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Revoca dell’affidamento ai servizi sociali: un caso che solleva interrogativi sulla tutela dei minori

Brescia, 13 luglio 2024 – Il Tribunale per i minorenni di Brescia ha recentemente emesso una sentenza che segna un punto di svolta in una vicenda complessa e controversa. Una sedicenne, Roberta (nome di fantasia), è stata finalmente autorizzata a tornare a vivere con i suoi familiari, dopo un lungo periodo trascorso in una struttura protetta. Questa decisione ha messo in luce diverse problematiche legate alla gestione della tutela dei minori da parte delle autorità locali.

Tutto è iniziato all’inizio del 2023, quando Roberta si è rifiutata di tornare a casa dal padre a causa di un grave episodio di conflitto familiare. Le autorità, ritenendo non idonea anche la residenza della madre, hanno deciso di collocare la ragazza in uno “spazio neutro”. Questo termine, apparentemente innocuo, indica una struttura dove i minori possono incontrare i genitori sotto stretta sorveglianza, in un ambiente considerato sicuro e imparziale.

Gli operatori dei servizi sociali hanno sostenuto questa decisione, evidenziando quelle che hanno definito “importanti fragilità” della ragazza. Tuttavia, con il passare del tempo, queste fragilità sono apparse sempre più come un pretesto per giustificare una misura drastica e forse non necessaria.

Dopo un anno e mezzo di permanenza forzata nella struttura, il Tribunale per i minorenni ha rivisto il caso di Roberta, concludendo che la ragazza poteva tornare a vivere con la sua famiglia. La corte ha infatti riscontrato che le fragilità di Roberta erano state probabilmente esagerate e che la residenza della madre, inizialmente considerata inidonea, era in realtà un ambiente sicuro.

Questa sentenza ha aperto un dibattito sulle pratiche adottate dai servizi sociali. L’avvocato della famiglia, Miraglia, non ha risparmiato critiche e ha lanciato un grido d’allarme:

“La recente decisione del Tribunale di Brescia mette in luce le gravi carenze e le disfunzioni all’interno del sistema di tutela minori. È inaccettabile che procedure affrettate e interessi economici possano prevalere sul benessere dei minori. Questo caso dimostra la necessità urgente di una riforma profonda e di un controllo rigoroso delle pratiche adottate dai servizi sociali.”

Miraglia ha sollevato una questione cruciale: il ruolo degli interessi economici nelle decisioni riguardanti la tutela dei minori. In un sistema dove le cooperative e i professionisti coinvolti nella gestione dei minori possono trarre profitti, è fondamentale garantire che le decisioni prese siano esclusivamente nel miglior interesse dei bambini.

Il caso di Roberta non è isolato. Ogni anno, migliaia di minori vengono allontanati dalle loro famiglie e collocati in strutture protette, spesso con motivazioni discutibili. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, nel 2022 sono stati oltre 30.000 i minori affidati ai servizi sociali, con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. Gli allontanamenti forzati avvengono generalmente in situazioni di presunto pericolo per il minore, ma molte famiglie e avvocati sostengono che queste decisioni sono talvolta prese in modo affrettato e senza una valutazione approfondita delle circostanze.

Le motivazioni alla base degli allontanamenti sono spesso complesse e variegate. Possono includere abusi fisici o psicologici, trascuratezza, dipendenze dei genitori, violenza domestica o condizioni abitative inadeguate. Tuttavia, vi sono casi in cui le ragioni non sono così chiare e le decisioni vengono prese su basi di interpretazioni soggettive o rapporti insufficienti.

La procedura di allontanamento di un minore inizia generalmente con una segnalazione ai servizi sociali. Questa può provenire da scuole, medici, vicini di casa o dalla stessa famiglia. Una volta ricevuta la segnalazione, i servizi sociali avviano un’indagine per valutare la situazione familiare. Se ritengono che il minore sia in pericolo, possono richiedere un intervento immediato che, in molti casi, comporta il collocamento in una struttura protetta.

Gli effetti psicologici degli allontanamenti forzati possono essere devastanti per i minori. Studi psicologici hanno evidenziato che i bambini allontanati dalle loro famiglie possono sviluppare disturbi emotivi e comportamentali, tra cui ansia, depressione e problemi di attaccamento. La separazione dalla famiglia, specie se non necessaria, può compromettere il loro sviluppo emotivo e sociale.

Il caso di Roberta ha evidenziato la necessità di una riforma profonda del sistema di tutela dei minori. Gli esperti sottolineano l’importanza di adottare misure che garantiscano trasparenza e responsabilità, assicurando che il benessere dei bambini sia sempre al centro delle decisioni. Tra le proposte di riforma, vi è l’istituzione di un organismo indipendente di supervisione che possa valutare le decisioni dei servizi sociali e assicurare che vengano rispettati i diritti dei minori e delle loro famiglie.

Per Roberta e la sua famiglia, la decisione del Tribunale rappresenta una vittoria. La madre di Roberta, visibilmente commossa, ha espresso la sua gratitudine: “Finalmente, dopo tanto dolore, mia figlia può tornare a casa. Speriamo che nessun’altra famiglia debba passare ciò che abbiamo vissuto noi.”

La vicenda di Roberta ha sollevato interrogativi cruciali sulla gestione della tutela dei minori a Brescia e oltre. È chiaro che è necessario un controllo più rigoroso e una maggiore trasparenza nelle decisioni che riguardano i minori. Le autorità devono riflettere su questa vicenda e adottare misure per garantire che tutti i bambini possano crescere in un ambiente sicuro e protetto, senza essere vittime di decisioni affrettate e potenzialmente dannose.

Questo caso rappresenta non solo la fine di un calvario per una giovane ragazza, ma anche un richiamo alla necessità di riforme strutturali per proteggere meglio i nostri minori in futuro.

 

“Evoluzione del diritto di famiglia: La riforma Cartabia e la promozione della coordinazione genitoriale”

 

La Legge 206/2021, più nota come riforma Cartabia, ha rivoluzionato il processo di famiglia cercando di modellare gli istituti processuali alle problematiche concrete determinate dalla crisi di un nucleo familiare. Tra i problemi più evidenti nella fase post-separazione, ad esempio, c’è la difficoltà degli ex-coniugi di concordare orari e luoghi delle attività dei propri figli e, più in generale, le scelte educative da portare avanti nell’interesse dei minori. Lo strumento utilizzato per ovviare a questa difficoltà è il piano genitoriale (art 473 bis.12 ultimo comma c.p.c.) introdotto dalla riforma Cartabia, che deve essere allegato al ricorso e che indica gli impegni e le attività quotidiane dei figli relativi al percorso educativo, alla scuola, alle attività extrascolastiche, alle frequentazioni abituali e alle vacanze normalmente godute. In caso di discordanza tra i piani dei genitori, il giudice “può formulare una proposta di piano genitoriale tenendo conto di quelli allegati dalle parti”. L’accettazione del piano proposto dal giudice obbliga le parti a osservarne il contenuto. Il mancato rispetto delle condizioni, infatti, costituisce un comportamento sanzionabile con le misure previste dall’art.473-bis.39.

È importante che il piano genitoriale venga inteso in primo luogo come un’occasione di riflessione da parte dei genitori per ripensare a come vivere il loro nuovo status di genitori post-separazione o divorzio, e in secondo luogo come un progetto sull’esercizio della responsabilità genitoriale.

In questo contesto, la riforma Cartabia ha assegnato ampio spazio alle ADR (Alternative Dispute Resolution), un insieme di tecniche quali l’arbitrato, la mediazione civile, il negoziato e la mediazione familiare che si propongono come strumenti di risoluzione alle controversie alternativi al procedimento giudiziale ordinario.

In particolare, la riforma prevede al comma 23, lettera ee, la facoltà per il Giudice di nominare un professionista che offri supporto al Giudice nel superamento dei conflitti, nell’ausilio dei minori e per la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra i genitori e i figli. Nello specifico, la riforma prevede che queste figure professionali – formatisi ai sensi della legge 4/2013 – abbiano specifiche competenze in materia di diritto di famiglia, minori e violenza domestica, e abbiano l’obbligo di interrompere la mediazione familiare qualora emergano forme di violenza.

Nella legge non si fa menzione specifica alla Coordinazione Genitoriale, ma il riferimento a questa tecnica di risoluzione al conflitto è chiaro.

Come definito dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia, la coordinazione genitoriale

 

è un processo di risoluzione alternativa delle controversie (c.d. ADR) centrato sul bambino attraverso il quale un professionista della salute mentale o di ambito giuridico, con formazione ed esperienza nella mediazione familiare, aiuta i genitori altamente conflittuali ad attuare il loro piano genitoriale, facilitando la risoluzione delle controversie in maniera tempestiva, educandoli in merito ai bisogni dei loro figli e, previo consenso delle parti e /o del giudice, prendendo decisioni all’interno dell’ambito dell’ordine del tribunale o del contratto di incarico ricevuto. L’obiettivo globale della coordinazione genitoriale è assistere i genitori con alto livello di conflitto ad attuare il loro piano genitoriale, monitorare l’osservanza dello stesso, risolvere tempestivamente le controversie riguardanti i loro figli e l’attuazione del piano genitoriale nonché proteggere, salvaguardare e preservare una relazione genitore-bambino sicura, sana e significativa. La coordinazione genitoriale è un processo di risoluzione alternativa delle controversie incentrata sulla tutela della salute, che integra la valutazione, l’educazione, la gestione del caso, la gestione del conflitto e, talvolta, integra funzioni decisionali (Ordine Psicologi Lombardia, 2024).

 

La coordinazione genitoriale si applica a un sistema familiare nel suo insieme, sia come famiglia separata, che come famiglia ricostituita o allargata. Promuove il dialogo tra le figure professionali che appartengono a diversi ambiti quali l’ambito psicologico, giuridico e sociale affinché i genitori possano essere coadiuvati nelle scelte che riguardano i figli e nell’applicazione di quanto prevedono le disposizioni emesse dall’Autorità Giudiziaria.

La figura di un Coordinatore Genitoriale è necessaria in casi in cui la mediazione familiare non ha avuto successo, quando ai figli viene negato il contatto fisico e/o emotivo con un genitore e quando il conflitto si rivela persistente, pervasivo e intenso, vale a dire caratterizzato da aggressività e sentimenti di ostilità che fanno sì che la coppia non raggiunga alcun accordo.

L’incarico del Coordinatore può aver luogo sia da parte del tribunale, sia su incarico delle parti. La durata dell’incarico è di sei mesi rinnovabili fino a un massimo di ventiquattro (CO.ME.TE., 2024)

 

L’efficacia e l’importanza della coordinazione genitoriale è un tema verso il quale occorre sensibilizzare tutti i professionisti che ruotano intorno alle famiglie in conflitto. Un approccio multidisciplinare e collaborativo, infatti, permetterà di gestire i conflitti in maniera più organizzata e costruttiva.

L’efficacia della coordinazione genitoriale è già evidente in molti casi. Nell’ordinanza nella causa civile iscritta al n.52678/2021 V.G., ad esempio, lo Studio Miraglia ha riscontrato ottimi risultati a seguito di un processo di coordinazione genitoriale che ha aiutato i genitori nella creazione di un rapporto più collaborativo e aperto a trovare soluzioni che prendessero in considerazione il benessere del figlio. Inoltre, la sentenza fornisce una dimostrazione empirica di come i molteplici aspetti che spesso i genitori in conflitto insistono nel voler portare nel giudizio possano essere spostati in altri ambiti di risoluzione che garantiscano l’effettiva presa in carico e successivamente la concreta risoluzione del conflitto.

In questo senso, la riforma Cartabia apporta notevoli cambiamenti che si presentano come strumenti volti a conferire maggiore efficienza nei procedimenti relativi alle persone e alla famiglia.

 

Francesco Miraglia

REFERENZE

 

Ordine Psicologi Lombardia (2024), “La Coordinazione Genitoriale”. Disponibile al seguente link: https://www.opl.it/public/files/11516-Appendice_Coordinazione_Genitoriale_definizione_obiettivi_2018.pdf

 

CO.ME.TE – Associazione Nazionale (2024), “La Riforma Cartabia e il processo di famiglia: le tecniche alternative alla risoluzione del conflitto”. Disponibile al seguente link: https://www.comete-nazionale.it/la-riforma-cartabia-e-il-processo-di-famiglia-le-tecniche-alternative-alla-risoluzione-del-conflitto/

Reggio Calabria: 8 maggio  “Ci sono anch’io” La disabilità è una dimensione della diversità umana.

In una serata che permette di essere non solo un evento culturale ma un vero e proprio viaggio nel cuore dell’umanità, la libreria “Libro Amico” di Reggio Calabria si prepara ad accogliere la comunità per la presentazione del libro “Ci sono anch’io: La disabilità è una dimensione della diversità umana.

Quest’opera che si dipana attraverso le pagine scritte con dedizione e sensibilità da Daniela Maria Vita e Francesco Miraglia, sarà al centro di una serata di riflessione il prossimo 8 maggio 2024.

Questo importante volume, esplora le molteplici facce della disabilità, trattando il tema non solo come una questione di diritti ma anche come una profonda espressione della diversità umana. Il libro si propone di sfidare i pregiudizi e di aprire un dialogo costruttivo sull’ inclusione  e sul valore delle differenze  all’interno della nostra società.

La presentazione vedrà la partecipazione di una serie di relatori di spicco.

Gina Raglianti, Presidente dell’associazione AUSER “La Vita è Bella”, introdurrà l’evento con le sue riflessioni sull’importanza del sostegno comunitario nelle dinamiche dell’inclusione sociale.

L’Avvocato Ernesto Siclari, Garante Regionale dei diritti delle persone con disabilità, discuterà le implicazioni legali e i diritti fondamentali legati al tema della disabilità.

Il dibattito sarà moderato da Lillo Sergi, figura conosciuta nel panorama culturale locale, che guiderà la conversazione tra gli ospiti e il pubblico, assicurando uno scambio proficuo e informativo.

Inoltre, la psicologa Cinzia Barreca arricchirà la discussione con il suo punto di vista professionale sulle questioni psicologiche connesse alla disabilità e all’inclusione.

“Ci sono anch’io” si rileva quindi un’opera di grande attualità e necessità che interpella direttamente la comunità e la invita a riflettere ed agire in modo più consapevole e inclusivo.

Child protection policy 2024 policy guidelines and Procedures on child sateguarding and protection

Studio Legale Miraglia has developed this Child Protection Policy to ensure the highest standards of professional conduct and personal practice in situations involving children. More specifically, this policy includes measures concerning recruitment procedures, management structures, staff training, and development of protocols.
1. DEFINITIONS
For the purposes of the present policy, the following definitions apply:
• A child is every human being below the age of eighteen years old, as defined by the UN – Convention of the Rights of the Child.
For the purpose of this policy we use child/children and minors interchangeably.
• Protecting a child means preventing and responding to violence, exploitation and abuse of children in all contexts.
Protecting a child entails analyzing the child’s unique personal context, situation and needs on a case-to-case basis.
• Child participation means that any person under the age of 18 can freely express their views, to be heard and to contribute to the decision-making process. Their views must be given due weight in accordance with the individual’s age and maturity.

• Staff members are all paid staff, volunteers, interns and external collaborators.

• Child maltreatment refers to the abuse and neglect that occurs to children under 18 years old. This includes all types of physical and/or emotional ill-treatment, sexual abuse, neglect, negligence, and any form of exploitation that threatens to harm or jeopardizes the child’s health, survival, development and dignity.
2. PRINCIPLES AND VALUES
Studio Legale Miraglia is committed to the following values and principles, which should be respected and promoted by all its staff members:
• it values and treats every person without discrimination of any kind, irrespective of their age, sex, language, religion, political or other opinions, and national, ethnic or social origin and status;
• it has a zero-tolerance policy towards any kind of inappropriate behaviour, violence or abuse including towards children;
• it recognizes the right of every child to be protected from any harm and abuse;
• it promotes the right of children to be heard and share their views regarding matters which affect them.
3. SCREENING AND HIRING PRACTICES
Studio Legale Miraglia is committed to sustaining rigorous hiring and selection practices, including reference checks, criminal background checks and social security checks.
Prospective staff members will be interviewed to make sure that they meet the requirements, and they will be required to sign the organization’s Code of Conduct and Child Protection Policy once they obtain the job.
4. PRINCIPLES OF CONDUCT AND PROCEDURES OF STAFF IN CONTACT/WORKING WITH CHILDREN
4.1. The following principles apply when working with children:
• compliance with Studio Legale Miraglia’s Code of Conduct and Child Protection Policy.
As previously mentioned, before performing any work duties, staff members will sign and date a copy of the Code of Conduct, to which the Child Protection Policy is annexed. If changes or updates are made, all staff members will be provided with the new version, which must be signed in acknowledgement and acceptance.
• All external collaborators will be provided with the Child Protection Policy and the Code of Conduct if they work with children younger than 18 years of age.
• The Code of Conduct includes the procedures for data collection and treatment of data regarding children and young people. Data privacy and protection issues shall comply with relevant EU rules (especially the General Data Protection Regulation (GDPR) (EU) 2016/679.
• If personal data about minors needs to be collected, written informed consent will be sought from their parents/legal guardians.
• Staff who may come in contact with the personal data of research participants is required to sign a declaration of confidentiality before engaging in research.
• Written informed consent of the parents/legal guardians shall be specifically sought if disclosing information regarding a minor. This includes disclosing any type of information (including images) regarding a minor. Acquired images and data are stored on the local server of Studio Legale Miraglia and are accessible only by the staff who have the specific credentials and who have signed the Code of Conduct.
• All publications must comply with the Child Protection Policy before being publicized or shared.
4.2. Training on child protection
The Child Protection Policy will be shared with each new staff member and will be regularly reinforced and updated. More specifically,
• all paid staff, volunteers and interns will participate in a comprehensive child protection training and in further training throughout their employment period;
• external collaborators who may come in contact with children will participate in the same child protection training.
All staff members and external collaborators have an obligation to report any child abuse concerns they may have or suspect both within the organization or in an external context.
5. DECLARATION
By submitting this report, the subject declares that:
• He/she is aware that this report could be used an official statement, should the report give rise to legal action on behalf of Studio Legale Miraglia;
• He/she is in good faith and that all the information provided above is correct and truthful;
• He/she is aware that providing false accusations against someone is a breach punishable by Italian law.
The reporting subject
(Read and approved) date

Cassino: processo per il capo dei servizi sociali e per l’assistente sociale per violenza privata e abuso d’ufficio

avevano tolto due ragazzine alla zia, cui erano affidate, solo per ripicca.

CASSINO (08.02.2024). Imputazione coatta per due reati gravi: violenza privata e abuso d’ufficio. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’imputazione coatta per due membri dei servizi sociali di Cassino. Il pubblico ministero aveva richiesto l’archiviazione, ma il gip ha ritenuto che per questi due reati ci fossero delle prove serie e circostanziate e che il provvedimento di allontanamento delle due ragazzine – trasferite in una comunità – fosse del tutto illegittimo. E’ basato su una forma di rancore verso la zia delle ragazze, alla quale erano state affidate nel 2018, poiché il giudice tutelare l’aveva ritenuta la scelta idonea per la loro crescita serena: la mamma soffre di disordini psicologici e psichiatrici, il padre non riesce ad occuparsi delle figlie e si è sposato con una donna che, per sua stessa ammissione, era alquanto severa e molto poco amorevole con le bambine. Con la zia invece le ragazzine erano serene, frequentavano la scuola con profitto, praticavano sport.
Poi ad aprile 2021, il tutore e l’assistente sociale avevano deciso di allontanare le bambine senza preavviso, ritenendo eccessivo l’attaccamento della zia verso di loro. “Eccesso di possesso” lo avevano definito. Per toglierle le bimbe avevamo usato uno stratagemma alquanto subdolo, per di più: le sorelline erano infatti convinte di dover incontrare il padre nel corso di un incontro protetto, invece vennero caricate su un veicolo, senza vestiti di ricambio né libri di scuola e nemmeno effetti personali e portate in Casa famiglia, dove erano rimaste un mese, fino a quanto il tribunale aveva revocato l’allontanamento, ritenendo che le bimbe stessero molto meglio con la zia.
E’ sulla base di questo comportamento dei servizi sociali che la zia – assistita dall’avvocato Miraglia – ha sporto una denuncia che ha dato il via alle indagini. Al termine delle quali il gip ha ravvisato che esistano gli estremi per una ragionevole previsione di condanna per i reati di abuso d’ufficio e violenza privata, avendo cagionato un danno ingiusto alle bambine, provate dell’allontanamento dal loro domicilio abituale e dall’affetto della zia. E tutto sulla base di un provvedimento immotivato e illegittimo che i due assistenti sociali avrebbero compiuto solo perché la donna era loro invisa per il suo modo di approcciarsi a loro. Arrivando a effettuare una “macroscopica violazione e falsa applicazione dell’articolo 403 del codice civile” (l’intervento della pubblica autorità a favore dei minori) né necessaria né opportuna, anzi dannosa ed esclusivamente con l’intenzionalità di “procurare volutamente danno ingiusto” alla signora, incuranti di arrecare un trauma alle bambine.
Andranno a processo il Capo sei servizi sociali del comune di Cassino ed un Assistente sociale dello stesso comune.
«È una vittoria amara – dichiara l’avvocato Miraglia – in quanto siamo contenti di questa decisione storica: in molti casi in cui abbiamo denunciato i servizi sociali in tutta Italia per comportamenti analoghi, questa è la prima volta che un giudice arriva all’imputazione cotta per dei reati. D’altro canto siamo però amareggiati in quanto queste situazioni accadono, e succedono molto, troppo spesso. Se questa storia deve insegnare qualcosa, è ad essere di esempio e stimolo a chiunque si senta vittima di una ingiustizia come questa, di andare a denunciarla».