi ha chiamato il padre e mi ha informato degli avvenimenti e abbiamo informato i Servizi Sociali che in un primo momento hanno continuato a seguire il modello coercitivo e volevano forzare il bambino a tornare in struttura senza ascoltare le sue richieste ed esigenze, ma poi hanno deciso di lasciarlo a casa.

Infatti il ragazzo, ormai dodicenne, era sereno, viveva con la mamma e vedeva regolarmente il padre, cui si era progressivamente avvicinato. Il suo profitto scolastico era buono e anche il suo atteggiamento psicologico: il suo avvicinarsi alla madre, pertanto, ha avuto effetti soltanto positivi.

E la Corte di Appello di Trento ci ha dato ragione: il ragazzino, vista la serenità che aveva raggiunto, poteva rimanere con lei, poteva continuare a vedere il padre ogniqualvolta lo desiderasse, sempre seguito dai Servizi sociali, che periodicamente dovranno relazionare al Tribunale i suoi progressi. Una grande vittoria: finalmente il bambino veniva “ascoltato”. Ora però tutto torna al Tribunale dei minorenni anche se siamo certi che non potrà far altro che confermare la soluzione positiva della vicenda.

Lei ha detto che state valutando di agire legalmente. Perché? 

Il Tribunale dei Minori spesso interviene con dei provvedimenti sulla base di principi che salvaguardino la sicurezza dei bambini, senza però entrare nella specificità delle situazioni.

Il giudice avrebbe dovuto ascoltare il ragazzo, che aveva persino scritto una lettera al Presidente del Tribunale, chiedendo di poter rientrare a casa dalla madre. Se le procedure seguite dai Tribunali dei Minori sono corrette nella forma, dovrebbero però avere maggiore elasticità, valutando i casi nella loro specificità. Esattamente come si è comportata la Corte di Appello con il decreto del 27 marzo scorso, che non si è limitata ad applicare la legge, ma ha dato ascolto alle richieste del ragazzino.

Per tutto il tempo in cui il ragazzo è rimasto inascoltato e lontano da casa: i danni e le sofferenze che tutto questo gli ha causato sono stati immensi. Oltre al necessario risarcimento alla famiglia e al minore per i danni subiti, è necessario che chi ha sbagliato se ne assuma le sue responsabilità e che le procedure e i protocolli errati vengano cambiati.

È indispensabile passare da una cultura della forza e della sopraffazione a una cultura dell’ascolto e della comprensione. Nessuno ha la verità in tasca e certe decisioni integraliste imposte con la forza della legge a dispetto delle sofferenze e opposizioni dei minori e delle famiglie devono finire. I minori vanno ascoltati non contenuti, vanno compresi non forzati. Le azioni legali che intraprenderemo non sono dettate da un desiderio di rivalsa ma dalla volontà di dare l’opportunità di cambiare affinché queste cose non debbano più verificarsi.

Gian Piero Robbi – giampi.robbi@gmail.com

Trento, una sentenza innovativa che restituisce una famiglia a due bambini

L’avvocato Francesco Miraglia, il CCDU e Gabriella Maffioletti di ADIANTUM, esprimono la loro grande soddisfazione per il primo affidamento intra-familiare giudiziale non richiesto dai servizi sociali.

Oggi infatti il Tribunale dei minorenni di Trento ha deciso di affidare due minori di 1 e 3 anni a una zia della madre, che è attualmente ospitata in una comunità di recupero. Da quanto ci è dato sapere, questa è la prima volta che il tribunale accetta questo tipo di collocamento non richiesto dai servizi sociali. Il provvedimento è immediatamente esecutivo e già domani i due bambini in tenera età potranno ritornare a godere dell’affetto di una famiglia e uscire dalla struttura residenziale.
Questa è una sentenza innovativa per il Trentino dato che è la prima volta, per quanto ne sappiamo, in cui si verifica questa eventualità, visto che solitamente questo tipo di affidamento viene proposto dai servizi sociali. In questo caso i servizi, sebbene i parenti avessero comunicato verbalmente la loro disponibilità, non li avevano informati della necessità di richiedere formalmente l’affido dei bambini e il tribunale si era convinto che non fossero interessati, decretando pertanto il collocamento in struttura dei bambini.
Interrogata in merito a ciò, l’assistente sociale incaricata del caso ha affermato che i parenti avrebbero dovuto attivarsi e che lei non aveva il compito di sollecitarli (…). Ci auguriamo che questo sia di monito per i parenti di famiglie che rischiano l’allontanamento dei figli affinché si attivino immediatamente per iscritto. Non è sufficiente comunicarlo verbalmente all’assistente sociale.
La storia di questi bambini era già salita all’onore delle cronache per le modalità di allontanamento, dato che il bambino di soli due anni era stato allontanato dalla madre mentre era in ospedale per partorire la seconda figlia. Un trauma gravissimo sia per la madre e la famiglia sia per il bambino, che non aveva potuto nemmeno salutare la madre. La vicenda aveva anche avuto dei risvolti politici con ben tre interrogazioni e una domanda di attualità presentate dal consigliere comunale Gabriella Maffioletti in merito alle modalità dell’allontanamento, alle scarse informazioni fornite alla famiglia e al mancato utilizzo delle risorse consistenti in una famiglia solida e unita. Questi due bambini hanno dovuto stare per più di un anno in una struttura: un trauma che probabilmente li segnerà per tutta la vita.
Ma questa vicenda è anche la dimostrazione di come un lavoro sinergico di rete può condurre a un esito positivo in situazioni anche apparentemente senza speranza. Grazie all’intervento dell’avvocato Miraglia, tutte le zie del bambino hanno ottemperato alle regolari procedure legali offrendosi di accogliere il bambino. I responsabili della comunità di San Patrignano, contattati da Antonella Flati dell’associazione Pronto Soccorso Famiglia, in stretta cooperazione con il consigliere Gabriella Maffioletti (che in pratica ha svolto le funzioni di assistente sociale) sono riusciti a convincere la mamma ad intraprendere un lavoro serio di recupero. Per non allontanare la mamma dal bambino e su suggerimento del SERT, la mamma è stata collocata presso la comunità di Camparta che ha svolto e sta svolgendo un ottimo lavoro. I famigliari invece, si sono impegnati a frequentare e frequentano regolarmente le riunioni del gruppo di San Patrignano per poter aiutare meglio la mamma nel suo percorso di recupero.
Così, il tribunale non solo ha decretato la revoca della sospensione della potestà genitoriale per la mamma, ma ha anche disposto che potrà vedere i bambini in visite non protette. Se pensiamo che solo un anno fa era stata avviata la procedura di adottabilità possiamo capire che in poco tempo sono stati fatti dei passi avanti prodigiosi. Il consigliere comunale Gabriella Maffioletti – che il 5 e 6 aprile prossimo sarà a Roma assieme ad altri professionisti come relatore del corso intensivo organizzato dall’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare – ha affermato: “Questa vicenda è un esempio lapalissiano di come, attraverso un lavoro sinergico con lo scopo condiviso di tutelare il diritto del minore a una famiglia, la possibilità di evitare o far cessare gli allontanamenti dalle famiglie sia reale e concreta, anche in casi molto complessi e delicati”.
Oltre al comportamento omissivo dell’assistente sociale, dobbiamo però muovere una critica ai servizi sociali e all’EMAF (Équipe multidisciplinare per l’affidamento familiare). Infatti i servizi (e in seguito l’equipe) erano stati incaricati di valutare questo affidamento intra-famigliare il 29 maggio 2012. Ora siamo a marzo e finalmente abbiamo una decisione definitiva: con un calendario intensivo di incontri e di visite questo si sarebbe potuto e dovuto fare in tempi molto più brevi. Non dimentichiamo che nel frattempo due minori in età tenerissima vivevano lontani dall’affetto di una famiglia in una struttura residenziale.

Fonte: Redazione
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Vivere senza psicofarmaci: è nato il comitato etico multidisciplinare

 

VIVERE SENZA PSICOFARMACI E’ POSSIBILE

 
Vivere senza psicofarmaci è possibile. Questo quanto sostengono un gruppo di professori e ricercatori italiani, guidati dalla Professoressa Vincenza Palmieri, presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia familiare, che dal 2004 ha applicato, prima a Catania poi a Roma, il programma “Vivere senza psicofarmaci”. Un progetto la cui validità ed efficacia è data dagli importanti risultati raggiunti nel corso degli anni su giovani pazienti e adulti provenienti dall’Italia, dal Nord Europa e dagli Stati Uniti.
Un programma quindi innovativo quello di “Vivere senza psicofarmaci” che segue un iter specifico come ci spiega la stessa Professoressa Palmieri:  “Si tratta di un progetto semplice nella sua applicazione in quanto la dismissione degli psicofarmaci è solo l’ultimo gradino di un percorso più ampio che si attua sul paziente, sulla sua famiglia e sul contesto ambientale nel quale la persona è inserita. Tra gli aspetti innovativi vanno sicuramente ricordati la possibilità per l’utente di poter essere ricoverato presso il proprio domicilio e di poter disporre di una formazione specifica che coinvolge i genitori e i parenti nella fase di svezzamento e di aiuto alla persona. Visti i traguardi raggiunti, ora puntiamo a far sì che il Programma esca dal nostro Istituto e si applichi, attraverso uno specifico protocollo, nella Sanità Pubblica e che i risultati ottenuti siano estesi alla comunità scientifica e sanitaria anche perché, ci tengo a sottolinearlo, questo progetto va nella direzione, intrapresa dal Governo, della standing review e della riduzione della spesa farmaceutica”.
Risultati che sono stati presentati lo scorso 7 luglio in concomitanza alla formalizzazione del Comitato Etico Multidisciplinare e che ha visto anche la partecipazione dell’onorevole Antonio Guidi che ha sottolineato: “Ritengo che un approccio senza psicofarmaci nell’infanzia sia una buona prassi di civiltà.  Si tratta di un metodo rivoluzionario quello proposto da questo Progetto ben consci di quanto spesso sia più facile ingoiare una pillola che mettersi  in discussione o prendere delle gocce piuttosto che creare delle dinamiche positive”.
Il Programma “Vivere senza psicofarmaci” si avvale di uno specifico Comitato Etico Multidisciplinare che rappresenta un vero e proprio organo di garanzia, di approccio scientifico e di multidisciplinarietà alla materia e il cui fine è anche quello di permettere l’estensione sociale del Progetto. Il gruppo di lavoro è costituito da  esperti quali:la Prof.ssa Vincenza Palmieri, l’On. Antonio Guidi, già Ministro della Famiglia e Sottosegretario alla Sanità,  il  Prof. Giuseppe Gulino, epidemiologo, Professore presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Torino e Direttore sanitario dell’azienda ospedaliera Als Torino4, il Dott. Giovanni Cozzula,  consulente igienico sanitario di Torino, la Dott.ssa Benedetta Massa, medico odontoiatra di Roma, il Dott. Antonio Spadaro, specialista in Neurologia e Neurochirurgia di Roma, il Dott. Massimo Lucchetti,cardiologo, Primario presso la  casa di Cura Villa Pia di Roma, l’Avvocato penalista e dei Minori  Eleonora Grimaldi, la Dott.ssa Tiziana Mandarino, medico di base di Roma – Testaccio,  l’avvocato penalista Francesco Miraglia esperto in diritto di famiglia e diritto minorile del Foro di Modena, il Dott. Pier Bonici, Formatore, il Dott. Gepi Prete, Medico Chirurgo.
Nei prossimi mesi il Comitato lavorerà attivamente per tutelare da una parte i bambini che sono sempre più oggetto di attenzione da parte delle case farmaceutiche e i giovani spesso vittime della doppia diagnosi psichiatrica, dall’altra per contrastare qualsiasi forma di abuso psichiatrico sui minori, compresi quelli ricoverati presso le Case Famiglia, sulle donne e su tutti coloro che sono vittime di informazioni sbagliate e di inganni terapeutici.Il tutto mentre pone in essere un intenso programma che vedrà la sua realizzazione sin dai primi giorni di settembre.
 
 
Ecco il link al video:
http://www.youtube.com/watch?v=SD5_gb_p3M0&feature=youtu.be
 
 

Trento, 8 Giugno. Convegno: la crisi economica colpisce le famiglie, ma non le case famiglia

Trento 25maggio 2012
Trento. Il CCDU, il PSF (Pronto Soccorso Famiglie) e ADIANTUM hanno organizzato il convegno dal tema “Ridateci i nostri figli!” che si terrà venerdì 8 giugno alle ore 16.30 presso la Sala di Rappresentanza del Palazzo della Regione a Trento. “La crisi economica colpisce le famiglie ma non le case famiglia. Perché psichiatri, psicologi e assistenti sociali hanno il potere di portar via i nostri figli?”: è questo il leit-motiv dominante dell’evento, che tenterà di spiegare (e informare) gli intervenuti e la cirradinanza sulle problematiche del sistema e sulle possibili soluzioni.

Durante i lavori grande enfasi verrà data ai cambiamenti in atto. Primo tra tutti, quello che scaturisce dal Senato, che il 22 maggio 2012 ha approvato all’unanimità la richiesta di dichiarazione d’urgenzaper l’esame congiunto in Commissione giustizia dei DDL vertenti su materie relative all’istituzione di sezioni specializzate per le controversie in materia di persone e di famiglia e di soppressione dei tribunali per i minorenni.
Il convegno dell’8 Giugno trae spunto da un sistema giudiziario – per i più di chiaro stampo autoritario e fascista – che, negli ultimi due anni, ha messo in luce tutti i suoi problemi di arbitrarietà, incompetenza e anti-democraticità. Molti i cittadini che partecipano alle manifestazioni e segnalano nuovi casi, tantissimi quelli che vorrebbero cambiare questo stato di cose, e finalmente pare che anche il Senato si sia accorto della scandalo italiano delle case famiglia, dove migliaia di bambini soffrono lontani forzatamente dai propri affetti, e che è necessaria una riforma urgente.
Il Trentino da anni, grazie al lavoro di associazioni locali ben ramificate e all’attivismo di alcuni amministratori, non solo non è immune a questa tragedia, ma è secondo solo alla Liguria per percentuale di bambini sottratti alle famiglie, mentre si spendono più di 10 milioni e mezzo di euro per “tutelare” i bambini. A differenza del resto d’Italia, dove il dibattito sui cambiamenti è comunque presente nelle Istituzioni, il “sistema trentino” si oppone a qualsiasi tentativo di riforma. La mozione di riforma dei servizi sociali del consigliere comunale Gabriella Maffioletti non è stata approvata. Lo stesso per le misure di sostegno ai genitori separati. Anche i documenti e DDL presentati da Bruno Firmani e Pino Morandini sono stati bocciati. Nella nostra regione, pochi giorni fa, un bambino di tre anni è stato sottratto alla famiglia mentre la mamma partoriva un’altra bambina, sebbene avesse una forte rete famigliare di sostegno. Piange disperato in una casa famiglia e nessuno lo ascolta. Ci sono decine e decine di segnalazioni di bambini sottratti che vorrebbero tornare in famiglia e non vengono ascoltati. Le recenti fughe di bambini dalla comunità di Bedollo e dal villaggio SOS sono solo la punta dell’iceberg.
Finché non verrà cambiata la legge, nessuna famiglia potrà dirsi al sicuro in questo sistema malato. Gli organizzatori del convegno hanno messo a disposizione dei partecipanti un documento con informazioni utili su come difendere i propri figli proprio dal sistema di cui si parlerà. L’evento sarà moderato da Silvio De Fanti, Vice Presidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, mentre i relatori saranno l’On. Antonio Guidi, Specialista in neurologia e neuropsichiatria infantile e medico neurologo, l’avv. Francesco Miraglia, Avvocato del foro di Modena e coautore del libro “Ridateci i nostri figli”, Antonella Flati, Presidente dell’Associazione Pronto Soccorso Famiglie e Gabriella Maffioletti, Consigliere del Comune di Trento e delegata Adiantum per il Trentino.

Minori: a Forli' bimba data in adozione, vive a soli 200 metri da vera madre

 
Le ultime notizie
Forli’, 9 mag.?(Adnkronos) – Una bambina di 9 anni e’ stata data in adozione a una coppia che abita a soli 200 metri dall’abitazione della madre biologica della piccola e quest’ultima e’ stata invitata sia dal servizio sociale del Comune di Forli’ sia dal parroco di una chiesa locale a trasferirsi in un’altra citta’ per evitare sofferenze e disagi psicologici alla minorenne. A denunciare la vicenda sono l’avvocato Francesco Miraglia e Camillo Valgimigli, psichiatra-psicoterapeuta, rispettivamente legale e consulente della mamma della bambina. In una lettera al procuratore del Tribunale per i Minorenni di Bologna, al presidente del Tribunale per i Minorenni di Bologna, al sindaco di Forli’ e al vescovo di Forli’, i due denunciano “l’ennesimo caso di ‘mala giustizia’ a danno di un minore, da parte del servizio sociale del Tribunale per i Minorenni e della Corte d’appello di Bologna”. “La minore – spiegano – dopo essere stata inserita dal servizio sociale del Comune di Forli’ nella struttura di Forli’, e’ stata adottata in seguito al provvedimento giudiziario, da una coppia di coniugi residente a Forli’ che, per quanto possa sembrare inverosimile, abitano a circa 200 metri dall’abitazione della madre ‘vera’ della bambina”. Cio’ comporta, secondo il legale e il consulente, “inevitabili ripercussioni negative sulla situazione psicologica della minore che incontra quotidianamente (compresa la domenica nella stessa parrocchia) la sua mamma ‘vera’”.
 Non solo. Secondo il legale e il consulente, pare che la madre adottiva sia “un’operatrice della comunita’” e “abbia altresi’ presieduto e relazionato in merito alle visite protette tra la minore e la famiglia di origine dal 2006 sino a quasi la sentenza di adottabilita’”. Nonostante l’avvenuta adozione, denuncia Miraglia, “il servizio sociale continua a far incontrare la madre ‘vera’ e la piccola in ambiente protetto”. Se a tutto cio’ si aggiunge che “sia il servizio sociale del Comune di Forli’ sia il parroco della parrocchia” in nome e per conto della minore “invitano la madre ‘vera’ a trasferirsi in un’altra citta’ per evitare sofferenze e disagi psicologici alla bambina, ne deriva una vicenda grottesca e tale da richiedere urgentemente l’intervento dell’autorita’”. Il parroco, riporta il legale, “attraverso un avvocato di fiducia ha diffidato per iscritto” la madre biologica della minore ”di astenersi dal recarsi” nella parrocchia e nelle sue pertinenze di ogni genere “con riserva di ogni piu’ appropriata azione”. “Addirittura si vuole impedire alla madre ‘vera’ – concludono Miraglia e Valgimigli – di entrare nella casa di Dio”.

Assistenti sociali solerti solo quando devono togliere i figli?

La città di Trento assurge nuovamente alle cronache per l’operato del servizio sociale così tanto elogiato dall’assessore Ugo Rossi e dall’assessore Plotegher, così come  l’operato delle case famiglia a cui questo servizio si rivolge.
Mamma Nicole ha il problema dell’uso di stupefacenti, ed avendo necessità di essere seguita da una struttura idonea viene inviata da una assistente del servizio sociale presso la casa famiglia Padre Angelo di Trento insieme al figlioletto all’epoca di sei mesi. Qui dovrebbe essere seguita in primis dall’ente inviante e dalla struttura ospitante che risulterebbe idonea così come da statuto alla presa in carico di soggetti critici ed ai figli di questi. Succede che il tempo passa, per l’esattezza quasi due anni dove mamma Nicole viene parcheggiata in questa struttura. Perché diciamo parcheggiata? Perché nonostante necessiti essere seguita con adeguate terapie volte alla disintossicazione ed a un corretto inserimento nella società civile, viene invece abbandonata da chi ha proposto l’inserimento nella struttura di cui sopra e dagli stessi operatori della casa famiglia che non si adoperano per un percorso riabilitativo, ma dimenticano Nicole che continua nel suo percorso trasgressivo a fare uso saltuariamente di sostanze acquistate in paese.
E succede che mamma Nicole rimanendo incinta nuovamente partorisce pochi giorni fa, ma subito dopo il parto viene a sapere dalla solerte assistente sociale che mentre partoriva il suo primo figlio è stato trasferito in una nuova struttura con motivazioni ancora da accertare. Sorge spontaneo a questo punto domandarsi come mai si sia dovuto ricorrere solo in quel momento e così proditoriamente, stante le condizioni di una madre che ha appena partorito a questa soluzione quando lo stato di Nicole era conosciuto da sempre e nulla era stato attivato a suo sostegno.
Antonella Flati, presidente dell’associazione Pronto Soccorso Famiglia, in concerto con il consigliere comunale di Trento Gabriella Maffioletti, dichiara di voler avviare in merito una interrogazione alla Commissione Parlamentare per i Minori in cui chiederà l’immediata rimozione dell’assistente sociale che, oltre ad aver chiesto  l’onerosa collocazione in istituto di mamma Nicole, ha ignorato le sue reali necessità di cura e riabilitative non attivando i percorsi del caso.
Giova infine precisare che mamma Nicole durante i fine settimana si appoggiava alla propria famiglia ritenuta idonea dal servizio a svolgere un ruolo di supporto per ella, attorniata quindi dall’affetto di genitori e fratelli dove questa trascorreva il fine settimana e pertanto una importante risorsa per il collocamento almeno del minore che potrebbe essere seguito così da familiari piuttosto che essere rinchiuso in una nuova comunità sterile degli affetti di cui un bambino sicuramente necessita. Del caso se ne occuperà l’ormai noto Avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena, presidente del comitato scientifico dell’associazione P.S.F. che si occuperà del risvolto legale

678 famiglie In Trentino private dei figli

«Ridateci i nostri figli!»: è l’appello di una cinquantina di persone, per lo più genitori di bambini allontanati dalle famiglie su decisione dei giudici, che si sono trovate in mattinata davanti al tribunale dei minori di Bologna. Una protesta silenziosa – a cui ha preso parte anche la consigliere comunale di Trento Gabriella Maffioletti –  contro giudici, psicologi, psichiatri, assistenti sociali che «hanno il potere di portar via i tuoi bambini», si legge su un volantino.
 
In particolare, il Comitato dei cittadini per i diritti umani chiede un’ispezione ministeriale nel tribunale bolognese, che tra l’altro ha gestito il caso di Anna Giulia, la bimba di sei anni tolta ai genitori reggiani Massimiliano Camparini e Gilda Fontana dopo che avevano sottratto la piccola in due diverse occasioni nel 2010.
Nel pomeriggio sempre, a Bologna,si è tenuto un convegno con alcuni esperti del settore, che trae spunto dal libro «Ridateci i nostri figli» a cura dell’avvocato Francesco Miraglia, difensore anche dei genitori di Anna Giulia. Tra i relatori, e prima davanti al tribunale bolognese, anche la trentina Gabriella Maffioletti. A luglio aveva presentato in Comune a Trento un ordine del giorno per chiedere la rivisitazione del ruolo dei servizi sociali: «A Trento non è passato per due voti ma è stato ripreso e approvato dai consigli comunali di Imola (Bologna) e Roma», ha detto ricordando poi che nella provincia di Trento ci sarebbero 678 famiglie “private” forzatamente dei propri figli e che, secondo dati del marzo 2011, il Trentino sarebbe  la seconda regione, dopo la Liguria, per numero di minori tolti e affidati a strutture di accoglienza

Caso Anna Giulia: protesta al tribunale dei minori di Bologna

Il sit-in è organizzato dal gruppo “insieme per Stella” – il soprannome della piccola – e si terrà venerdì mattina “Stella” è il soprannome di Anna Giulia sul web REGGIO – Continua a tenere banco il caso di Anna Giulia, la bimba di 6 anni tolta dall’affidamento dei genitori, Massimo Camparini e Gilda Fontana, in attesa del pronunciamento del tribunale di Bologna. La piccola, affidata a una nuova famiglia dopo essere stata con i servizi sociali, è da mesi lontano dai propri genitori. Per cercare di fare riavvicinare padre, madre e figlia, il gruppo “insieme per Stella” – questo il soprannome di Anna Giulia sui social network, dove il gruppo si è costituito – ha organizzato per venerdì alle 10 un sit-in di protesta davanti al tribunale dei minori di Bologna, in via Pratello 36. Gli iscritti, in tutto 7.236, arriveranno da ogni parte d’Italia per chiedere il rientro in famiglia della piccola. Gli amministratori, poi, hanno già inviato una richiesta di intervento al presidente della Repubblica, al premier e ai presidenti di Camera e Senato. Inoltre, dalla parte dei sostenitori di “insieme per Stella” ci sarà anche l’onorevole Pier Paolo Zaccai, presidente del Movimento nazionale Italia garantista nonché consigliere indipendente della Provincia di Roma che ha portato all’attenzione dei media il “caso Camparini” nel corso della conferenza stampa svoltasi nella Capitale, a Palazzo Valentini, lo scorso mese di luglio. La conferenza tenutasi a Roma lo scorso luglio. Da sinistra: i genitori di Anna Giulia, l’avvocato Miraglia, Pier Paolo Zaccai e il senatore Franco Cardiello “Un colpevole silenzio avvolge l’intera vicenda”, ha dichiarato Zaccai: “Da otto mesi, ormai, della piccina si sono perse le tracce. Nonostante, ironia della sorte, a mamma Gilda sia stato recapitato l’invito ad accompagnare la bimba il prossimo 4 ottobre per le vaccinazioni di rito”. Zaccai ha quindi ricordato che “la vicenda non finisce qui: ci batteremo perché sia fatta giustizia e perché sia garantito il rientro di Anna Giulia nella sua legittima famiglia. Basta con i furti di bambini: è ora che si mobiliti la società civile”. Intanto, come già accaduto lo scorso 25 maggio, i genitori della bambina saranno nuovamente ospiti mercoledì prossimo della trasmissione di Rai Tre Chi l’ha visto?.

Caso Anna Giulia: protesta al tribunale dei minori di Bologna

martedì 27 settembre 2011
Il sit-in è organizzato dal gruppo “insieme per Stella” – il soprannome della piccola – e si terrà venerdì mattina
"Stella" è il soprannome di Anna Giulia sul web“Stella” è il soprannome di Anna Giulia sul web

REGGIO – Continua a tenere banco il caso di Anna Giulia, la bimba di 6 anni tolta dall’affidamento dei genitori, Massimo Camparini e Gilda Fontana, in attesa del pronunciamento del tribunale di Bologna. La piccola, affidata a una nuova famiglia dopo essere stata con i servizi sociali, è da mesi lontano dai propri genitori.
Per cercare di fare riavvicinare padre, madre e figlia, il gruppo “insieme per Stella” – questo il soprannome di Anna Giulia sui social network, dove il gruppo si è costituito – ha organizzato per venerdì alle 10 un sit-in di protesta davanti al tribunale dei minori di Bologna, in via Pratello 36. Gli iscritti, in tutto 7.236, arriveranno da ogni parte d’Italia per chiedere il rientro in famiglia della piccola. Gli amministratori, poi, hanno già inviato una richiesta di intervento al presidente della Repubblica, al premier e ai presidenti di Camera e Senato.
Inoltre, dalla parte dei sostenitori di “insieme per Stella” ci sarà anche l’onorevole Pier Paolo Zaccai, presidente del Movimento nazionale Italia garantista nonché consigliere indipendente della Provincia di Roma che ha portato all’attenzione dei media il “caso Camparini” nel corso della conferenza stampa svoltasi nella Capitale, a Palazzo Valentini, lo scorso mese di luglio.

La conferenza tenutasi a Roma lo scorso luglio. Da sinistra: i genitori di Anna Giulia, l'avvocato Miraglia, Pier Paolo Zaccai e il senatore Franco CardielloLa conferenza tenutasi a Roma lo scorso luglio. Da sinistra: i genitori di Anna Giulia, l’avvocato Miraglia, Pier Paolo Zaccai e il senatore Franco Cardiello

“Un colpevole silenzio avvolge l’intera vicenda”, ha dichiarato Zaccai: “Da otto mesi, ormai, della piccina si sono perse le tracce. Nonostante, ironia della sorte, a mamma Gilda sia stato recapitato l’invito ad accompagnare la bimba il prossimo 4 ottobre per le vaccinazioni di rito”. Zaccai ha quindi ricordato che “la vicenda non finisce qui: ci batteremo perché sia fatta giustizia e perché sia garantito il rientro di Anna Giulia nella sua legittima famiglia. Basta con i furti di bambini: è ora che si mobiliti la società civile”.
Intanto, come già accaduto lo scorso 25 maggio, i genitori della bambina saranno nuovamente ospiti mercoledì prossimo della trasmissione di Rai Tre Chi l’ha visto?.

.Città Caso Anna Giulia: protesta al tribunale dei minori di Bologna

 Il sit-in è organizzato dal gruppo “insieme per Stella” – il soprannome della piccola – e si terrà venerdì mattina “Stella” è il soprannome di Anna Giulia sul web REGGIO – Continua a tenere banco il caso di Anna Giulia, la bimba di 6 anni tolta dall’affidamento dei genitori, Massimo Camparini e Gilda Fontana, in attesa del pronunciamento del tribunale di Bologna. La piccola, affidata a una nuova famiglia dopo essere stata con i servizi sociali, è da mesi lontano dai propri genitori. Per cercare di fare riavvicinare padre, madre e figlia, il gruppo “insieme per Stella” – questo il soprannome di Anna Giulia sui social network, dove il gruppo si è costituito – ha organizzato per venerdì alle 10 un sit-in di protesta davanti al tribunale dei minori di Bologna, in via Pratello 36. Gli iscritti, in tutto 7.236, arriveranno da ogni parte d’Italia per chiedere il rientro in famiglia della piccola. Gli amministratori, poi, hanno già inviato una richiesta di intervento al presidente della Repubblica, al premier e ai presidenti di Camera e Senato. Inoltre, dalla parte dei sostenitori di “insieme per Stella” ci sarà anche l’onorevole Pier Paolo Zaccai, presidente del Movimento nazionale Italia garantista nonché consigliere indipendente della Provincia di Roma che ha portato all’attenzione dei media il “caso Camparini” nel corso della conferenza stampa svoltasi nella Capitale, a Palazzo Valentini, lo scorso mese di luglio. La conferenza tenutasi a Roma lo scorso luglio. Da sinistra: i genitori di Anna Giulia, l’avvocato Miraglia, Pier Paolo Zaccai e il senatore Franco Cardiello “Un colpevole silenzio avvolge l’intera vicenda”, ha dichiarato Zaccai: “Da otto mesi, ormai, della piccina si sono perse le tracce. Nonostante, ironia della sorte, a mamma Gilda sia stato recapitato l’invito ad accompagnare la bimba il prossimo 4 ottobre per le vaccinazioni di rito”. Zaccai ha quindi ricordato che “la vicenda non finisce qui: ci batteremo perché sia fatta giustizia e perché sia garantito il rientro di Anna Giulia nella sua legittima famiglia. Basta con i furti di bambini: è ora che si mobiliti la società civile”. Intanto, come già accaduto lo scorso 25 maggio, i genitori della bambina saranno nuovamente ospiti mercoledì prossimo della trasmissione di Rai Tre Chi l’ha visto?.