Non parla bene l'italiano: il Tribunale le toglie la figlia a un uomo turco

Non parla bene l'italiano: il Tribunale le toglie la figlia a un uomo turco

L’avvocato Miraglia: «È razzismo»

Il caso sottoposto all’ambasciatore di Turchia

BOLOGNA (16 marzo 2019). La sua sola colpa è di non parlare bene l’italiano: con questa motivazione il Tribunale dei minorenni di Bologna lo ha privato della figlioletta. Ha tolto una bimba di un anno e mezzo ai suoi genitori, affidandola a un’altra famiglia. La coppia può vederla solo ogni due settimane e nel corso di incontri protetti. Questo nonostante non abbiano mai manifestato comportamenti violenti verso la piccina e non versino in stato di disagio: la madre della bambina, una donna italiana, è un medico.

«Anche se non parla l’italiano, non significa che non sia un buon padre» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, legale della coppia. «L’uomo ha incontrato la compagna italiana nel corso di un convegno in Turchia: si sono innamorati e lui si trasferito in Italia, dove poco dopo è nata la piccola, che ora ha un anno e mezzo. Una bimba che non è stata nemmeno un giorno tra le braccia della madre». La donna soffre di disturbi psichici e, in accordo con lo psichiatra che la segue, a ridosso del parto aveva sospeso il trattamento farmacologico per evitare di danneggiare la salute della bambina. Nelle ore immediatamente successive al parto la donna è parsa confusa, quasi distaccata dalla piccola, ma era colpa dello stress dovuto al parto e della cessazione dell’assunzione di farmaci. Ora sta bene, ma i Servizi sociali le hanno tolto la figlia subito, fin dal primo giorno in ospedale». Se la tolgono alla madre, potrebbero affidarla al padre, si potrebbe pensare: invece no, perché lui non parla l’italiano. Nemmeno ai nonni è stata affidata, nonostante siano stimati e benestanti professionisti. «Ha tutti i connotati di una storia di razzismo» prosegue l’avvocato Miraglia, «tanto che ho interpellato l’ambasciata della Turchia a Roma, che ringrazio per l’interessamento: l’ambasciatore si è fatto spedire l’intera documentazione del caso. Si parla tanto di integrazione e aiuto agli stranieri che abitano in Italia: ecco, questo è un caso in cui associazioni e cooperative dovrebbero intervenire. C’è un mio quasi omonimo, Filippo Miraglia, che presiede una ong che si occupa di cooperazione e solidarietà internaziona

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