Minori

Francesco Miraglia con il libro “L’Avvocato dei bambini” nel corso di Laurea Magistrale in Innovazione e servizio sociale presso l’università di Padova.

La facoltà di scienze sociali, nella giornata di oggi, ospiterà Francesco Miraglia, autore del rilevante testo “L’avvocato dei bambini; Troppo potere senza controllo: ecco come si costruiscono i falsi abusi familiari e gli affidi illeciti” (Armando Editore).

Francesco Miraglia parteciperà come ospite speciale nel corso di “Innovazione socio-culturale nel lavoro di rete e comunità”, all’interno del percorso di laurea Magistrale in innovazione e servizi sociali.

L’evento avrà luogo presso la sede del Palazzo Ca’ Borin, in Via del Santo, Aula B2 e vedrà la partecipazione attiva degli studenti del primo anno della laurea magistrale.

Miraglia, noto sul territorio nazionale per il suo impegno nella difesa dei diritti dell’infanzia e autore di numerosi lavori sull’argomento, condividerà con gli studenti le sue esperienze dirette e il suo approccio alla tutela dei minori.

L’incontro si preannuncia come un’occasione unica per approfondire tematiche di grande attualità e importanza nel campo dei servizi sociali, con un focus particolare sul ruolo cruciale dell’innovazione nella risoluzione dei problemi sociali complessi.

Bergamo: quindicenne lotta per restare a casa con sua mamma

La mamma ha cercato di convincerlo ma lui è stato irremovibile. Ora la questione torna al Tribunale di Brescia.
Bergamo (6 marzo 2024). Oggi Massimo (nome di fantasia) rischiava di essere collocato in una comunità, lontano dalla sua famiglia e dai suoi amici e conoscenti; probabilmente, infatti, gli avrebbero anche cambiato scuola. Una decisione che Massimo non capiva e riteneva profondamente sbagliata.
Sebbene non comprendesse il provvedimento – dato che suo figlio era migliorato moltissimo, come confermato dalla relazione redatta dall’Istituto scolastico che frequenta – la mamma ha comunque cercato invano di convincerlo.
A quel punto, ha chiamato l’assistente sociale che ha parlato più volte con Massimo. Infine, l’assistente e una collega sono venute a casa e hanno avuto un colloquio riservato con lui, da sole, senza nessuna interferenza della mamma o della famiglia. Dopo aver constatato che Massimo si era informato leggendo le convenzioni internazionali sui diritti dei fanciulli, la Costituzione, le leggi italiane e le ultime sentenze della Corte di cassazione hanno probabilmente capito che la sua scelta era frutto di una decisione matura e meditata e lo hanno lasciato a casa.
Ora ci auguriamo che il Tribunale faccia chiarezza.
Secondo l’avvocato Miraglia, legale della mamma: “In qualità di avvocato di fiducia della famiglia di Massimo, intendo esprimere profondo disappunto e preoccupazione per le modalità con cui sono state gestite le questioni relative al collocamento coatto di Massimo.
Siamo particolarmente allarmati dalle modalità di interazione tra l’assistente sociale e Massimo, incluse le minacce inappropriatamente rivolte al ragazzo, riportate dallo stesso, e le implicazioni negative paventate nei confronti della genitorialità della madre. Tali azioni, insieme alla denigrazione subita dalla madre in presenza di altri operatori, non solo sono eticamente discutibili ma potrebbero configurare violazioni deontologiche e legali.
Riteniamo che la situazione meriti una revisione critica e approfondita da parte dell’autorità giudiziaria competente.”
In merito alla vicenda ci sono infatti alcuni aspetti questionabili che sollevano dei dubbi di incompetenza (o peggio?) che a nostro avviso meriterebbero di essere presi seriamente in considerazione.
In primis, come mai nonostante i grandi miglioramenti ottenuti da Massimo, i Servizi sociali hanno optato comunque per una decisione tanto grave come la sottrazione forzata dalla famiglia e l’istituzionalizzazione in comunità? Inoltre, ci risulta che l’assistente sociale che si occupa della famiglia sia una ragazzina senza esperienza; forse in un caso del genere sarebbe stato preferibile un professionista più esperto.
Ma non è tutto. La famiglia ha riferito dei fatti molto gravi.
Quando l’assistente sociale ha saputo che Massimo non voleva andare in comunità lo ha minacciato di chiamare i Carabinieri. Poi, avrebbe anche detto al ragazzo che se non andava in comunità la mamma avrebbe potuto avere delle ripercussioni e le avrebbero potuto sospendere la genitorialità. Quando Massimo le ha chiesto perché lo stesse minacciando, l’assistente non ha saputo replicare.
Un altro fatto gravissimo è stata la denigrazione della mamma da parte dell’assistente sociale in presenza della collega che non è intervenuta per correggerla. Mentre le due operatrici parlavano da sole con Massimo, l’assistente sociale ha affermato che doveva andare in comunità per “colpa” della mamma.
Ci auguriamo che Massimo possa trovare la giustizia e la serenità che merita.
FamiglieUnite.it

Child protection policy 2024 policy guidelines and Procedures on child sateguarding and protection

Studio Legale Miraglia has developed this Child Protection Policy to ensure the highest standards of professional conduct and personal practice in situations involving children. More specifically, this policy includes measures concerning recruitment procedures, management structures, staff training, and development of protocols.
1. DEFINITIONS
For the purposes of the present policy, the following definitions apply:
• A child is every human being below the age of eighteen years old, as defined by the UN – Convention of the Rights of the Child.
For the purpose of this policy we use child/children and minors interchangeably.
• Protecting a child means preventing and responding to violence, exploitation and abuse of children in all contexts.
Protecting a child entails analyzing the child’s unique personal context, situation and needs on a case-to-case basis.
• Child participation means that any person under the age of 18 can freely express their views, to be heard and to contribute to the decision-making process. Their views must be given due weight in accordance with the individual’s age and maturity.

• Staff members are all paid staff, volunteers, interns and external collaborators.

• Child maltreatment refers to the abuse and neglect that occurs to children under 18 years old. This includes all types of physical and/or emotional ill-treatment, sexual abuse, neglect, negligence, and any form of exploitation that threatens to harm or jeopardizes the child’s health, survival, development and dignity.
2. PRINCIPLES AND VALUES
Studio Legale Miraglia is committed to the following values and principles, which should be respected and promoted by all its staff members:
• it values and treats every person without discrimination of any kind, irrespective of their age, sex, language, religion, political or other opinions, and national, ethnic or social origin and status;
• it has a zero-tolerance policy towards any kind of inappropriate behaviour, violence or abuse including towards children;
• it recognizes the right of every child to be protected from any harm and abuse;
• it promotes the right of children to be heard and share their views regarding matters which affect them.
3. SCREENING AND HIRING PRACTICES
Studio Legale Miraglia is committed to sustaining rigorous hiring and selection practices, including reference checks, criminal background checks and social security checks.
Prospective staff members will be interviewed to make sure that they meet the requirements, and they will be required to sign the organization’s Code of Conduct and Child Protection Policy once they obtain the job.
4. PRINCIPLES OF CONDUCT AND PROCEDURES OF STAFF IN CONTACT/WORKING WITH CHILDREN
4.1. The following principles apply when working with children:
• compliance with Studio Legale Miraglia’s Code of Conduct and Child Protection Policy.
As previously mentioned, before performing any work duties, staff members will sign and date a copy of the Code of Conduct, to which the Child Protection Policy is annexed. If changes or updates are made, all staff members will be provided with the new version, which must be signed in acknowledgement and acceptance.
• All external collaborators will be provided with the Child Protection Policy and the Code of Conduct if they work with children younger than 18 years of age.
• The Code of Conduct includes the procedures for data collection and treatment of data regarding children and young people. Data privacy and protection issues shall comply with relevant EU rules (especially the General Data Protection Regulation (GDPR) (EU) 2016/679.
• If personal data about minors needs to be collected, written informed consent will be sought from their parents/legal guardians.
• Staff who may come in contact with the personal data of research participants is required to sign a declaration of confidentiality before engaging in research.
• Written informed consent of the parents/legal guardians shall be specifically sought if disclosing information regarding a minor. This includes disclosing any type of information (including images) regarding a minor. Acquired images and data are stored on the local server of Studio Legale Miraglia and are accessible only by the staff who have the specific credentials and who have signed the Code of Conduct.
• All publications must comply with the Child Protection Policy before being publicized or shared.
4.2. Training on child protection
The Child Protection Policy will be shared with each new staff member and will be regularly reinforced and updated. More specifically,
• all paid staff, volunteers and interns will participate in a comprehensive child protection training and in further training throughout their employment period;
• external collaborators who may come in contact with children will participate in the same child protection training.
All staff members and external collaborators have an obligation to report any child abuse concerns they may have or suspect both within the organization or in an external context.
5. DECLARATION
By submitting this report, the subject declares that:
• He/she is aware that this report could be used an official statement, should the report give rise to legal action on behalf of Studio Legale Miraglia;
• He/she is in good faith and that all the information provided above is correct and truthful;
• He/she is aware that providing false accusations against someone is a breach punishable by Italian law.
The reporting subject
(Read and approved) date

Considerazioni e riflessioni sull’art. 31 comma 3° del Testo Unico Immigrazioni

In base all’articolo 31 comma 3° del Testo Unico Immigrazione italiano (Decreto
Legislativo del 25 luglio 1998, n. 286) il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi
con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore
straniero che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del
familiare del minore che si trovi sul territorio italiano, per un periodo di tempo determinato,
anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge. L’autorizzazione è revocata
quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio o per attività del
familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I
provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore
per gli adempimenti di rispettiva competenza.
E’ questa una disposizione che nell’ordinamento giuridico italiano trova applicazione in
tutti i casi in cui al genitore del minore straniero, madre o padre, che si trova in Italia viene
revocato il rinnovo o la concessione del permesso di soggiorno per vari motivi e
soprattutto nel caso in cui emergano elementi ostativi al rilascio od al rinnovo di un titolo di
soggiorno: si pensi al genitore che ha subito condanne penali per reati ostativi all’ingresso
o al soggiorno dello straniero in territorio italiano (ess. reati in materia di cessione di
sostanze stupefacenti) o che venga considerato pericoloso per l’ordine pubblico.
In tutti questi casi entrano dunque in conflitto due interessi, entrambi tutelati dalla
Costituzione italiana e cioè da un lato vi è l’interesse alla conservazione dell’ordine
pubblico e della sicurezza dello Stato, dall’altro vi è invece l’interesse alla salvaguardia
dell’unità familiare e del diritto del minore a crescere con i propri genitori naturali,
considerato altresì che il diritto all’unità familiare è regolato e tutelato, nelle sue condizioni
di attuazione, anche dagli artt. 29 e 30 del Decreto Legislativo n° 286/98 e cioè dallo
stesso Testo Unico Immigrazione.
L’art. 31 comma 3° del Testo Unico Immigrazione italiano è dunque una norma che,
fin dalla sua entrata in vigore, si è posta al centro di un vivace e costante dibattito in
dottrina ed anche in giurisprudenza proprio perchè tale norma cerca di contemperare vari
interessi che, come si è detto, sono parimenti garantiti a livello costituzionale.
Il dibattito interpretativo si è acceso soprattutto intorno al concetto di “gravi motivi”
che possono giustificare la permanenza in territorio italiano del genitore del minore
contemplato dal’art. 31 comma 3° del Testo Unico Immigrazione: ed infatti tali “gravi
motivi” sono stati interpretati, alternativamente, come il ricorrere di una situazione di
emergenza, a carattere eccezionale o contingente (non rinvenibile nelle ordinarie
necessità di accompagnarne il processo d’integrazione ed il percorso educativo e presente
in caso di problemi di salute del minore) o come il fatto di trovarsi in presenza di minori di
tenerissima età, tenuto conto della grave compromissione e del sicuro danno all’equilibrio
psico – fisico che determina in tale situazione l’allontanamento o la mancanza di uno dei
genitori. Per questa via anche la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione aveva
inizialmente adottato un orientamento restrittivo riconoscendo detti gravi motivi soltanto in
casi del tutto eccezionali da valutarsi caso per caso (si pensi al minore con problemi di
salute gravi o al minore con problematiche psichiche…), limitando però tale interpretazione
restrittiva ai soli casi di ingresso in Italia del genitore del minore che non ha i requisiti per
ottenere il rilascio di un titolo di soggiorno (in tal senso si erano espresse le Sezioni Unite
della Corte di Cassazione con la Sentenza n° 22216/2006) ed anche taluni Tribunali per i
Minorenni e Corti d’Appello Italiane avevano accolto tale orientamento restrittivo.
Succesivamente però si è sviluppato un orientamento maggiormente estensivo e
favorevole per il minore straniero che si trovi in Italia a salvaguardia del principio dell’unità
familiare costituzionalmente garantito. Così, infatti, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite,
a partire dalla Sentenza n° 21799/2010, ha stabilito che i gravi motivi ricorrono non
necessariamente in casi eccezionali strettamente connessi a problemi di salute del
minore, ma anche laddove siano rinvenibili eventi traumatici che trascendano il normale
disagio dovuto al rimpatrio, considerando sia il potenziale danno attuale che deriverebbe
al minore in seguito all’allontanamento forzato del genitore, sia effettuando una
valutazione prognostica. Tale intrpretazione che potremmo definire “estensiva” del
concetto di gravi motivi, secondo la Corte di Cassazione trova giustificazione nel fatto che
il legislatore, all’atto della formulazione dell’art. 31 comma 3° del Testo Unico
Immigrazione, ha volutamente utilizzato una formula a carattere generale ricomprendente
qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obbiettivamente grave che in
considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio
psico-fisico deriva, o è altamente probabile, deriverà al minore, dall’allontanamento del
familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui e’ cresciuto (in tal senso vi
è anche la recente pronuncia della Corte di Cassazione Civile Sezioni Unite n.
15750/2019).
Alla luce di quanto ora esposto, risulta evidente che l’art. 31 comma 3 del Testo Unico
Immigrazione è uno strumento che in concreto garantisce il rispetto dell’interesse
superiore del minore e la tutela rafforzata dei suoi diritti fondamentali, sia della personalità,
sia socio-economici, riconosciuti a vari livelli normativi, dalle convenzioni internazionali
(Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989), dal diritto
comunitario (Direttiva 2003/86/CE; Trattato di Lisbona, 2009) ed europeo (CEDU, 1950) e,
come si è detto, dalla Carta Costituzionale italiana (artt. 2, 3, 10, 29, 30, 31, 32).
Prima del rilascio al genitore del permesso di soggiorno per assistenza minore ex art.
31 comma 3 del Testo Unico Immigrazione, il Tribunale per i Minorenni, dopo aver ricevuto
la richiesta di detto titolo di soggiorno da parte di un genitore o di entrambi tramite ricorso,
svolge un’indagine approfondita in merito alla capacità genitoriale ed alle caratteristiche
personali e di reddito del genitore stesso.
Tale attività di indagine viene demandata dal Tribunale dei Minori ai Servizi Sociali del
Comune di residenza della famiglia del minore straniero; i Servizi Sociali provvederanno
all’ascolto dei genitori presenti sul territorio nazionale e dei minori capaci di discernimento
(preadolescenti e adolescenti), nonchè alla verifica in merito all’idoneità alloggiativa dei
genitori ed alla loro capacità economica volta anche al mantenimento del figlio minore.
Il Tribunale dei Minori provvede poi ad acquisire, tramite la Questura, le informazioni
sulla pendenza di denunce a carico dei genitori o di altre informazioni utili. Se necessario il
Tribunale dei Minori acquisisce anche informazioni dalle strutture scolastiche frequentate
dai minori e dai Servizi Sociali, nonchè dalle strutture sanitarie dove si trova
eventualmente in cura il minore.
Al termine di questa fase procedurale, in caso di provvedimento positivo del Trbunale
per i Minorenni, la Questura del luogo di residenza dei genitori, rilascerà il predetto titolo di
soggiorno per assistenza minore.
Tale permesso di soggiorno consente al suo titolare, sia esso genitore o parente più
prossimo del bambino, di svolgere attività lavorativa, tuttavia, essendo a tempo
determinato, in prossimità della sua scadenza richiede di essere rinnovato. Il rinnovo potrà
avvenire previa autorizzazione del competente Tribunale dei Minori, mediante la
presentazione di un nuovo ricorso depositato presso la cancelleria di detto Tribunale.
Il permesso di soggiorno ex art. 31 comma 3 Testo Unico Immigrazione è altresì
convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato.

Tribunale di Milano – la ragazzina fuggita resterà a casa con la mamma

L’avvocato Miraglia: gravi mancanze e superficialità del Servizio sociale che andrebbero investigate.
Milano. Barbara (nome di fantasia) la ragazzina della provincia di Milano che recentemente era tornata a casa dalla mamma, potrà restare a casa. Il Tribunale per i minorenni, dopo aver riesaminato la vicenda ha decretato che potrà rimanere con i suoi cari. Non solo, anche la sorella maggiore potrà rientrare in famiglia.
Come reso noto dai media, la sorella maggiore era rimasta in comunità in una condizione di totale abbandono. In comunità poteva fumare sigarette, acquistare kit per l’esecuzione di piercing praticato alle compagne e a sé stessa con il grave rischio di infezioni, nessuno le aveva fatto l’abbonamento ATM a cui aveva dovuto provvedere la madre, non aveva tutti i libri scolastici e la mamma non riceveva nessuna comunicazione dalla scuola.
In realtà, se le istituzioni si fossero comportate con maggiore professionalità e competenza, le due ragazze non avrebbero mai dovuto subire il trauma dell’allontanamento. Infatti la vicenda era precipitata nel dicembre del 2022 quando, in occasione di un litigio con la mamma, la sorella maggiore l’aveva accusata falsamente di maltrattamenti. Il tutto si sarebbe potuto risolvere facilmente se le indagini fossero state un po’ più approfondite e se fosse stata valutata meglio la madre, un’insegnante molto apprezzata.
L’avvocato Miraglia, legale della famiglia, non ha mezzi termini:
“Siamo soddisfatti della decisione del Tribunale che dopo un approfondito esame ha ristabilito verità e giustizia. Tuttavia, la superficialità e incompetenza del Servizio sociale è inquietante e dovrebbe essere esaminata anche alla luce della recente decisione.
percorsi, valutazioni e accertamenti che si sarebbero potuti evitare, c’è anche il dramma di una famiglia ha dovuto subire, con conseguenze psicologiche ancora tutte da valutare.
Ci auguriamo che le persone responsabili di controllare e correggere gli errori e criticità evidenziate da questa vicenda si attivino per prevenire futuri abusi sulle famiglie e sui bambini e per sanare eventuali ingiustizie pregresse.
FamiglieUnite.it

Non tutti i mali per vengono per nuocere!

(L’Aquila 14 giugno) Il Tribunale per i Minorenni dì  L’Aquila diversa composizione collegiale: dichiara non luogo a provvedere  sulla dichiarazione di adottabilità. I bambini rimangono nella famiglia di origine.

Di solito, tanto rumore per nulla, in questo caso  nno!!!

Verona: dopo sei annitre fratelli tornano in famiglia

Dal 2016 erano “parcheggiati” in una comunità di accoglienza a Marghera

VERONA (19 settembre 2022). Ci sono voluti sei anni di sofferenze, lontani dalla famiglia, ma oggi finalmente tre fratelli veronesi potranno lasciare la comunità in cui erano ospitati dal 2016 e torneranno in famiglia: due fratelli sono stati affidati ai nonni, la piccola alla zia. Non sono stati affidati alla mamma, ma almeno torneranno ad un clima disteso e sereno: per tutto questo tempo erano vissuti con la madre, in quattro, dentro a un’unica stanza fatiscente, con i loro beni accatastati in un angolo per mancanza di spazio. Lontano dalla loro provincia, dagli amici, dalla scuola.

«È una vittoria – dichiara l’avvocato Miraglia, che ha seguito in tutti questi anni la vicenda – sebbene parziale perché sarebbe stato auspicabile che tornassero con la mamma; ma almeno dopo tutto questo tempo possono vivere nuovamente in famiglia. Ci sono voluti anni di lotte, di perseveranza, di denunce anche agli esponenti politici: ma alla fine anche i Servizi sociali hanno compreso il disagio vissuto da questi ragazzi e hanno collaborato attivamente affinché tornassero a casa».

La vicenda trae inizio da un fatto agghiacciante: la madre dei ragazzi, rincasando, aveva sorpreso il marito mentre abusava della figlia maggiore, nata da una precedente relazione. L’aveva immediatamente denunciato, ma invece di un aiuto e di un sostegno, aveva trovato solo sofferenze, precipitando in un vero e proprio incubo. Siccome all’epoca la signora non lavorava, i Servizi sociali presero carico lei e i quattro figli, ospitandoli temporaneamente in una comunità di Verona. Poi a sorpresa e senza un vero motivo, la figlia maggiore era stata trasferita in una comunità, mentre la donna con i tre più piccoli era finita in un’altra struttura, per di più fatiscente, a Marghera, in provincia di Venezia.

Dove sono rimasti sei anni, senza che i Servizi sociali veronesi si prendessero in carico il loro caso, attivassero un progetto di sostegno e di rientro a casa. Nulla: parcheggiati a spese dei contribuenti, lontani da tutto e tutti. Anzi, più volte i Servizi sociali avevano tentato di togliere i bambini alla madre per affidarli ad alcune famiglie.

Esasperata, la donna, sempre sostenuta dall’avvocato Miraglia, nel 2019 aveva denunciato il dirigente dei Servizi sociali, due psicologhe, un’assistente sociale e la responsabile della comunità. E con loro anche l’assessore al Sociale del Comune di Verona.

Da ieri, grazie al pronunciamento del Tribunale per i minorenni di Venezia, i due ragazzi, che ormai hanno 15 e 14 anni, sono andati a vivere con i nonni materni, mentre la piccola, che nei suoi 6 anni di vita ha conosciuto solo comunità, è stata affidata alla zia.

 

2° Congresso Internazionale di Pedagogia Familiare: diritto internazionale e pedagogia familiare

di Francesco Miraglia

Una delle priorità di sempre è quella di proteggere bambini e ragazzi. I loro diritti sono tutelati dalla Convenzione Internazionale dei Diritti all’Infanzia e all’Adolescenza entrata in vigore nel 1989. Questo documento è tutt’ora il più completo per la protezione dei più giovani e si basa essenzialmente su due principi: l’ascolto delle loro opinioni da parte dello Stato (perché i ragazzi hanno voce in capitolo in ciò che li riguarda) e la non discriminazione, perché tutti i minori, senza che vi siano differenze per razza, sesso ed età, devono poter godere dei diritti contemplati dalla Convenzione. Si sostiene, poi, che l’attenzione per i bambini debba essere anteposta a qualsiasi altro affare dei governi e che i minori debbano vivere nelle condizioni necessarie per garantire loro uno sviluppo integrale, fisico, emotivo, culturale e sociale. Il compito di controllare se e come questi diritti vengano rispettati è stato affidato all’UNICEF, un organo dell’ONU, costituito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nonostante ciò, ci sono ancora paesi in cui i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza vengono sistematicamente violati, soprattutto nelle parti del mondo in via di sviluppo, dove è tutt’ora molto diffuso lo sfruttamento del lavoro minorile. Ciò accade perché i titolari di fabbriche e industrie beneficiano di un maggior guadagno dando un salario minimo ai bambini, ma precludendoli, così, non solo dall’istruzione ma anche dalla possibilità di un’infanzia libera e spensierata con la loro famiglia.

Il ruolo dei genitori nella crescita e nella formazione dei figli è (non ci sarebbe bisogno di dirlo) fondamentale. A questo proposito, l’articolo 5 è particolarmente pregnante: “Gli Stati rispettano la responsabilità, il diritto ed il dovere dei genitori o, all’occorrenza, dei membri della famiglia allargata o della comunità secondo quanto previsto dalle usanze locali di tutori o delle altre persone legalmente responsabili del fanciullo di impartire a quest’ultimo, in modo consono alle sue capacità evolutive, l’orientamento ed i consigli necessari all’esercizio dei diritti che gli riconosce la presente Convenzione”. È importante, infatti, che chi si occupa dei minori li educhi alla cultura dei diritti, affinché non sviluppino un atteggiamento negativo sia per loro stessi che per gli altri. Conoscere i propri diritti significa essere consapevoli delle proprie libertà e, allo stesso tempo, dei propri limiti e dei rispettivi doveri. Affinché questo sia possibile serve l’autorità dei genitori, nel senso latino del termine: auctoritas viene da augeo, letteralmente “far crescere”. Non si tratta, quindi, dell’esercizio di un potere, piuttosto di “orientare” e, dunque, mostrare i punti cardinali della vita. I genitori devono, quindi, educare e non lasciare che i loro figli si abituino pian piano, poiché, in quanto “autori”, rendono il processo educativo non un adattamento passivo, ma un’interazione attiva. In questa prospettiva, non bisogna rimproverare, bensì correggere nel senso di mostrare indicazioni, affinché i ragazzi sviluppino un pensiero critico. Papà e mamma sono “consiglieri” di vita, ancora una volta nel significato originario del termine: “riflettere” e “decidere insieme”, ma anche “prendersi cura”, “venire in aiuto”. Di conseguenza, le regole che si insegnano ai figli non si inventano né si impongono, ma si condividono e si costruiscono prima tra i genitori e poi con i bambini. A questo proposito, l’articolo 29 della Convenzione recita: “L’educazione deve tendere a: promuovere lo sviluppo della personalità del fanciullo, dei suoi talenti, delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutto l’arco delle sue potenzialità”. L’educazione è un processo di continua tensione in cui tutti i soggetti educativi si mettono in discussione e in collaborazione verso la stessa direzione, che porta alla valorizzazione dei bambini e non alla loro cieca obbedienza ad ordini. Per farlo ci vuole rispetto, sia da parte dei genitori che dei figli, che devono essere educati a questo. “Rispetto”, etimologicamente, significa “guardare di nuovo, guardare dietro”: volgendo lo sguardo all’altro ci si rispecchia, si ritorna alle origini, ai nodi irrisolti. È la chiave fondamentale per affrontare tutte le questioni della vita, in quanto un soggetto rispettato in quel che è e per quel che è sarà più portato a rispettare gli altri. Un altro concetto interessante menzionato nel medesimo articolo è quello di “potenzialità”. Quando si parla di educazione dei minori non bisognerebbe riferirsi alle loro capacità (che propriamente significa “ciò che si contiene”), ma piuttosto alle loro potenzialità, ovvero “ciò che si può”: questo termine è dinamico, allude alla possibilità di evoluzione, alla realizzazione futura di semi che già si possiedono e che potranno germogliare con una buona educazione. Quest’ultima, infatti, insegna come portare a frutto i propri talenti, le proprie aspirazioni, i propri desideri. A questo punto, l’autorità non è potere, è riconoscimento nella relazione: vuol dire mostrare le direzioni, ma poi procedere insieme e dare fiducia. L’educazione è ciò che caratterizza l’essere umano, pertanto genitori e educatori hanno una grossa responsabilità: una responsabilità di vita, per tutta la vita.

 

 

Reggio Emilia: Processo Angeli e Demoni

Tribunale di Reggio Emilia: condannato a 4 anni lo psicoterapeuta Foti; 17 imputati rinviati a giudizio. Orgoglioso di essere considerato il ” grande accusatore” del sistema degli affidi illeciti. Sarà ancora un raffreddore???

Velletri: bimbo strumentalizzato dal padre, rifiuta la madre

Il tribunale si disinteressa di lui

(VELLETRI, 10 Settembre 2021). C’è un bambino che rifiuta di vedere la mamma, separata dal padre: lei non gli ha fatto nulla eppure la rifiuta con astio. Ha soltanto 11 anni, ma non vuole stare con lei, la maltratta, se si vedono scappa dopo pochi minuti, al telefono le urla di sparire. È chiaro che il bambino, che vive con il padre per ordine del tribunale, non è arrivato da solo a scatenare questa forma di rifiuto verso di lei, ma è con tutta probabilità strumentalizzato dal genitore contro la mamma. Eppure, nonostante i comportamenti conclamati, che evidentemente dimostrano un disagio profondo di cui soffre questo bambino, il tribunale di Velletri, dove il ragazzino vive, non prende alcun provvedimento, non esamina il caso, non approfondisce le cause del suo malessere, non interviene in suo aiuto. Si limita ad ignorare il caso e a lasciare il bambino nell’angoscia.

Si tratta di un bambino di appena 11 anni, che esprime un’avversione nei confronti della madre del tutto incomprensibile ed ingiustificabile, attuando comportamenti intransigenti nei suoi confronti. Ha ingaggiato quasi una campagna denigratoria nei confronti della mamma, arrivando persino ad affermare “spero di non vederla più!”. «Manifestiamo pubblicamente la nostra preoccupazione» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale la madre si è rivolta, temendo per la serenità del suo bambino, «perché è chiaro che questo ragazzino vive un disagio. Eppure, nonostante le prove, il tribunale non prende nessuna posizione. Anzi, poiché il ragazzino rifiuta di vedere la madre, il tribunale ha accettato la sua decisione, nonostante abbia solo 11 anni, e da un anno e mezzo ha sospeso gli incontri con lei. Troviamo vergognoso che il tribunale faccia finta di niente e faccia passare tutto sotto silenzio, che trovi normale che un bambino rifiuti la madre, senza indagare sulle motivazioni che lo spingono a respingerla con tanto astio, senza verificare come stia realmente questo ragazzino e cosa motivi questa ingiustificata opposizione, senza, tra l’altro, preoccuparsi di avviare un percorso di aiuto e sostegno per lui».

Sconcerta infatti che, anziché avviare un percorso che ricongiunga madre e figlio e rassereni i loro animi, il tribunale abbia di punto in bianco sospeso i loro incontri, peggiorando la situazione: la madre, infatti, non lo vede né lo sente da un anno e mezzo, non sa come stia, come vada a scuola. Nulla. «Ma siamo o no in uno Stato di diritto, che garantisca anche alla madre di vedere suo figlio?» prosegue l’avvocato Miraglia. «Abbiamo assistito in altre situazioni a bambini che vengono allontanati da genitori per motivazioni molto più blande e invece qui, dove è assai probabile che il padre stia strumentalizzando il bambino, si passa tutto sotto silenzio, fingendo di non sapere, ignorando le numerose prove depositate».

Chiamata in causa dalla madre, la Professoressa Vincenza Palmieri, nota Tecnico Forense, ha esaminato la documentazione relativa, ed ha rilevato oltre allo svolgimento della CTU e della testistica effettuati a ridosso del parto con minacce di aborto certificate e durante il puerpuerio, come sia anche in atto un condizionamento da parte del padre verso il bambino fino a farle percepire la madre negativamente e a rifiutarla. Quali sono le prove scientifiche per asserire questo? La Professoressa Palmieri sostiene che:

“La risposta è proprio nella PLATEALITA’ DEL RIFIUTO E NELLA DRAMMATIZZAZIONE che il bambino ha agito pubblicamente. Un bambino che rifiuta un genitore, verso cui l’altro comunque svolge un’azione educativa e di accettazione del genitore rifiutato, lo fa a bassa voce, a mono sillabe, quasi vergognandosi. In questo caso: se il padre avesse svolto un’azione educativa e non ostacolante l’accesso all’altro genitore, il bambino avrebbe mantenuto la sua relazione con la madre, non avrebbe utilizzato motivazioni adultizzate tipo “mia madre mi da troppe caramelle” o il rifiuto non sarebbe stato così teatrale.

Il piccolo invece ha bisogno – o è costretto ad adeguarsi mostrandolo a tutti – come se recitasse su un palcoscenico il suo rifiuto DRAMMATIZZANDOLO. Il piccolo dunque ha posto in essere comportamenti di tipo oppositivo dovuti all’alleanza con il padre, che non ha mai nascosto disprezzo ed ostilità verso la madre, che assume una portata ancora più negativa dopo l’impossibilità di vedere la madre per quasi un anno, disposto acriticamente dalle Autorità, contro ogni sapere scientifico. Ciò che è inconcepibile – commenta Palmieri – è come le istituzioni ma anche i tecnici abbiano omesso di occuparsene, oscurando aspetti così gravi e soprattutto privando il bambino della madre, esponendolo ad un grave serio disagio evolutivo. E’ pertanto urgente rivedere le scelte ed aiutare questo bambino che sta chiedendo aiuto, ben oltre l’apparente ed immotivato rifiuto.”

La madre, quindi, tramite l’avvocato Miraglia, ha così presentato istanza urgente al Tribunale ordinario di Velletri, chiedendo l’immediata ripresa degli incontri con il figlio, di poterlo sentire al telefono almeno due volte a settimana così da partecipare alla sua vita in modo costante e continuativo, e che il giudice valuti quale sia il miglior collocamento per questo ragazzino.