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Bologna: adolescente accoltella il fratello

L’assistente sociale vuole allontanare da casa il ragazzino ferito: denunciata 

BOLOGNA (5Agosto 2022). Un tredicenne con problemi comportamentali, in uno dei suoi sempre più frequenti scatti d’ira furiosa, ha accoltellato al braccio il fratello undicenne: ma i Servizi sociali del Comune appartenente alla città metropolitana di Bologna dove vive la famiglia hanno ipotizzato di allontanare il ragazzino ferito, lasciando il fratello “violento” con i genitori, così da “dar loro del respiro” e concentrarsi di più su di lui.

«Il quale è evidente che ha necessità di essere aiutato con percorsi e sostegni specifici, come indicato anche dalle sue neuropsichiatre sottolinea l’avvocato Miraglia, legale della famiglia però i Servizi sociali in due anni  hanno ritenuto di non intervenire, sebbene la sua violenza abbia avuto progressivamente un’escalation fino ad arrivare a ferire il proprio fratellino: dobbiamo aspettare il morto perché qualcuno intervenga?». 

Vista la gravità di quanto accaduto e l’inerzia dei Servizi sociali, la famiglia ha provveduto a querelare l’assistente sociale per omissione atti d’ufficio e lesioni personali colpose.

Il tredicenne ha iniziato a manifestare incontrollabili scatti d’ira furiosa circa due anni e mezzo orsono, divenuti via via sempre più ravvicinati e violenti: distrugge ogni cosa si trovi alla sua portata (ha causato danni per migliaia di euro al mobilio e alle suppellettili di casa), minaccia di uccidersi e di uccidere nel sonno il fratello o chi gli sta intorno, compreso la persona cui era stato affidato temporaneamente, per vedere se un allontanamento provvisorio da casa avrebbe smorzato i suoi eccessi. Nessun beneficio trae dalla cura farmacologica, a tal punto che anche le neuropsichiatre che lo hanno in cura hanno ipotizzato come soluzione migliore il suo ricovero in una struttura specializzata. In tutto questo tempo i Servizi sociali hanno temporeggiato fino ad arrivare all’ultimo, clamoroso episodio, nel quale il 19 luglio scorso il tredicenne, al culmine di uno dei suoi attacchi d’ira, ha impugnato un coltello da scanno e sferrato un fendente al braccio del fratellino, causandogli una ferita profonda.

«Nonostante sia tutto documentato – prosegue l’avvocato Miraglia – i Servizi continuano a temporeggiare senza contare il silenzio da parte del tribunale dei minorenni nonostante sia a conoscenza della situazione. È facile supporre come le assistenti sociali non abbiano la competenza professionale per gestire problematiche così gravi, pertanto sarebbe giusto accogliessero le proposte avanzate dagli specialisti, quali appunto le neuropsichiatre che hanno in cura l’adolescente. Ed è purtroppo ancora una volta evidente come il Tribunale per i minorenni scelga di farsi passare sotto il naso le relazioni dei Servizi sociali, prendendole per oro colato, senza preoccuparsi di analizzarle né di richiedere approfondimenti, lasciando che tutto scorra per inerzia. Ma in un caso grave come questo ogni minuto che passa potrebbe essere fatale. Dopo inutili e molteplici solleciti, nonché tutti gli eventi occorsi, solo recentemente il servizio sociale ha dichiarato di aver contattato una comunità, senza però iniziare alcuna pratica con la famiglia, che è tuttora in attesa di risposte, sperando che non arrivi il fendente decisivo!».

 

Ferrara: bambino di 7 anni diventato invisibile, rimballo tra servizi sociali.

Avvocato Miraglia: «Nessuno ci dà notizie»

FERRARA (20 Luglio 2022). Nessuno sa dove sia finito un bimbo di 7 anni, che da tutta la vita viene rimbalzato da una comunità a una famiglia affidataria. Tra il Comune di Ferrara, cui è stato affidato dal Tribunale dei Minorenni di Bologna, e il suo Comune di residenza (sempre nel Ferrarese), nessuno vuole assumersi la responsabilità di gestire il suo caso. E oltre a non vedere la mamma, perché nessuno dei due Servizi sociali ritiene sia compito suo dover organizzare gli incontri, al momento non si sa nemmeno dove sia finito. Stava in una famiglia affidataria, che però non lo vuole più. Dove sarà adesso?

«È una storia talmente incredibile che si fatica persino a raccontarla – sottolinea l’avvocato Miraglia, cui la madre si è rivolta e che segue questa vicenda da anni – A volte le istituzioni si accaniscono in maniera crudele contro le persone e questo bambino, che ha solo 7 anni, ne è la prova: nella sua brevissima vita ha vissuto lunghi periodi lontano dalla mamma, è stato collocato presso famiglie affidatarie, parcheggiato in una comunità fatiscente. Un calvario iniziato quando era piccolissimo e venne allontanato in quanto una psicologa e un’assistente sociale avevano intravvisto un mancato attaccamento del bambino nei confronti della mamma».

Situazione che, con il passare del tempo, gli ha creato notevoli stati d’ansia e di stress. «A lasciare sgomenti ancora di più è sapere che questo bambino piange, soffre di insonnia, supplica di tornare a casa dalla sua mamma – prosegue l’avvocato Miraglia – e scoprire che distrugge montagne di giornali per sfogare la propria rabbia. Pare sia un metodo applicato dalla sua psicologa per superare gli stati di frustrazione. Ma è mai possibile che un bambino di soli 7 anni abbia bisogno di trovare metodi per sfogare l’ansia e la rabbia? In due anni i Servizi sociali non hanno avviato alcun progetto di riavvicinamento tra madre e figlio né incontri tra loro, limitandosi a parcheggiare il bimbo in una famiglia affidataria, che tra l’altro deve essere pure cambiata. Un immobilismo e un’incompetenza da parte dei Servizi del Comune in cui risulta residente questo bambino, tale da essere sfociato in un provvedimento disciplinare nei confronti dell’assistente sociale: alle richieste della madre di avere notizie del bambino, rispondeva sempre con la medesima mail, “copincollando” lo stesso testo. Madre e figlio hanno potuto vedersi solo quattro volte e soltanto perché il bambino si è impuntato». Ebbene, in questa vicenda orribile al peggio non c’è proprio fine: il 12 maggio il Tribunale dei Minorenni di Bologna ha decretato l’affidamento del bimbo dai Servizi sociali del suo inerte Comune a quelli di Ferrara, che incredibilmente hanno risposto rimpallando la responsabilità, non assumendosene la competenza in quanto il piccolo non è lì residente. Neanche fosse un pacco postale. E in questa situazione di stallo alla madre non sono più arrivate notizie del figlio. Allo stato attuale non sa dove sia né come stia.

«Abbiamo pertanto scritto a entrambi i sindaci dei comuni interessanti  – conclude l’avvocato Miraglia – e presentato reclamo alla Corte d’Appello di Bologna. Già è incredibile che un bambino venga allontanato senza motivo e che nessuno si degni di seguire la sua vicenda (tutto per nascondere le evidenti negligenze del Servizio sociale del suo Comune). Ma è inaccettabile che per incompetenza di un’assistente sociale e per mancanza di volontà delle istituzioni, a farne le spese sia un bambino!».

 

Caso Bibbiano: un po’ di chiarezza sulla vicenda e i reati commessi dagli imputati

Qualche mese fa si è tenuta l’udienza preliminare riguardante il caso Bibbiano. La sentenza ha determinato la condanna di Claudio Foti, psicologo e psicoterapeuta del centro studi Hansel e Gretel, l’assoluzione di  Beatrice Benati, nonché il rinvio a giudizio di vari operatori sociali e impiegati nella Pubblica Amministrazione. Le accuse riguardano tentato delitto, violenza privata, frode processuale, abuso d’ufficio e concorso di persone nel reato, alle quali si aggiungono diverse aggravanti.

Le indagini relative al presente caso sono iniziate alla fine dell’estate del 2018, a seguito dell’aumento del numero di denunce riguardanti possibili abusi sessuali e violenze ai danni di minori in carico ai servizi sociali dell’Unione Val d’Enza, un consorzio di sette comuni emiliani di cui fa parte anche Bibbiano. L’inchiesta, che ha avuto ampia risonanza mediatica sotto il nome di “Angeli e Demoni”, ha portato alla luce un sistema illecito di affidamento di minori nel comune, attuato attraverso la manipolazione delle testimonianze dei bambini da parte degli operatori sociali. Molti aspetti della vicenda sono ancora poco chiari.

Per fare un po’ di chiarezza, la psicologa Benati è stata chiamata a rispondere dei reati di tentata violenza e di violenza privata (art. 610 del codice penale) nei confronti di una minore, alla quale avrebbe fatto credere di essere vittima di abusi da parte del compagno della madre. A questo proposito, avrebbe poi cercato di convincere la signora a non intraprendere una convivenza con il fidanzato, minacciandola di dare la figlia in affido qualora non avesse interrotto la frequentazione (condizione si è effettivamente verificata durante le vacanze natalizie). Il delitto sarebbe stato aggravato dall’abuso delle circostanze di tempo, luogo e persona (art. 61, n. 5, 9 e 11 c.p.) dal momento che la mamma sarebbe stata psicologicamente debole e non in grado di difendersi, oltre che dall’abuso di autorità dovuto al ruolo di assistente sociale di riferimento e dall’abuso di poteri derivanti dal pubblico servizio esercitato. Tuttavia, non è stata rinvenuta prova concreta delle minacce lamentate dall’accusa, nemmeno nelle stesse dichiarazioni della madre (parte offesa). La stessa minore aveva accettato senza proteste la proposta di trascorrere in affido le vacanze di Natale, per altro senza che fossero precluse le visite e i contatti con i familiari. Ne consegue che la Benati si è limitata a svolgere il proprio lavoro, propendendo per la soluzione che le sue valutazioni da professionista ritenevano migliore per la minore. In considerazione del fatto che già il GIP in sede cautelare non aveva riscontrato gravità indiziaria, l’imputata, che aveva fatto domanda di rito abbreviato, è stata assolta con formula ampia poiché il fatto non sussiste.

Lo stesso non si può dire per Foti. Accusato in primo luogo di frode processuale, è stato chiamato a rispondere per aver alterato lo stato psicologico ed emotivo di una minore con l’obiettivo di ingannare il CTU e il Tribunale dei Minorenni di Bologna nel procedimento atto a valutare la responsabilità genitoriale dei suoi familiari. Nello specifico, lo psicoterapeuta avrebbe convinto la minore di subire molestie da parte del padre, radicando in lei il rifiuto di incontrarlo. A tal proposito, si sono verificate diverse incongruenze tra le dichiarazioni rilasciate dai consulenti del PM e da quelli della Difesa, i quali, in seguito, non solo non hanno minimamente tentato di giustificare la sincerità delle loro affermazioni, ma hanno addirittura mostrato di essere a conoscenza della loro scorrettezza. Vi è poi la prova, dall’analisi della trascrizione delle sedute, della mutazione dello stato psicologico della minore, che ha sviluppato nel tempo un forte odio nei confronti del padre, pur specificando di non avere alcuna certezza in merito agli episodi di abuso che sarebbe stata spinta a ricordare. Tuttavia, l’evidenza del disturbo psicologico causato nella paziente, l’intenzionalità delle difformità nelle dichiarazioni dei consulenti della Difesa e la certa conoscenza del procedimento civile in corso da parte di Foti, pur essendo elementi necessari per determinare il compimento del reato, non sono sufficienti per la condanna dell’imputato: infatti, sembra che abbia voluto solamente rimarcare le sue abilità di psicoterapeuta, in grado di riportare alla luce ricordi anche a distanza di anni, quasi come se si trattasse di un atto di personale virtuosismo piuttosto di una voluta frode.

Assolto da tale accusa, è stato comunque condannato per l’inflizione di lesioni personali gravi nella suddetta minore, provocate da un errato uso della tecnica EMDR. Quest’ultima utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra al fine di perseguire il recupero di ricordi già presenti nella memoria del paziente, ma oscurati in quanto traumatici. Considerato questo presupposto, l’applicazione di tale tecnica nel presente caso risulta inappropriata, in quanto la minore non ha mai affermato con certezza l’avvenimento di un eventuale abuso. La stessa presidente dell’associazione “EMDR Italia” ha confermato la violazione dei protocolli EMDR da parte di Foti, oltre a sottolineare l’inappropriatezza del ripetuto intervento dell’imputato nel corso delle sedute, che formulava ipotesi, interpretava e faceva domande incalzanti e suggestive per ottenere a tutti i costi le risposte attese dalla paziente. È da sottolineare, poi, che non sono stati per nulla trattati i numerosi eventi drammatici che hanno effettivamente segnato la crescita della minore e che potevano essere ragionevolmente considerati la reale causa del suo disagio. Questo errato modo di procedere avrebbe provocato un disturbo di personalità borderline e un disturbo depressivo con ansia, nonostante la difesa abbia minimizzato la lesione sostenendo che si trattasse piuttosto di un “disturbo post-traumatico da stress” (senza tuttavia negarla). In accordo all’art. 41 c.p. (concorso di cause), è accertata la materialità del reato, a cui si aggiunge la sussistenza dell’agire doloso (volontarietà delle lesioni cagionate) nella forma del dolo diretto (ovvero nel caso in cui le conseguenze della propria condotta, benché non perseguite intenzionalmente, siano certe o altamente probabili). Infatti, le competenze tecnico-professionali e l’esperienza di FOTI non lasciano spazio al dubbio della sua inconsapevolezza.

L’imputato risulta condannato anche per aver partecipato, quale concorrente extraneus, al reato di abuso di ufficio. Infatti, le sedute di terapia da lui organizzate venivano condotte presso i locali pubblici de “La Cura” a Bibbiano, affidati alla società e centro studi S.I.E. srl/Hansel e Gretel ONLUS (di cui l’imputato era rispettivamente amministratore delegato e direttore scientifico) in assenza di regolare appalto (in violazione della normativa in tema di affidamenti pubblici ed in particolare in violazione dell’art. 36 c.2 lett. a) e b) D.Lgs 50/2016). Infatti, gli operatori dell’Unione avrebbero dovuto adottare un provvedimento di affidamento diretto sottosoglia per i primi tre anni di servizio e, successivamente, attribuirlo attraverso una regolare procedura di evidenza pubblica, ma nessuno dei due procedimenti è stato attuato. La Difesa ha giustificato tale condotta attraverso l’istituto della co-progettazione, consentito in alternativa alla tradizionale gara d’appalto dalla L. 328/2000. Tuttavia, solo la ristrutturazione dell’allestimento dei locali è stata determinata legalmente in questo modo, mentre il servizio di psicoterapia veniva effettuato dalla Hansel e Gretel senza alcun atto formale che ne dimostri l’affidamento (oltre al fatto che la Hansel e Gretel, divenuta poi una società di capitali, la S.I.E. S.r.l., non avrebbe potuto prendere parte all’istituto di co-progettazione poiché era più un’organizzazione non lucrativa). Il concorso di Foti è confermato dai rapporti privilegiati che intratteneva con gli altri imputati, stretti negli anni grazie alla condivisione della medesima base ideologica e che hanno portato alla realizzazione di progetti comuni (l’associazione “Rompere il Silenzio – Far Crescere il Futuro” e il progetto “Utopia” per l’accoglienza di minori vittime di maltrattamenti e abusi”). È poi evidente che lo psicoterapeuta fosse perfettamente consapevole dell’illegittimità del sistema di pagamento delle sedute, congegnato appositamente per mascherare un’ingiustificata erogazione di denaro pubblico agli psicoterapeuti della Hansel e Gretel. Infatti, la psicoterapia è una prerogativa esclusiva dell’ASL, quindi non esternalizzabile ad un ente locale, in particolar modo laddove non esista una procedura ad evidenza pubblica sull’affidamento del servizio. In particolare, gli psicoterapeuti proponevano il prezzo di 135€ per 45 minuti di seduta, ben superiore alla media (anche in rispetto a quello applicato nella loro di sede di Moncalieri), pagato attraverso l’interposizione fittizia delle famiglie affidatarie, obbligate a fare un bonifico una volta ricevuto il contributo dell’affido (a cui veniva aggiunto il prezzo della seduta). Da ciò se ne ricava il cospicuo profitto assicurato alla società dell’imputato, nonché l’altrettanto consistente danno economico per la Pubblica Amministrazione.

Dopo aver richiesto il rito abbreviato, Foti è stato condannato a 4 anni di reclusione, oltre all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e alla sospensione dall’esercizio della professione di psicologo e psicoterapeuta per 2 anni. Non si sono verificate circostanze attenuanti della pena in quanto l’imputato non ha mai dimostrato segni di resipiscenza e, anzi, ha mantenuto per l’intera durata del processo un comportamento censurabile, tentando perfino di ingannare il PM manipolando prove e testimonianze.

Oltre alla condanna di Foti e all’assoluzione della Benati, il Giudice ha sentenziato il rinvio a giudizio per diversi operatori dei servizi sociali e impiegati della Pubblica Amministrazione per una “complessa, continuativa e insistita attività illecita legata al delicato tema degli affidi di minorenni” di competenza dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza. È ricavabile dagli atti anche il coinvolgimento del sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, che ha sempre promosso il progetto “La Cura”, anche a livello nazionale davanti ad autorità ecclesiastiche e alla Commissione Infanzia in Senato, ed era consapevole fin dall’inizio dell’affidamento “di fatto” del servizio di psicoterapia.

Il percorso per portare alla luce l’intera verità della faccenda e la responsabilità degli effettivi colpevoli è ancora lungo e tale sentenza non è che la prima parte di un processo ancora da portare a termine. Tuttavia, è bastevole a dimostrare la riprovevole condotta proprio di chi dovrebbe essere in prima linea per la tutela e l’aiuto dei più fragili. L’errata applicazione delle tecniche terapeutiche ha provocato danni irreversibili nei pazienti, quali l’incapacità di ricostruire la propria storia passata, la propria identità, la relazioni con i genitori e il proprio ruolo nei rapporti con l’Altro. La psicoterapia dovrebbe aiutare a risignificare la storia della propria vita e migliorare il benessere personale; questa storia dimostra il sovvertimento dell’obiettivo principale del trattamento terapeutico, trasformandolo da pratica curativa ad una violenza ingiustificata, oltre alla diffusione di un errato pregiudizio nei confronti di quello che invece è stato studiato per essere un mezzo efficace e benefico. Proprio per questo fare chiarezza sulla vicenda è fondamentale, così che venga ristabilita la fiducia in un sistema di assistenza che è in realtà fondamentale per la tutela delle famiglie e dell’intera cittadinanza.

Bologna: una madre vittima dei servizi sociali: una storia di errori che hanno rovinato una famiglia

Il caso di Angela (nome di fantasia), una mamma di 46 anni, è l’ennesima triste vicenda dovuta al malfunzionamento dei servizi sociali e alle errate valutazioni dei loro operatori. La signora ha convissuto 12 anni con Roberto (nome di fantasia), una convivenza che non esita a definire “molto sofferta”, durante la quale è stata più volte vittima dell’atteggiamento aggressivo del compagno, al punto da doversi rivolgere ad un centro antiviolenza. Nonostante ciò, la coppia ha avuto due figli, Luca e Martina (nomi di fantasia), classe 2000 e 2004, che hanno assistito per anni alle dolorose dinamiche familiari. La famiglia è stata presa in carico dal servizio sociale di Bologna, ma invece di trovare aiuto e conforto in questa istituzione, la signora ha dovuto denunciare nel tempo fatti spiacevoli dovuti alla condotta errata degli operatori, caratterizzata da disattenzioni, valutazioni superficiali e scarso interessamento al caso. Tra le principali accuse rivolte agli assistenti sociali vi è la falsificazione dei fatti commessa nell’ultima redazione stilata, nella quale Anna denuncia una “palese distorsione della realtà”, con l’omissione di elementi fondamentali e la messa in evidenza di falsi particolari che la pongono in cattiva luce e ne delineano un’immagine non attendibile.

I rapporti con gli assistenti sociali per Angela non sono mai stati facili. Nelle loro valutazioni, la descrivono eccessivamente aggressiva, provocatrice e bugiarda, “ostacolante e non collaboratrice”, nonché disattenta nei confronti dei figli. Tuttavia, i servizi sociali hanno sempre omesso di specificare la precaria condizione in cui Roberto ha lasciato la compagna; infatti, la signora e i figli sono stati sfrattati in quanto lui ha smesso di pagare l’affitto e, come se non bastasse, Angela ha anche dovuto successivamente interrompere il supporto domiciliare che le era stato concesso poiché in concomitanza con il suo orario di lavoro. La signora denuncia, poi, il mancato rispetto da parte del servizio sociale dell’ordine di protezione emesso a sua tutela, in base al quale il padre dei bambini non poteva avvicinarsi a lei, dal momento che l’aveva precedentemente violentata e picchiata. Gli assistenti, ignorandolo, costringevano la donna a compiere il percorso di valutazione genitoriale insieme al compagno, con suo grande disagio e fatica. L’atteggiamento violento di Roberto è continuato nonostante l’ordinanza, tanto che Angela doveva necessariamente lasciare i figli a un incrocio della strada al momento dell’incontro con il padre, per non entrare in contatto con lui. Questo fatto, segnalato in procura anche dal maresciallo dei carabinieri in carica, non era legale in quanto il servizio avrebbe dovuto obbligatoriamente assicurare la presenza di un educatore. Nonostante l’aggressività del compagno e le spiacevoli circostanze, la signora non ha mai smesso di permettere ai bambini di vederlo, dovendo rinunciare anche al nuovo lavoro da badante per poter garantire gli incontri. Si trattava di un impiego fondamentale per l’economia familiare poiché era l’unica fonte di sostentamento della famiglia, in quanto Roberto non versava più gli assegni per il mantenimento dei figli come imposto dal giudice. Angela si è vista costretta a fare domanda per accedere al banco alimentare, richiesta tuttavia negata dai servizi sociali, rifiuto (riguardante anche la domanda di sostegno psicologico ed economico) del quale non si fa mai menzione nei documenti ufficiali. Infatti, invece di ricevere un aiuto, era stata indirizzata alla distribuzione alimentare della Caritas, cosa di cui non ci sarebbe stato il bisogno se la signora avesse avuto la possibilità di lavorare invece di essere costretta ad abbandonare l’impiego per rispettare gli orari imposti dai servizi. Inoltre, nonostante le sue numerose sollecitazioni, inefficace e quasi nullo è stato il supporto psicologico per la figlia Martina, di cui gli assistenti sottolineano i problemi di apprendimento già alle elementari, senza però specificare che erano probabilmente attribuibili alla convivenza con il padre violento. Sembra che per Martina il rapporto con il papà sia sempre stato problematico: la madre sostiene che, anche dopo la sua separazione dal compagno, la figlia era sempre alterata dopo gli incontri con Roberto e che non ha mai ricevuto l’aiuto di cui necessitava, benché suggerito anche dal pediatra. Infatti, la bambina tornava dalla madre profondamente arrabbiata nei suoi confronti, accusandola di avere distrutto la famiglia e sostenendo, sotto sollecitazione del papà, che la colpa della separazione fosse unicamente sua. L’atteggiamento aggressivo di Martina nei confronti di Angela si è aggravato al punto da far sì che gli assistenti sociali collocassero i figli presso il padre, che fece loro cambiare immediatamente scuola e medico di riferimento, senza discuterne con l’ex compagna prima e senza informarla a cose fatte. Pare, infatti, che lei l’abbia scoperto andando a prendere un giorno Martina a scuola e non trovandola. Gli assistenti avrebbero poi gestito la situazione come se la collocazione dei figli presso il padre fosse un affidamento esclusivo, imponendo a lei di vederli solamente tramite incontri protetti, nonostante Roberto avesse già subito una condanna per violenza sessuale e maltrattamenti gravi in famiglia. La signora ha denunciato l’omissione da parte dei servizi sociali nelle loro relazioni della mancata garanzia degli incontri e dell’infelicità dei figli, a cui mancava la madre e che non erano contenti della scelta fatta. Nel periodo di permanenza dei bambini dal padre, le condizioni di Martina sono notevolmente peggiorate, specialmente sul piano scolastico: Angela dichiara di esserne stata informata direttamente dall’istituto frequentato dalla figlia (di cui lei non era comunque a conoscenza poiché tenuta all’oscuro anche delle scuole frequentate dai suoi ragazzi), benché le dichiarazioni degli assistenti sociali smentissero la realtà dei fatti sostenendo un miglioramento della ragazza da quando abitava presso Roberto. I problemi di Martina non erano limitati all’apprendimento, ma erano anche e soprattutto comportamentali: a scuola era spesso assente, mostrava un atteggiamento irrispettoso e violento e frequentava ragazzi che consumavano sostanze, facendone uso talvolta anche lei stessa. I servizi sociali, tuttavia, non hanno mai ammesso le molteplici segnalazioni della madre a questo proposito e, dopo un incontro a scuola con lei e gli insegnanti, non hanno comunque preso nessun provvedimento a favore della figlia. La situazione non è quindi migliorata, al punto che la ragazza ha chiamato la madre disperata perché voleva tornare da lei, dicendole che le era impedito dal padre, dalle assistenti sociali e dalla psicologa, da cui era stata indotta in passato a credere che la mamma fosse inadeguata a prendersi cura di lei e di suo fratello, nonché spinta a rilasciare dichiarazioni in favore del padre, senza tuttavia credere a ciò che diceva. Benché Angela abbia cercato più volte di contattare i servizi per poter riavere i figli, dal 2018 al 2020 è rimasta senza assistente sociale di riferimento, così da dover necessariamente lasciare la situazione in stallo, nonostante la grande sofferenza sia da parte sua che dei suoi ragazzi. Non sapendo, infatti, a chi rivolgersi, era del tutto impotente e impossibilitata a prendere qualsiasi tipo di iniziativa, dal momento che non poteva consultarsi con nessuno e non vi era alcun referente a cui chiedere il permesso. Un cambiamento è avvenuto soltanto a luglio 2020, quando ha avuto la possibilità di trascorrere due settimane con Martina. Insieme alla madre, Martina ha riacquistato serenità, ma il loro riavvicinamento non è stato privo di domande drammatiche, che hanno portato alla luce le false informazioni riguardanti Angela che gli assistenti sociali hanno riferito ai bambini negli anni, come se fosse stata intenzionalmente una mamma cattiva e assente, che trascurava i figli e non si preoccupava del loro stato di salute. Inoltre, pare che gli operatori non abbiano mai consegnato ai ragazzi i regali che la signora preparava per loro in occasione degli incontri e che abbiano addirittura consigliato a Martina, sprovvista di carta d’identità, di dichiarare che la madre era morta per poterla ottenere più agilmente. Davanti a queste dichiarazioni e al pianto disperato della figlia, Angela si è recata col suo legale presso la sede dei servizi sociali, dove è stata ricevuta dalla dirigente, che si è scusata dell’operato delle colleghe e ha promesso di stilare una nuova relazione per il Tribunale dei Minori al fine di dichiarare la volontà di Martina di tornare a vivere presso la madre e di segnalare le lacune e gli errori dei precedenti assistenti. Questo documento, tuttavia, non è mai stato scritto. L’assistente sociale deputata a seguire il caso è cambiata nuovamente e le procedure sono ricominciate dall’inizio, nonostante l’insofferenza della ragazza e la mancata volontà di ristabilire un calendario di incontri. Inoltre, allontanata ancora una volta dalla madre, Martina è stata nuovamente costretta a mentirle in favore del padre, nel frattempo condannato penalmente. Infatti, se lei fosse ritornata con Angela, Roberto avrebbe perso la collocazione della figlia minorenne presso di lui e sarebbe finito in carcere. Dopo essere tornata presso il papà, senza la possibilità di vedere la mamma con continuità, sembra che la ragazza sia nuovamente peggiorata nel comportamento.

Angela ha segnalato più volte l’abbandono dei suoi figli da parte del servizio sociale, l’impossibilità di comunicare con gli assistenti e l’omissione e la falsificazione delle informazioni da parte degli operatori sia nelle relazioni che nelle comunicazioni tra i membri familiari. Ha raccontato la sua storia su Facebook, ricevendo il sostegno di moltissime persone e la conferma di non essere l’unica a subire questi maltrattamenti. A suo favore sono state fatte varie interpellanze anche da parte delle onorevoli Veronica Giannone e Mariateresa Bellucci. Nonostante ciò, a seguito della relazione del 20 agosto 2021, dalla cui lettura ha potuto evincere l’errato racconto della sua vicenda e la falsa descrizione della sua situazione, Angela si è trovata costretta ad esporre denuncia nei confronti degli operatori del Servizio Sociale Tutela Minori del Quartiere Savena e Santo Stefano di Bologna per i reati di abuso di ufficio, lesioni personali, violenza privata, nonché di falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità e di false dichiarazioni all’autorità giudiziaria. Infatti, a pochi giorni dal compimento della maggiore età della figlia più giovane, non ha potuto che constatare amaramente di non essere riuscita a salvare nessuno dei suoi bambini e di non aver nemmeno potuto preservare Martina dall’acquisire il medesimo comportamento aggressivo del padre, cosa su cui era stata messa in guardia da più persone e per la quale Angela prova oggi un forte rammarico. La signora si è sempre battuta senza mai arrendersi, nonostante non riuscisse ad ottenere alcun progresso con il passare del tempo, e racconta oggi, senza più piangere ma con parole che ben esprimono la sua profonda sofferenza, che i suoi figli “sono il prodotto delle istituzioni”, dalle quali non ha mai ricevuto alcun aiuto e, anzi, delle quali è stata fin dall’inizio soltanto una vittima.

Reggio Emilia: dopo nove anni genitori riabbracciano il figlio a casa propria

Avvocato Miraglia: “Ennesima prova che a Bibbiano era stato orchestrato un vero sistema illecito per allontanare i bambini”

Reggio Emilia (9 Novembre 2021). Sono quasi nove anni che una famiglia, originaria della Val d’Enza, vive lontana dal proprio figlio, strappatole dai Servizi sociali quando non aveva nemmeno due anni. Un periodo lunghissimo durante il quale i Servizi sociali non hanno mai provveduto a rivalutare il caso e si sono ben guardati dall’avviare un percorso di sostegno genitoriale per il progressivo rientro del bambino in seno alla propria famiglia di origine, come prescrive la legge. L’affidamento etero-familiare, infatti, deve avere carattere temporaneo finché la famiglia di origine non si dimostra in grado di poter assolvere al proprio ruolo genitoriale. Quando i genitori di questo bimbo, dagli articoli sui media, hanno scoperto che una delle assistenti sociali che li aveva seguiti è coinvolta nell’indagine “Angeli e demoni”, hanno capito di essere vittime del medesimo, perverso sistema. Si sono affidati pertanto all’avvocato Miraglia e tre giorni fa hanno ottenuto dal Tribunale per i minorenni di Bologna di riavere con sé, per il momento nei fine settimana, il loro bambino e di avviare un percorso di osservazione al fine di farlo rientrare in famiglia. «Ennesima dimostrazione che a Bibbiano era stato orchestrato un sistema sulla pelle dei bambini per allontanarli dalle famiglie di origine» rivela l’avvocato Miraglia,

Come in decine di altri casi i Servizi sociali erano intervenuti quando la coppia aveva avuto dei problemi economici con conseguente sfratto dalla loro abitazione. Sulla base di un’unica relazione dei Servizi sociali il Tribunale per i minorenni di Bologna aveva stabilito l’affidamento del piccolo, che all’epoca non aveva nemmeno due anni, al Comune di Bibbiano e il suo collocamento presso un’altra famiglia, dove è rimasto tutti questi anni perché del suo caso non si è occupato più nessuno: nessuno infatti ha rivalutato i genitori, né ha avviato un percorso di riavvicinamento al figlio. Per tutto questo tempo genitori e figlio si sono potuti incontrare soltanto ogni due mesi nel corso di incontri protetti: di fatto questa coppia si è persa molte tappe fondamentali della vita e della crescita del loro bambino e tutto questo senza motivo, poiché è stato ora chiaramente stabilito che sono genitori amorevoli e economicamente indipendenti.

«E guarda caso le tre operatrici dei Servizi sociali che si sono occupate di questo caso sono coinvolte nell’inchiesta “Angeli e demoni”» prosegue l’avvocato Miraglia «e risultano imputate dinnanzi al Tribunale di Reggio Emilia per vari reati  È l’ennesima riprova che Bibbiano non è un semplice “raffreddore”, come qualcuno ha avuto modo di dire, ma una un’intera pandemia! È chiaro che sia stato orchestrato un vero e proprio sistema, che coinvolge molto più dei nove casi inseriti nell’inchiesta “Angeli e demoni”, come noi abbiamo sempre sostenuto, e sui quali continuiamo a ritenere sia necessario far luce. Questa decisione smentisce totalmente chi, per conto del Tribunale per i minorenni, ha affermato che tutti i casi giacenti fossero stati esaminati e non fossero emerse irregolarità: forse è stato troppo frettoloso nell’esprimersi oppure non sapeva di cosa stesse parlando, perché continuano ad emergere casi sempre nuovi. Noi continueremo la nostra battaglia a tutela dei bambini  e dei loro genitori senza alcun timore  e ringraziamo il Comitato “Angeli & Demoni  #unitiperibambini”, che ha sostenuto i genitori  di questo bimbo e tanti altri genitori finiti loro malgrado nella rete di questo sistema».

 

Svolta nel caso Camparini

La Corte di appello di Bologna le ha nominato un curatore speciale. La ragazzina, ormai quindicenne, potrebbe finalmente conoscere la verità sulla sua adozione.

REGGIO EMILIA (13 Agosto 2020). C’è una svolta positiva nella vicenda di Anna Giulia Camparini, la ragazzina, ormai quindicenne, che da quando aveva due anni è stata strappata ai suoi genitori ed è stata adottata da una nuova famiglia a causa di un’orchestrazione quasi diabolica: la Corte di appello di Bologna con provvedimento del 11 agosto le ha nominato un curatore speciale nella causa avviata dai suoi genitori naturali, che hanno chiesto la revocazione della sentenza di adottabilità.
Di conseguenza è stata revocato l’incarico della Tutrice che per tutta la fase processuale di adottabilità ha sostenuto con forza che i genitori di Anna Giulia erano inadeguati e non meritevoli di accudire la figlia.
Già l’anno scorso tra le diciotto persone raggiunte da misure cautelari emesse all’interno dell’inchiesta “Angeli e Demoni”, vi è anche l’assistente sociale che per prima redasse la relazione che causò l’allontanamento di Anna Giulia Camparini, la bimba strappata ai genitori  e data in adozione a un’altra famiglia. Fa parte anche lei delle persone indagate tra quelle che compongono la rete di servizi sociali della Val D’Enza, accusate di false relazioni per allontanare i bambini e collocarli in affido retribuito da amici e conoscenti.
Ancora più incredibile, alla faccia di tutte le norme in materia i genitori adottanti, conoscono perfettamente le carte dei procedimenti, il passato di Anna Giulia e addirittura vita morte e miracoli dei genitori.
Come è stato possibile?
O ciò è frutto di una coincidenza o questa vicenda merita un’inchiesta del CSM visto che tutti i fascicoli di adozione sono segretati.
Qualcuno ha avuto interesse ad informare gli adottanti di Anna giulia?
E perché?
Ci saremmo aspettati un intervento del Presidente del Tribunale per i Minorenni visto che dal sottoscritto è stato prontamente informato di questa anomalia.
La Corte d’Appello di Bologna in seguito al ricorso di revocazione ha disposto la revoca della tutrice rivela l’avvocato Francesco Miraglia, legale dei coniugi Camparini, «nominando un curatore speciale, una figura “terza” che faccia finalmente i suoi interessi. i genitori adottivi sono parte in causa e in pieno conflitto di interesse. Per dare voce ad Anna Giulia ci vuole quindi una persona diversa, al di fuori di tutta questa intricata e drammatica vicenda. Qualcuno che faccia davvero gli interessi di Anna Giulia e che, forse, dovendo parlare con lei per rappresentarla, le racconterà tutto quello che è successo, tutta la verità, cosa hanno fatto i suoi genitori per lei, che non hanno mai smesso di lottare per riaverla con sé. Non sappiamo cosa le sia stato raccontato finora, ma ci auguriamo che sappia finalmente la verità».
La prossima udienza è stata fissata per il 9 ottobre

Ulteriore mistero nel caso di Anna Giulia Camparini

 I genitori adottivi, in possesso dei documenti segretissimi e riservati sulla sua adozione, denunciano i genitori naturali.
L’avvocato Miraglia: «Come fanno ad averli? Chi li ha dati loro?»

REGGIO EMILIA (19 FEBBRAIO 2020). Un ulteriore mistero, un ulteriore tentativo di intromissione infittisce di mistero il caso di Anna Giulia Camparini, col chiaro intento di allontanarla dai suoi genitori naturali. La ragazzina, che a luglio compirà 15 anni, è stata tolta ai genitori in tenerissima età grazie a un castello di bugie, e da due anni è stata adottata da una coppia. Che recentemente ha denunciato i Camparini perché, a suo dire, li perseguiterebbe. «Ma come fanno ad avere i loro nomi e i documenti sull’adozione della ragazzina, che per legge sono riservati e segretissimi e non vengono mai, in alcun modo, divulgati a terzi?» si interroga l’avvocato Francesco Miraglia, legale dei Camparini. «Chi ha dato loro questi documenti, che hanno allegato alla querela contro i Camparini, che riportano quindi tutti i dati dei genitori naturali che i genitori adottivi mai dovrebbero conoscere? E già qui c’è da fare grande chiarezza. Ma in secondo luogo: il giudice relatore del tribunale dei minorenni di Bologna, che ha ricevuto tale documentazione, non si è posto alcuna domanda? Non ha trovato la cosa strana? E se non lui, il presidente del tribunale si è limitato a fare da passacarte senza sorvegliare, controllare, verificare la liceità degli atti?». Qualcosa di strano deve esserci perché, alle richieste di spiegazione, il giudice del tribunale dei minorenni di Bologna non ha mai risposto. «Riteniamo che sia in atto un’ulteriore azione per mettere i “bastoni tra le ruote” ai genitori naturali, impendendo loro di riabbracciare la loro figlioletta» prosegue l’avvocato Miraglia.
In attesa di avere delucidazioni, chiarezza e giustizia, i Camparini hanno denunciato a loro volta i genitori adottivi di Anna Giulia per calunnia e rivelazioni ed utilizzazione di segreti di uffici e hanno inoltre querelato il giudice per omissione di atti d’ufficio.
E’ sempre più chiaro, ormai, che Anna Giulia sia stata allontanata con un’orchestrazione basata su accuse false, distorsioni ad arte della verità, connivenze tra il procuratore dei nonni materni che avevano osteggiato il rientro della bambina presso i genitori, la psicologa (indagata nell’inchiesta “Angeli e demoni”), i coniugi affidatari e l’avvocato tutore di Anna Giulia, che è stata denunciata all’interno del ricorso per revocazione dell’adottabilità della ragazzina, presentato alla Sezione dei minorenni della Corte di appello di Bologna. Fu proprio la tutrice della bambina a richiedere e a ottenere, in dissenso con il Servizio sociale pubblico e in accordo invece con gli operatori della struttura privata in cui era collocata Anna Giulia, che l’accertamento delle attitudini dei genitori avesse luogo senza che potessero incontrare la figlia. Il rapporto si basò quindi esclusivamente sulle relazioni svolte dagli operatori della struttura privata in cui la bimba era collocata e che sono coinvolti oggi nelle indagini penali degli ultimi scandali sugli affidamenti.
La rete di complicità potrebbe essere assai più ampia.

L’avvocato Miraglia: a chi giova tutto questo?

Bimbo di Ferrara allontanato senza motivo dalla madre e dato in affidamento a un’altra famiglia. I pregiudizi di una psicologa stanno gravemente nuocendo alla stabilità del piccolo
 
FERRARA, 16 marzo 2018. Ha strappato un bimbo alla madre, che pure lo amava e lo accudiva al meglio, affidandolo a un’altra famiglia. Senza motivo apparente, anzi, motivando la decisione con presunte disfunzionalità dell’attaccamento tra madre e bimbo, non suffragate da alcun test, alcuna prova scientifica, niente. Puro pregiudizio. Solo che il comportamento superficiale di una psicologa dei Servizi sociali di Ferrara sta danneggiando seriamente la serenità del piccino, di tre anni appena.
«Il Tribunale dei minori di Bologna ha accolto le motivazioni dei Servizi sociali basati su fatti travisati e non corrispondenti al vero, senza accertare la verità» sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, che difende la madre, «emettendo a novembre un provvedimento di allontanamento da casa e affidamento del bimbo a un’altra famiglia».
Pur avendo la madre immediatamente presentato ricorso, ad oggi, dopo quattro mesi, non è giunta nessuna risposta né dal Tribunale né dall’Asl e il piccolo continua a rimanere lontano dalla mamma, dai nonni e dalla zia, che erano la sua famiglia, il suo mondo, i suoi affetti. Perché? Senza motivo apparente.
«Inverosimile che un Tribunale dopo tutti questi mesi, non si senta in dovere di fissare un’udienza per ascoltare la madre» prosegue l’avvocato Miraglia. «Il piccolo non può tornare da lei perché la psicologa ritiene che abbia una disfunzione di attaccamento verso la mamma, perché dopo gli incontri con lei, quando torna nella famiglia affidataria, risponde male ai nuovi “genitori”: la psicologa lo ritiene legato al rapporto compromesso con la madre, ma non le è venuto in mente che forse è proprio il contrario? Che il piccolo soffre a doversi staccarsi dalla mamma e a tornare a casa da estranei?  E sulla base di queste supposizioni pregiudizievoli e superficiali, non suffragate da alcun test, ha sospeso gli incontri tra la mia assistita e il suo bambino. Abbiamo chiesto udienza in tribunale, abbiamo chiesto di cambiare psicologa, abbiamo chiesto un percorso alternativo che riavvicini madre e figlio, senza ottenere però alcuna risposta da nessuno. A chi giova allora tutto questo? Al piccolo no di sicuro, sebbene tutto questo sarebbe stato fatto per il suo bene. Quale bene? Quanto ancora dovrà soffrire questo bambino prima che qualcuno intervenga?».
Ancora più grave è il silenzio del Direttore Generale dell’ASL di Ferrara, Il responsabile del servizio sociale referente, dell’assessore alle politiche sociale del comune di residenza del Presidente della Regione, dell’Assessore alle Politiche Sociali della Regione.
Mi viene un dubbio, forse ad elezioni finite poco interessano i diritti delle persone …..
 

Anna Giulia adottata: il suo calvario inizia ora

L’avvocato Miraglia: “I genitori li ha, è il Tribunale dei Minori di Bologna che l’ha resa orfana”
 
REGGIO EMILIA. «Non c’è da cantare vittoria, non c’è nulla da festeggiare: l’adottabilità di Anna Giulia Camparini è la sconfitta per la giustizia». L’avvocato Francesco Miraglia interviene sulla vicenda legata alla piccola di Reggio Emilia, ormai quasi dodicenne, da dieci anni allontanata dai genitori per una serie di errori e sentenze emesse non certamente per garantire il benessere della piccola. Il legale si è sempre battuto a fianco dei genitori per riportare Anna Giulia a casa propria, tra le loro braccia. «La sentenza di adottabilità ha soltanto una valenza politica» sostiene Miraglia, «emessa dal Tribunale dei Minori di Bologna solo per salvare se stesso e la propria faccia, in un caso in cui chiaramente si è fatto gli interessi di tutti tranne quelli di Anna Giulia». La piccola era stata allontanata da casa dopo una perquisizione, dall’esito tra l’altro negativo, alla ricerca di droga a casa dei genitori. Dopo un primo allontanamento, i Servizi sociali non riscontrarono motivi ostativi al suo rientro a casa, e la Procura della Repubblica era ugualmente  d’accordo. Ma Anna Giulia a casa da  mamma Gilda e papà Massimiliano non è tornata più. Collocata in un istituto prima, presso una famiglia affidataria poi. Tanto che i genitori, disperati, arrivarono a rapirla in ben due occasioni e conobbero il carcere pur di averla con sé. «Dichiarando adottabile Anna Giulia» prosegue l’avvocato Miraglia «il Tribunale dei Minori di Bologna ha voluto salvare solo se sesso, non potendo ammettere di aver commesso un clamoroso errore giudiziario, che ha suscitato grande clamore, anche mediatico. Senza minimamente  pensare al benessere della ragazzina, che adesso ormai è adolescente e come tutti i giovani che sono stati adottati sicuramente se non oggi, tra qualche anno, si porrà delle domande sulla sua famiglia di origine, cercherà in internet e scoprirà cosa hanno fatto i genitori per lei, arrivando pure ad assaggiare il carcere pur di riabbracciarla, ascoltando il suo grido di dolore: fu la piccola, ricordiamolo bene, a chiedere ai genitori di tornare a casa. Con loro stava bene, erano la sua mamma e il suo papà. Con loro era felice. Perché dunque strappargliela? Il lavoro del tribunale non fu certo egregio, il presidente poco dopo venne allontanato e mai si fece chiarezza sul sistema degli allontanamenti e dei successivi affidamenti familiari che avvenivano a quel tempo. Per una volta che Procura della Repubblica e Servizi sociali erano d’accordo e in linea con la famiglia e chiedevano quindi il reintegro della piccola, non si è voluto ascoltarli e si è andati dritti per una strada completamente errata. No, il calvario di Anna Giulia non finisce con la sua adozione, semmai comincia proprio ora  e quando scoprirà che è stata una pedina in un intreccio di interessi che nulla hanno a che vedere con il benessere suo e degli altri bambini,  a chi andrà a chiedere conto se non al tribunale che l’ha resa orfana, pur avendo lei due genitori amorevoli?».

Bologna, bimba portata via alla madre: "I servizi sociali l'hanno fatta sparire"

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2016/12/05/news/bologna_servizi_sociali_tolgono_bimba_alla_madre_non_sappiamo_nemmeno_come_sta_-153516871/
 L’avvocato attacca il Comune di San Giovanni in Persiceto, dopo un delicato caso che ha portato all’allontanamento della piccola per presunti abusi

05 dicembre 2016
 
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BOLOGNA – Una bambina di dieci anni allontanata dalla madre, residente a San Giovanni in Persiceto (in provincia di Bologna), per presunti abusi fisici e psicologici: la decisione è stata dei servizi sociali comunali con l’applicazione della norma del codice civile che ne dà loro facoltà in caso di emergenza. Dopo due mesi e mezzo, nessuno avrebbe comunicato la vicenda al Tribunale per i Minorenni.
Lo segnala l’avvocato Francesco Miraglia, a cui si è rivolta la madre. “Non sappiamo nemmeno come stia. Confidiamo che sia in buone mani, ma chi ce lo assicura? Come si può far sparire una ragazzina così, quasi fosse stata inghiottita in un buco nero, nel buco nero della burocrazia che in questo caso di sicuro non sta facendo il bene della minore. Che dovremmo fare? Rivolgerci alla trasmissione “Chi l’ha visto” per ritrovare questa bambina?”, domanda provocatoriamente il legale.
La donna e la figlia erano ospiti di una comunità della provincia e il 26 settembre i servizi sociali hanno allontanato la bambina per “informazioni pregiudizievoli riferite a maltrattamenti fisici e psicologici da parte della madre nei confronti della
figlia”, si legge nel provvedimento, secondo quanto riferito dall’avvocato. “Ancora più incredibile” sostiene il legale “è che la Procura a distanza di due mesi non abbia ancora trasmesso il fascicolo al Tribunale, tant’è che non siamo riusciti né a costituirci in giudizio né a prendere visione di quanto hanno sostenuto i servizi sociali. Ma come è possibile che possa succedere tutto ciò sulla pelle dei bambini?”.